Era l’estate del 1964 e io e Carletto Sandolo (il figlio dell’avv. Luigi Sandolo), con i nostri risparmi, avevamo comperato da un pescatore del porto (non ricordo chi fosse), una nassa.
Eravamo entusiasti e non vedevamo l’ora di metterla a mare. Lo facemmo, con l’aiuto di Geppino ’Avemmaria (molto vicino ai nostri genitori) che ci consigliò di lasciarla, per cominciare, fuori lo Scoglio Rosso.
Il sughero galleggiante di superficie (’u petagno, per intenderci) doveva essere rigorosamente lasciato sotto il pelo dell’acqua, per evitare di essere visto e quindi essere “preda” di altri pescatori. Prendemmo, perciò, le coordinate (i signali), per ritrovarla.
Lasciammo la nassa la sera, per poi ricontrollarla il mattino dopo. Ma alle 7 e 30 di quel mattino di settembre, già qualcuno era passato, svuotando la nostra nassa del pescato ed abbandonandola al suo destino! Il petagno galleggiava triste e cullato dalle onde del mare.
Dalle notizie che riceviamo in questi giorni, vengo a sapere che sono state recentemente sequestrate delle nasse di pescatori di frodo, messe nelle acque dei faraglioni di Lucia Rosa, con i petagni sotto il livello delle onde (pericolo per le imbarcazioni).
Con preoccupazione mi chiedo che cosa sia cambiato negli ultimi 50 anni nella pesca con le nasse e quali permessi e/o licenze bisogna avere con sé nel caso – calando le lenze “a sorci” o “a perchie” – ci si imbattesse nel controllo delle autorità preposte.