Bella sorpresa la lettura di questo breve romanzo (2012, 235 pagine; Rizzoli editore) della Melandri, autrice che non conoscevo.
La spiegazione del titolo è in questa frase, che a noi isolani dice più che ad altri (p. 34): “Perché se vuoi tenere qualcuno veramente separato dal resto del mondo, non c’è muro più alto del mare”.
La trama è esemplare nella sua semplicità, ma da essa distillano storie e sentimenti profondi.
Luisa, solida contadina dell’Italia del nord est non conosce il mare e non è mai salita su una nave. Paolo è un professore di filosofia che si è ritirato dall’insegnamento.
Entrambi hanno un congiunto nel carcere di massima sicurezza dell’isola. Per Luisa il marito, per Paolo il figlio, irretito dalla violenza della lotta clandestina nell’Italia degli anni ‘’70: entrambi pluriomicidi.
Il viaggio di andata ci serve a conoscere i personaggi; quindi l’arrivo e l’espletamento della visita.
Poi arriva (o rinforza) il Maestrale, e un contrattempo impedisce loro di prendere la nave del ritorno. Bloccati sull’isola – “…li attende una lunga notte che sembra disegnata dal destino” – anticipa la quarta di copertina del libro.
Infine ci sarà il lungo viaggio di ritorno; ancora una notte da passare sul mare, tra l’isola più grande e la terraferma.
Ci ho trovato affinità a diversi livelli…
L’isola è l’Asinara, mai nominata nel libro con il suo nome, ma precisamente caratterizzata.
Sono andato a controllarne la geografia. È piuttosto grande (circa 50 Km2, cinque volte Ponza), con un canale agitato da forti correnti che la divide da isola Piana; un altro braccio di mare e poi Stintino, nota colonia ponzese (già dal nome, derivato dal fiordo che caratterizza l’accesso al porto canale: tortuoso come un “intestino”). Sebbene il territorio di Stintino sia il più vicino all’isola e di qui si muovano i collegamenti, amministrativamente l’Asinara fa parte del comune di Porto Torres (prov. di Sassari).
La flora e la fauna, così come gli odori e il mare dell’isola sono “mediterranei” fin nelle sfumature… Ne fanno parte il cinghiale e la lepre, l’asinello albino e altri endemismi, sia zoologici che botanici.
Nella toponomastica dell’isola è inclusa anche una Cala dei Ponzesi (!):
Il carcere di massima sicurezza è stato chiuso nel 1998; e dal 2002 l’intera isola è stata dichiarata Parco Nazionale, ivi compresa l’Area marina protetta Isola dell’Asinara.
I personaggi sono tratteggiati con abilità, chiusi, ciascuno a suo modo, in un guscio di dolore che non ammette intrusioni. Ad essi si aggiunge la guardia carceraria cui sono affidati durante il loro soggiorno sull’isola, portatore a sua volta di un nodo di malessere ancora diverso.
Un tema e uno sviluppo narrativo mai banali su un periodo oscuro della nostra storia, tratteggiati con mano leggera e gran sensibilità, e con il senso del tempo che tutto sfuma e lenisce… anche il dolore.
Un altro periodo (non la conclusione) del romanzo:
“Che potesse esistere un amore lontano dalla terraferma del quotidiano, a mille miglia dalla costa dei progetti. Un amore che come un’imbarcazione d’altura non ha intorno nulla tranne una sconfinata distesa di rotte possibili che però, già si sa, né le circostanze né il tempo permetteranno di esplorare. E che tuttavia non è meno reale, men profondo degli amori ancorati saldamente alla riva.
Un amore in alto mare.”
Immagine di copertina: la cala dei Ponzesi, all’Asinara