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Titanic –
Sempre senza alcun accenno diretto alla tragedia che colpirà la nave, nella seconda canzone della trilogia è più evidente la metafora sociale, con la divisione in classi che accomuna la nave alla società; musicalmente ha un arrangiamento molto vivace ed orecchiabile con influssi sudamericani nella parte ritmica.
Il Titanic rimorchiato al porto di Southampton per il viaggio inaugurale, fotografato il 2 aprile 1012 (il naufragio avvenne nella notte tra il 14 e il 15 aprile)
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Ascolta qui da YouTube Francesco De Gregori in Titanic (l’album omonimo è del 1982). Il video si riferisce all’esibizione a DOC 1988
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Titanic
La prima classe costa mille lire,
la seconda cento, la terza dolore e spavento.
E puzza di sudore dal boccaporto
e odore di mare morto.
Sior Capitano mi stia a sentire,
ho belle e pronte le mille lire,
in prima classe voglio viaggiare
su questo splendido mare.
Ci sta mia figlia che ha quindici anni
ed a Parigi ha comprato un cappello,
se ci invitasse al suo tavolo a cena come sarebbe bello.
E con l’orchestra che ci accompagna con questi nuovi ritmi americani,
saluteremo la Gran Bretagna col bicchiere tra le mani
e con il ghiaccio dentro al bicchiere faremo un brindisi tintinnante
a questo viaggio davvero mondiale, a questa luna gigante.
Ma chi l’ha detto che in terza classe,
che in terza classe si viaggia male,
questa cuccetta sembra un letto a due piazze,
ci si sta meglio che in ospedale.
A noi cafoni ci hanno sempre chiamato
ma qui ci trattano da signori,
che quando piove si può star dentro
ma col bel tempo veniamo fuori
su questo mare nero come il petrolio
ad ammirare questa luna metallo
e quando suonano le sirene ci sembra quasi che canti il gallo.
Ci sembra quasi che il ghiaccio che abbiamo nel cuore
piano piano si vada a squagliare
in mezzo al fumo di questo vapore
di questa vacanza in alto mare.
E gira gira gira gira l’elica
e gira gira che piove e nevica,
per noi ragazzi di terza classe
che per non morire si va in America.
E il marconista sulla sua torre,
le lunghe dita celesti nell’aria,
riceveva messaggi d’auguri
per questa crociera straordinaria.
E trasmetteva saluti e speranze
in quasi tutte le lingue del mondo,
comunicava tra Vienna e Chicago
in poco meno di un secondo.
E la ragazza di prima classe,
innamorata del proprio cappello,
quando la sera lo vide ballare lo trovò subito molto bello.
Forse per via di quegli occhi di ghiaccio
così difficili da evitare,
pensò “Magari con un po’ di coraggio,
prima dell’arrivo mi farò baciare”.
E com’è bella la vita stasera,
tra l’amore che tira e un padre che predica,
per noi ragazze di terza classe
che per sposarci si va in America,
per noi ragazze di terza classe
che per sposarci si va in America.
Un commento di Roberto Vecchioni
Festaiola, irriverente, metà rumba, metà foxtrot, intrisa della stessa falsa allegria che circola fra i saloni del “Titanic” è la canzone che dà titolo all’album. Anche qui si procede per contrasti evidenti, anche qui due sono le umanità rappresentate, quella di terza classe e quella di lusso. Gran parte della narrazione è occupata dai pensieri liberi del “cafone”, dell’emigrante che in felice ironia, quasi non si accorge del trattamento spaventoso che sta subendo, emozionato com’è per cose che non ha mai visto e per la prospettiva di un futuro migliore – “Ma chi l’ha detto che in terza classe si viaggia male? Questa cuccetta sembra un letto a due piazze ci si sta meglio che in ospedale”; più la descrizione va avanti e più appare fantozziana, grottesca da un lato, patetica dall’altro – “A noi cafoni ci hanno sempre chiamato, ma qui ci trattano da signori, che quando piove si può star dentro, ma col bel tempo veniamo fuori” -, tanto che quel disastro di sistemazione in terza classe – “sudore dal boccaporto e odore di mare morto” – finisce col sembrare a tutti una vacanza.
