di Francesco De Luca
Ieri sera Domenico era incontenibile. Camminando sul Corso, all’altezza della Punta Bianca: “Qui c’era il negozio ‘i Mastuppaulo. E qui … Dai… chi lo sa chi ci stava in questo buchetto ?” Sfidava tutti a frugare nelle immagini della fanciullezza, ma forse gareggiava con se stesso. Metteva alla prova i suoi ricordi, quasi timoroso di perderli.
Sto parlando di Domenico, già apprezzato medico ed oggi coraggioso produttore di vino.
La moglie cercava di deviare il discorso anche perché lei non è originaria di Ponza e lui la tallonava invece. “Qui aveva i suo bugigattolo Ceccillo ‘i maistà e più avanti Tonino ‘u fascista aprì la sezione del partito”.
“E di fronte, qui appeso a questo muro?” – lo incalza un amico che sta al gioco.
“Qui c’era il tabellone con i manifesti dei film di barbetta”
(la zona descritta da Franco con il negozio ‘i Mastuppaulo sulla destra)
Era una compagnia di attempati e la serata, calma anche se fredda, induceva a che i ricordi prendessero corpo, i personaggi si disponessero nei loro luoghi, e Ponza diventasse un proscenio in cui, alla luce rossastra dei lampioni, le vicende di questi ultimi cinquant’anni riprendessero vita.
“Mi ricordo che presi una grossa storta. Si ingrossò la caviglia e tutta la parte divenne nera. Don Mario ci mise una sanguisuga per farla sgonfiare”.
Sulla strada deserta si vagava fra la battuta di Antonio, la massima di Annamaria, l’intreccio dialogare fra Franco e Giovanni.
Ponza invernale agevola il ricordo. Esso un po’ si adagia ma poi stimola il confronto. Questo vuole un vincitore fra il passato e il presente, ma l’oggi non riesce ad imporsi. L’oggi è scarno, piatto indifferente. Il presente messo di fronte al passato, pur se travisato e abbellito dal ricordo adolescenziale, mostra la sua pochezza. La luce dei lampioni ci mette il suo fascino e la pacatezza dell’ inverno patina le immagini, ma il calore umano di cui Domenico si rende agitatore, quello non c’è. O mi sbaglio… Aspetta … aspetta…ecco che spuntano non si sa da dove due ragazze. Vestite attillate, stivaloni, giubbotti. Come a Roma, a New York. Si dirigono verso i pub giù alla banchina Di Fazio. Sono avvicinate da due giovani. Erano attesi perché ridono. Altri si affiancano e vanno a trascorrere la serata in compagnia.
Mi tornano in mente le figure mitologiche evocate da Rita Bosso; gli Ulisse non calpestano questo suolo, di Laerte c’è sovrabbondanza nei magazzini, forse è il caso di tenere d’occhio i Telemaco. Se vogliono impadronirsi del trono tocca a loro vincere i Proci infingardi con l’accortezza e l’ardire del padre.
Silverio Tomeo
29 Gennaio 2016 at 08:33
Telemaco è “Un uomo imbelle, che non pensa neppure di passare all’azione. Si limita a convocare un’assemblea nel quale chiede (senza ottenerla) una nave per andare a cercare il padre…”. Così Eva Cantarella in “Non sei più mio padre. Il conflitto tra genitori e figli nel mondo antico” (Feltrinelli, 2015). Studiosa del diritto e delle culture greco-romane antiche, Cantarella si misura sulle radici lontane del conflitto padri-figli, senza sconfinare (ma tenendone ben conto) nei temi della rivolta edipica e in quelli evocati dallo psicoanalista (alquanto pop) Massimo Recalcati in “Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre”. Già prima Recalcati si era prodotto in uno studio sull’ evaporazione del padre nell’epoca ipermoderna. I giovani ponzesi residenti sono figli di nessuno? Nessuno era il nome in codice di Ulisse, appunto… Oppure sono figli della deculturalizzazione di massa? Ma sono certo – per pregiudizio positivo – che ci sia del buono tra di loro, quindi si svegliassero per tempo!
vincenzo
29 Gennaio 2016 at 10:24
https://www.youtube.com/watch?v=UL3Zwj0esz0Padre e figlio
Padre:
Non è tempo di cambiare
Rilassati, prendila con calma
Sei ancora giovane, questa è la tua colpa
Hai ancora molte cose da conoscere
Trovare una ragazza, sistemarti,
Se vuoi puoi sposarti
Guarda me, sono vecchio,
Ma sono felice
Una volta ero come sei tu ora,
E so che non è facile
Rimanere calmi quando hai trovato
Qualcosa che va
Ma prendi il tuo tempo, pensa a lungo
Perché, pensa a tutto quello che hai avuto.
Poichè domani tu sarai ancora qui
Ma forse non i tuoi sogni.
Figlio:
Come posso tentare di spiegarmi,
Se lui ancora una volta distoglie l’attenzione
È sempre la stessa vecchia storia
Dal momento in cui potevo parlare,
Mi fu ordinato di ascoltare
Ora c’è una strada e so
Che devo andarmene
So che devo andare
Padre:
Non è tempo di cambiare
Siediti, prendila con calma
Sei ancora giovane, questa è la tua colpa
Ci sono ancora molte cose da affrontare
Trovare una ragazza, sistemarti,
Se vuoi puoi sposarti
Guarda me sono vecchio,
Ma sono felice
Figlio:
Tutte le volte che piansi,
Tenendo tutto dentro di me
È dura, ma è anche dura
Ignorare tutto
Se avevano ragione, ero d’accordo,
Ma conoscono loro, non me
Ora c’è una strada e io so
Che devo andarmene
So che devo andare