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Sapete cos’è ‘a paretàna? E’ un’erbetta che cresce nelle parracine.
Pare che durante la guerra, ed anche nel primo dopoguerra, fosse gradita a quei fumatori che, non avendo mezzi per comprare il tabacco e/o le sigarette, la mettevano nelle “cartine” o forse in un pezzetto di carta paglia o in un pezzetto di foglio di giornale che poi arrotolavano e legavano – appiccicavano – passando la lingua sul tratto finale. Aspiravano il fumo, vogliosi e soddisfatti, fino alla fine e qualcuno usava anche uno spillo per poter assaporare fino all’ultimo pezzettino quella “delizia” fatta con le proprie mani. Poi buttavano ’u muzzòn’. Ma c’era sempre chi lo raccoglieva, anche nella polvere e nel fango, per fare a sua volta e un poco alla volta, una sigaretta, per gustare la voluta nella bocca e, se adolescente, aspirare e poi sbuffare non senza spavalderia, precorrendo la maturità.
Che strano: quando siamo piccoli vogliamo diventar grandi, avanti con gli anni vorremmo tornare indietro! Io, curioso, che cercavo di mescolarmi sempre con quelli più grandi e mi mettevo nell’atteggiamento di chi origlia, non prendevo altro che “cauci“.
Allora la gioventù era più breve. A trent’anni il corpo cominciava già a mostrare varie tare e la pelle diventava rugosa
Oggi, invece, il mito della gioventù perenne impera. Molti non si rassegnano al decorso naturale d’invecchiamento e vogliono sembrare giovani.
Così, tirati a lucido, non riescono neppure a fare ciò che è prerogativa dell’uomo: ridere a pieni polmoni! Accennano soltanto ad un timido sorriso perché sembra quasi che le loro labbra potrebbero sgranarsi! Qualcuno dice che non sanno più ridere, qualcun altro, pessimista convinto, invece, asserisce che quelli ostentano un semplice sorrisino perché, oggi, la risata, quella grassa, genuina, non è più di moda: il mondo è troppo pieno di brutte notizie!
Ma torniamo alla paretàna. Quest’erba, umile, dall’apparenza fragile, si dimostra, invece, tenace: le basta una piccola zolla di terra per crescere, poi, si insinua tra le parracine scarrupate e neppure il vento più tempestoso riesce a sradicarla!
Potrebbe essere un po’ il simbolo dei primi coloni arrivati a Ponza. .. Terre da dissodare, parracine da costruire, canali da tracciare e tenere puliti per raccogliere l’acqua, grotte da scavare e/o da adibire a casa, a stalla, a cantina. E tutto questo pregando il buon Dio di mandare un tempo buono per un raccolto sufficiente al sostentamento della famiglia.
Oggi, se ‘a paretàna è ancora lì, la tenacia originaria dei ponzesi sembra scomparsa. E, se così fosse a tutti i livelli, potrebbe accadere che da colonizzatori diventino colonizzati?
vincenzo
8 Gennaio 2016 at 11:08
La parietaria resiste sull’antico muro minacciato da nuovi ristrutturatori, ma nel pollaio nasce la speranza.
Pasqua
A festoni la grigia parietaria
come una bimba gracile s’affaccia
ai muri della casa centenaria.
Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
spietatamente, con tenaci braccia.
Quand’ecco dai pollai sereno e nuovo
il richiamo di Pasqua empie la terra
con l’antica pia favola dell’ovo.
Guido Gozzano