Ma “Titanic” è uno spaccato di classi sociali e ovviamente non può mancare il borghese arricchito, il “parvenu” che sventola addirittura sotto il naso del capitano le mille lire per aver diritto alla prima classe, così come sbandiera sua figlia quindicenne (con cappello parigino), per essere invitato al tavolo del comando, anche lui per motivi diversi da quelli dei “cafoni”, elettrizzato, entusiasta per lo champagne, il panorama lunare e le meraviglie del viaggio. Non è da meno sua figlia, ovviamente “innamorata del proprio cappello”, così da non vedere altro che se stessa, non pensare ad altro che alla sua bella figura in un delirio di vanità ed egocentrismo, non senza lasciarsi tentare dal fascino del marconista.
A questi due diversi tipi di allegria fittizia, provocata, illusoria (la proletaria e la borghese), fa da termine discriminante, da chiosa morale, l’immensa diversità di obiettivi che si propongono l’uno e l’altro ceto: secondo i “cafoni” di terza classe “per non morire si va in America”, secondo la ragazza di “prima” “per sposarsi si va in America”.
L’assoluta originalità di tutta la canzone, sta, come si è detto, nell’incoscienza pressoché totale di chi viaggia, nel non vedere, non accorgersi, non capire, lasciarsi trasportare dal clima festaiolo e credere (i cafoni soprattutto) di essere lontano dal passato, in una nuova dimensione onirica: nel non riconoscere cioè che sempre nello stesso mondo sono, sempre nel passato, anche se camuffato da sogno.
Da ultimo un particolare inquietante. La parola “ghiaccio” ricorre nella canzone un sacco di volte e con significati sempre diversi, ma premonitori.
Il relitto del Titanic sul fondo dell’oceano, nella (verosimile) ricostruzione del film
Oggi è noto che il relitto giace a circa 1600 km di distanza da New York e a circa 650 km da Capo Race a Terranova
Nel 1985 l’oceanografo Robert Ballard scoprì il relitto per mezzo di un sonar-robot racchiuso in un siluro lungo tre metri.
Il relitto giace ad una profondità di 3787 m su un fondale fangoso, ai piedi della scarpata continentale nordamericana, pertanto proprio sulla piana abissale. Le coordinate esatte sono: 41°43′55″N 49°56′45″W.
La scoperta più interessante fu che la nave si era spaccata in due tronconi, con la sezione di poppa situata a 600 metri di distanza dalla prua e rivolta in direzione opposta.
Il film
Titanic è un film colossal del 1997 diretto da James Cameron, con Leonardo DiCaprio e Kate Winslet.
È stato il film più costoso mai realizzato fino ad allora (200 milioni di dollari di budget più altri 85 milioni spesi per la promozione).
La produzione del film iniziò nel 1995, quando Cameron fece alcune riprese del vero relitto del Titanic. Le scene vennero girate da una nave, la Akademik Mstislav Keldysh, che lo stesso Cameron usò come base per riprendere il relitto.
Il film è preceduto da un antefatto in parte di fantasia, in parte di reale documentazione di come il naufragio avvenne.
Nel 1996 un cacciatore di tesori sommersi e la sua squadra “Alvin” esplorano con mezzi molto sofisticati il relitto del transatlantico RMS Titanic alla ricerca di una collana di diamanti conosciuta come “Cuore dell’Oceano”, che dovrebbe trovarsi in una cassaforte all’interno del relitto.
La cassaforte viene recuperata, però non vi si trova il gioiello ma un ritratto di una ragazza nuda con indosso la collana, datato 14 aprile 1912, la notte del disastro.
Intorno a questo ritrovamento viene congegnato il plot del film che peraltro ripercorre con estrema verosimiglianza le varie fasi dell’affondamento, come sono state ricostruite da testimonianze e documenti ufficiali.
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