di Silverio Guarino
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“Ogni sera torno a casa con il sale sulla pelle…” – leggi e ascolta qui – era il 1976, quando Lucio Dalla ci faceva emozionare con le sue parole; io quel pezzo lo conosco benissimo , e ho letteralmente consumato la cassetta che lo conteneva insieme ad altri pezzi meravigliosi (Una casa in riva al mare, Itaca, Il cielo, Paff bum, 4 marzo 1943, Nuvolari ).
Tredici anni prima (era il 1963), il sale compariva in altre due straordinarie canzoni di successo di due famosi ed amati cantautori: “Sapore di sale” di Gino Paoli e “Abbronzatissima” di Edoardo Vianello. In quest’ultima si commentava “…un sapore di salsedine” che era l’equivalente, un po’ “plebeo” di quel poetico e lieve “…sapore di sale, sapore di mare, che hai sulla pelle che hai sulle labbra…”, con il quale Gino Paoli ci incantava (e ci incanta ancora) l’animo e il cuore.
Ed ecco il ricordo di quelle estati, quando si faceva il bagno alla Caletta (o al massimo dietro la scogliera), quando si tornava a casa e non si faceva la doccia, con l’acqua del mare che si asciugava sulla nostra pelle.
Il mare, asciugandosi, lasciava i segni del sale che cristallizzava e si vedeva bene sull’abbronzatura, con le sue lievi striature di bianco che risaltavano sulla pelle. E questo per tutta l’estate.
Era un mare pulito, come eravamo puliti noi, con una pelle sanissima, anche se non ci facevamo la doccia. O meglio, la facevamo qualche volta, facendo uso (e abuso) dell’acqua delle fontanelle pubbliche di cui era ricca il nostro amato scoglio.
Mettendo la mano sotto il rubinetto, si spandeva gioiosa l’acqua a tutti i vicini, che si lavavano a temperature decisamente “fresche” e “frizzanti”.
Solo così scompariva il sale dalla nostra pelle, come scompare oggi dalla pelle dei bagnanti del nostro amato scoglio sia per la consuetudine consolidata di lavarsi al più presto con l’acqua dolce (quasi che l’acqua del mare sia tossica come quella clorata della piscina) sia perché forse quel sale e quella salinità non sono più del nostro amato mare.