Attualità

La signora Silvia non c’è più

di Martina Carannante

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Stamattina ho appreso che un’altra lucina si è spenta nella zona di Santa Maria.

Si tratta della signora Silvia Feola, moglie del maestro di Frontone, un’ istituzione per la mia zona, perchè con lei è nata, giù alla spiaggia, la pensione che porta il suo nome.
La signora Silvia l’ho conosciuta quando avevo dieci anni; la maestra che insegnava storia ci portò giù alla spiaggia ad intervistarla e in particolare a farci raccontare come aveva conosciuto Mussolini. Quella storia mi rimase molto impressa… così un po’ di tempo fa decisi di andarla a trovare per chiederle delle notizie in merito alla vita che si conduceva a Ponza negli anni ’30-’40.

Arrivai alla pensione e la signora Silvia era nella sua stanza dalla cui finestra ci si affaccia sulla spiaggia. Non mi riconobbe subito, ma, fatto capire a “chi appartenevo“, fu contenta di parlarmi e per prima cosa mi chiese di mia nonna,  sua cara amica.

Silvia Feola nasce nel 1924, il 9 giugno ma viene dichiarata l’11; proprio perchè nata in quel mese così importante per i ponzesi  si chiama Silveria.
In famiglia erano quattro fratelli, la mamma Giuseppina Conte, il papà era un Feola di giù al Campo.
A quasi 19 anni  si sposa, fu un matrimonio d’amore; i suoi genitori  volevano che sposasse un cugino, come si usava allora, ma lei non accetta e rimane fedele al suo amore. Era il 1944; c’erano gli inglesi a Ponza.
La cerimonia  doveva svolgersi  a Santa Maria, ma il parroco, don Luigi Dies, la fece al porto perché la mamma del Maestro era devota a San Silverio e pregava proprio in quella chiesa quando il figlio era prigioniero in guerra.
Il matrimonio venne celebrato di fronte l’altare di San Silverio e non sull’altare centrale, come normalmente accadeva, e questa cosa rese l’evento  particolare.

Silvia da ragazza viveva sopra i Conti  mentre suo marito, il maestro, era di Frontone. Dopo il matrimonio si trasferirono nella casa dello sposo e lì  vissero per 4 anni per poi, per la gioia della signora, trasferirsi a Santa Maria.

Il gallo, ‘U uàlle, era la barca di famiglia, chiamata così perche aveva un pizzo a poppa e uno a prua.
Era una barca a remi e Silvia, oltre ad usarla per andare a pescare, se ne serviva per accompagnare il marito a scuola a Le Forna; lo faceva scendere a Cala Inferno e mentre lui andava ad insegnare lei tornava per poi riprenderlo a fine lezione. Quando il maestro prese servizio a Santa Maria, per arrivarvi passava  per dietro il ciglio e spesso, nel tornare a casa, si fermava presso una parente che gli faceva trovare un piatto caldo; mangiava e poi proseguiva per  Frontone.
Quando viveva a Frontone Silvia andava a pesca, prendeva  seppie e rutunne che vendeva di nascosto. A Frontone avevano tanti animali: il maiale, due capre, due pecore e una trentina di galline. Dalle 4 di mattina alle 8 di sera si lavorava.
Silvia aveva frequentato la scuola fino alla terza  elementare, non aveva potuto continuare a studiare perché la madre era malata e il padre andava a pesca, così lei doveva aiutare in casa.
Per Silvia la pesca era proprio una passione e vi andava anche con il marito, lei era bravissima! Pescavano con lenze a 5 ami, il marito tagliava i rotondi e faceva delle porzioni per gli ami, Silvia non li sapeva tagliare e metteva all’amo gli scarti del marito. Pescava più lei che lui tanto che un giorno prese 5 scorfani di fila e, scesi a terra, tutti prendevano in giro il maestro.

Dopo i primi anni vissuti a Frontone, i due sposi si trasferirono a Santa Maria nella casa che, acquistata dalla cognata Filomena Mazzella, è diventata poi  la “Pensione Silvia“.
L’acquisto della casa avvenne nel 1966 anche se Silvia ed il maestro vi abitavano  da svariati anni prima.
Essendo molto grande, Silvia pensò bene di cominciare a fittarla. Così nel 1951 affitta un primo appartamento, quello centrale,  poi via via altre parti della casa fino a trasformarsi nella pensione che conosciamo.

La casa di Santa Maria, per essere l’unica  con un solo portone, fu scelta, ai tempi del fascismo e della successiva caduta, per la custodia dei detenuti tra i quali anche Benito Mussolini.
Mussolini rimase lì per 10 giorni, non pagò l’affitto perché Filomena, vivendo all’epoca in America, non fece delega in favore della zia per la riscossione e, quindi, non mise in condizione il comune di pagare.
Fu proprio sulla spiaggia di Frontone che Silvia conobbe e ebbe modo di parlare con il Duce (*).

La “pensione Silvia” è nata con il tempo… A Ponza iniziavano ad arrivare i primi turisti, specialmente al porto. A Silvia venne, così, l’idea di aggiungere all’alloggio anche il vitto. Faceva tutto: cucinava, serviva a tavola e preparava le camere, sempre con l’aiuto del marito e delle figlie.

pensione-silvia
(*) Della prigionia di Mussolini a Ponza ha ampiamente scritto su questo sito Antonio Usai
in Mussolini prigioniero a Ponza (1), (2), (3) e (4)

1 Comment

1 Comments

  1. Adriano Madonna

    23 Marzo 2016 at 09:07

    Ho letto questo pezzo di Martina Carannante sulla Signora Silvia e mi è piaciuto molto, proprio perché, con tratti precisi e netti, si tratteggia uno spaccato della vita dell’isola di tanti anni fa, con i suoi canoni di esistenza, il suo coraggio, i suoi eroismi quotidiani. L’immagine della signora Silvia che accompagna il marito (il maestro) in barca e poi ritorna, ancora in barca, par andarlo poi a riprendere, è una pagina ritagliata dal più bel verismo italiano.
    Ricordo bene la Pensione Feola: è una delle immagini della mia giovinezza, quando “scoprii” Ponza in funzione della pesca subacquea e da allora vi sono ritornato sempre. Così come ricordo un’altra “pensione storica”, la Pensione Ortensia, a Le Forna, ormai trasformata in un bellissimo hotel grazie a una metamorfosi compiutasi negli ultimi anni. La Pensione Ortensia di una volta è un’immagine dei miei vent’anni. Ricordo che un pranzo completo costava mille lire.
    Ritornando, comunque, alla bella storia che Martina ha scritto per ricordare la Signora Silvia, mi viene da considerare che forse solo su “Ponza Racconta” si trovano in abbondanza queste testimonianze che descrivono l’Italia povera e felice di tanti anni fa: una inesauribile cornucopia di informazioni da cui attingere una importante bibliografia.

    Saluti a tutti e buona Pasqua
    Adriano Madonna

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