Anni ’50, l’arcipelago ponziano era già stato sollevato dalla presenza dei deportati politici e della Guardia che ne controllava le mosse. In Italia si era tutti indaffarati a ricucire le ferite provocate dalla guerra. Le forze politiche sperimentavano strategie per prendere il potere e governare la ‘ricostruzione’. Nel Parlamento molti di quelli che avevano dimorato nelle isole sedevano nel proprio scranno. Talvolta ritornavano in estate, in incognito, per gustare le bellezze naturali, viste ma non assaporate. Nell’isola il referente culturale più autorevole e riconosciuto era mons. Luigi Dies, parroco della comunità di Ponza centro.
Gli isolani erano in uno stato confusionale. La marina mercantile stava organizzandosi, così come quella peschereccia. I Ponzesi, si sa, hanno sempre visto il futuro nelle attività legate alla vita di mare, ma in quel momento nulla dava sicurezza. Anche la pesca al minuto, quella giornaliera, non garantiva alcunché tanto è vero che ci si arrabattava con l’uso dell’esplosivo.
Condizione da fame. Dalla quale si fuggiva espatriando, in modo lecito e illecito.
Fu in questa atmosfera che don Luigi scrisse questa poesia in cui, assumendo l’identità delle isole ponziane, rivolse un appello affinché i Governanti, ricordando il periodo trascorso nelle isole, trovassero motivi per essere riconoscenti verso quelle terre.
Ora che a casa vostra
o in parlamento siete,
dell’isola benefica
l’abbandon vedete .
E’ svuotato l’ergastolo,
i padiglion cadenti,
fuggono a stormo i validi
gli altri, pochi, gementi.
Ed io, invano, per secoli
ho profuso il mio amore.
Non trova eco alcuna
dei miei figli il dolore ?
Cosa mi valse
tergere il pianto
a chi materna
mi disse, e intanto
ora che sono
in agonia,
non capta l’S.O.S.
dell’alma mia ?
Fate che non sia rara la semenza
del più bel fior, della Riconoscenza.
Tornate alle mie sponde liberate
e le bellezze mie valorizzate.
Don Luigi Dies
L’ appello può essere trasferito ai giorni nostri e ai nostri compaesani. Tutti.
Si capti l’S.O.S. e ci si impegni. Per riconoscenza.
vincenzo
13 Marzo 2016 at 10:51
Questa è una poesia più idonea per un sacerdote:
La riconoscenza
Erano in dieci della Samaria
Gli chiesero pietà:
e grande fu la Sua bontà.
Ritornò di quelli solo uno
e gradito fu il suo ringraziamento,
ma degli altri?
Nessuno.
Forse il buon Dio
li macchiò d’innocenza,
ma posero il germe
dell’irriconoscenza.
Ugo Mastroianni.