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Da questa curiosità scambiata con mio cugino Sandro è nato un approfondimento che mi fa piacere partecipare ai Lettori di Ponzaracconta, su un detto che spesso si sentiva a casa nostra. Specie da parte dei più vecchi: da nonna Natalina, per dire…
E’ una frase dal significato piuttosto oscuro: “Abb’ coglie, iastemma no!” per il relativo oblio cui è andato incontro nel dialetto corrente, il termine abb’, abbastanza desueto.
Abbiamo effettuato una ‘ricerchina’ sul web e tra gli amici, anche in altri dialetti:
La frase esiste nel calabrese: “U gabbu coglia, a jestima no” (Il gabbo colpisce, la bestemmia no)
“Bellissimo detto che entra nel cuore della cultura gizzerota (di Gizzeria in provincia di Catanzaro, nell’hinterland di Lamezia Terme), attraverso il concetto di “gabbo”. Il gabbo è in parole povere la meraviglia che si prova nel vedere una persona ridotta male, una meraviglia spesso associata a un celato godimento. La superstizione vuole che chi prova questa meraviglia poi si troverà nella stessa situazione della persona commiserata. La bestemmia invece è un augurio di morte o sciagura riferito a una persona, e può “colpire”, cioè avere effetto, ma in genere non lo fa.
E nel dialetto siciliano, ci chiarisce Tano (Tano Pirrone, comunicazione personale – NdR) esiste quest’espressione: “Né iabbu né maravigghia!”
“È il severo monito – figlio di secolare esperienza trasmessa da generazione in generazione – con cui si censura l’atteggiamento di chi prende in giro o si scandalizza per comportamenti a suo avviso scandalosi o inopportuni. Mai criticare o scandalizzarsi! Ciò che desta critica o meraviglia potrebbe accadere a te – anzi certamente accadrà per una collaudata forza del destino. Tutti nuotiamo nello stesso fiume, tutti ci bagniamo con la stessa acqua, mai sentirsi diversi o al sicuro delle imprevedibili sorti che il fato tesse. La figlia di Tizio, studiosa, educata, riservata, tutta casa e chiesa è rimasta incinta e non si sa chi sia il padre? Non criticare, non sbalordirtene perché la stessa cosa potrebbe avvenire a tua sorella o a tua figlia (Tano Pirrone, comunicazione personale)”
Si desume che “gabbo” (trasformato inopinatamente nel napoletano/ponzese abb’) sia una poco cristiana irrisione, mascherata da malcelato senso di superiorità
Correlato allo stesso concetto c’è un altro ammonimento: Nun te fa’ mast’! (sottinteso: …perché potrebbe capitare anche a te).
Come si vede nella cultura popolare ammonimenti a sfondo morale non mancano…
Gradiremmo commenti e contributi dei lettori su detti e proverbi dal significato un po’ oscuro e/o andati in disuso nel tempo, come per le curiosità innescate per altri modi di dire: “Dio ‘u ssape e ‘a Maronna ‘u vede”: (leggi qui) e “A vist’ ’i fanale” (leggi qui).
Giuseppe Mazzella
15 Febbraio 2016 at 17:39
“Chiste ce porta a meste”, di chi, governando male, porta a cozzare la barca contro la banchina o contro uno scoglio.
Ogni riferimento è puramente casuale.
Giuseppe
Credo venga da “ammeste” toccare come: “isse m’ammestute…”, di ragazza toccata e importunata
Chiede Sandro: “Quindi, se capisco bene, deriverebbe dall’italiano investire… ‘nvestute… Ammestute..!
Grazie Giuseppe, mai sentito prima d’ora!
Luisa Guarino
16 Febbraio 2016 at 18:47
Con questa ultima, per ora, espressione dialettale riportata da Giuseppe, posso dire che sono, sempre per ora, almeno quattro i modi di dire ponzesi che non conosco. Tornando però all'”Abb’ coglie, iastemma no” rinverdito da Franco, mi pare di capire che “abb” vuol dire “gabbo”, che viene da gabbare, irridere, insomma prendere in giro, e in senso lato forse anche meravigliarsi. Insomma quello che in lingua italiana si esprime con il detto “La meraviglia ha le gambe corte”.