Rapito dal ricordo, desideroso di naufragare nelle passate atmosfere delle novene mariane, favorito anche dalla calma di questo insolito autunno mi intrufolo, come refolo, nella Chiesa e girovago nello spazio della cupola. Non infastidito dal movimento dei fedeli a raccolta per la liturgia vespertina.
La Novena dell’Immacolata voglio riascoltarla. Anch’io, col mio cuore aereo, in assonanza con ’i giuvene d’a Mmaculata, malati di nostalgiche canzoni e di inscalfibili testimonianze di amicizia.
Non parlo a vuoto, no, stanno ancora lì in prima fila Angelina, Antonio, Gianfranco, Aniello, Peppe. Stanno ancora lì e alzano la loro emotività quando si canta Dio ti salvi o Maria. A ritrovare, dentro le note antiche, quelle a cui la giovinezza dava potenza.
Hanno trascorso una vita e ancora inneggiano a quella statua che nemmeno li guarda, protesa, com’è, al cielo.
E’ il cielo dell’idealità. Quello sì, l’unico che può contrastare gli anni e le sue vicende. L’idealità ce l’ha la forza di superare le avversità.
Mi beo in quelle note conosciute e amate quand’ecco che salgono fumi di incenso. Mi ingolfano la gola, mi soffocano. Mi porto più in là, macché… il prete col turibolo spande soffi di incenso a condimento del rito.
Sono intasato in gola, a disagio. Colgo l’occasione che Silverio Spignesi apre la porta ed esco fuori. La notte è già calata e l’Immacolata anche quest’anno mantiene la sua promessa: sparge fra gli isolani la sua anima. Chi me lo dice ?
Alcuni bambini escono dalla sala parrocchiale e giocano. Ridono e si divertono. E l’isola ritrova la sua identità.