Ambiente e Natura

Le Forna e il porto

di Licia Grassucci

Cala dell'Acqua. Zona Miniera. 1

 

Riceviamo in Redazione e pubblichiamo questo parere di Licia Grassucci e contraccambiamo gli Auguri di buone feste
Avrei piacere se le allegate mie considerazioni sul porto a Le Forna potessero essere pubblicate sul sito.
Grazie infinite dell’opportunità.
Con l’occasione, porgo alla redazione e alla comunità ponzese vivissimi auguri di buon Natale.
Licia Grassucci

 

Le Forna e il porto

17 dicembre 2015. Ai cittadini della comunità di Le Forna sono state presentate tre proposte relative alla costruzione di un porto turistico a Cala dell’Acqua.

È un momento importante per la frazione di Ponza che è sempre stata negletta rispetto alla più mondana zona centrale dell’isola, affollatissima d’estate e quasi deserta d’inverno.
Chi ha casa in quelle zone già immagina il lievitare del suo valore, la possibilità di affittare con più facilità le proprie stanze o di aprire nuovi esercizi commerciali.
È un cambiamento che potrebbe promettere tanto in termini di sviluppo economico, specie nel breve periodo.

Ma è veramente questo il futuro che si vuole riservare alla nostra Isola?
Ero bambina quando infuriava la battaglia per far chiudere la miniera, un cancro che stava divorando una zona bellissima di Le Forna. Fortunatamente il male è stato debellato, ma ha lasciato cicatrici ancora oggi evidenti che soltanto il tempo con la complicità della natura riuscirà in parte a cancellare.
Ora mi chiedo, un secondo porto rappresenta la scelta giusta?

Non ne sono affatto sicura, anzi – per dirla tutta – sono convinta del contrario.

Innanzitutto perché le bellezze di Ponza vanno salvaguardate. Orbene, non ritengo che aumentare la recettività nautica sia una scelta compatibile con questo obiettivo e, anche dal punto di vista ambientale e naturalistico, la trasformazione della baia in un porto è in antitesi con questo obiettivo.

Lo sviluppo economico che si è avuto a Ponza-centro con i pontili sono un esempio negativo su cui riflettere.
Alcune famiglie si sono arricchite, buon per loro. Ma il resto della popolazione sta scomparendo velocemente ed inesorabilmente, emarginata da scelte politiche (non solo di adesso) che sacrificano le esigenze dei cittadini in nome di un bene “comune” che non è quello pubblico, bensì soprattutto degli imprenditori che controllano l’isola con il loro peso economico.

Viceversa, la vera ricchezza di Le Forna risiede nell’avere conservato la propria identità: ci sono imprenditori ma non situazioni di oligopolio. È ancora possibile avere un rapporto diretto con il mare perché in vari punti è ancora raggiungibile. Negli occhi dei suoi abitanti si legge ancora l’indole isolana e la popolazione residente è numerosa anche d’inverno.
E allora c’è davvero necessità di un porto turistico, di una cattedrale nel deserto per buona parte dell’anno?

Non credo proprio, specialmente se si considera che non esiste un programma per lo sviluppo dell’area fornese. Non dimentichiamo che a Le Forna manca un vero e proprio agglomerato urbano, ad eccezione della zona dove si trovano la chiesa e l’ufficio postale. Peraltro, quella di costruire porti è ormai una scelta controtendenza, risalente agli anni ’80 e ’90 (v. i pontili di Ponza-centro), non più rispondente alle istanze di un turismo ecosostenibile.
Certamente i cambiamenti sono inarrestabili, ma possono e devono essere orientati, specialmente quando possono comportare danni irreversibili. La responsabilità di chi è posto al governo dell’Isola è di fare scelte che conservino e preservino quello che c’è, favorendo economie sostenibili.

Quindi, si intensifichino i trasporti tra le varie zone del territorio; si valorizzino i siti archeologici e naturalistici; si sviluppino attività per un’economia, meno redditizia, ma costante nell’arco dell’intero anno; si ripristinino le discese a mare ormai abbandonate; si valorizzi la marineria ponzese, forse una delle migliori del Mediterraneo; si favoriscano le piccole industrie come quella della itticoltura; si creino zone destinate a riserve naturali e si supportino adeguatamente le associazioni non lucrative impegnate nella tutela del mare.

Se è vero che i trasporti da e per il continente hanno sempre rappresentato un problema, un secondo porto (per di più turistico) non può certo essere un modo per risolverlo, semmai lo complica con l’aggravante che riduce una cospicua parte del mare fruibile dell’isola, mentre Ponza è famosa ed amata essenzialmente per il suo mare.

Licia Grassucci

 

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