Ma Ponza non era solo il mondo fatato delle turiste nordiche da ammirare nel loro naturale biancore come madre natura le aveva fatte, ma era sopratutto quello sommerso di un nostrano mare Tirreno che mostrava le incomparabili bellezze dei suoi fondali.
Quelli di Ponza attiravano una frotta di ammiratori e cultori, che non disdegnavano certamente di unire le varie bellezze sopra e sotto il mare come denominatore comune ai loro interessi.
Senza voler emulare Picard e il suo batiscafo ed esplorare i grandi fondali della fossa tirrenica, c’erano pur sempre mete più accessibili dove i raggi del sole penetravano facilmente creando degli effetti fantasmagorici di un pulsare di vita e di colori così diversi e comuni allo stesso tempo, da lasciare tutti a bocca aperta.
E non era solo il piacere della vista ad essere appagato.
I fondali erano ricchissimi di prede, di natura e dimensioni così diverse da soddisfare gli istinti primordiali dell’uomo pescatore senza deludere le aspettative di nessuno. Cernie, occhiate, saraghi, ricciole, erano i prelibati trofei cui l’attenzione di ognuno era rivolta, erano merce di scambio per tutte le situazioni: scambio alimentare, di prestigio, di cortesia, di corteggiamento, di lustro.
E per chi si dedicava a una caccia più tranquilla c’erano i grandi haliotis, dette anche orecchie di mare, i fasolari, le tofe o buccini, gli strombi, le patelle, le ostriche reali, gli sconcilli, gli sfunnoli, e mille altri ancora, ad essere merce di scambio e di trofeo.
Anche per questo mondo le star non mancavano: coloro che avevano fatto del mare e della pesca subacquea il regno incontrastato di dominio e bravura.
È per il grande rispetto per coloro che non ci sono più e che ora nuotano nel meraviglioso mare ponzese del Cielo, per coloro che hanno riempito le cronache dei giornali delle loro mirabolanti imprese senza sofisticati marchingegni ma solo con la forza dei loro polmoni, per coloro che hanno aperto la strada ad esplorazioni di quel misterioso mare cercando di rivelarne qualche segreto, e soprattutto il grande amore: ebbene, è per questo grande rispetto che non voglio descrivere nulla delle ‘gesta’ da loro compiute. Non basterebbero volumi interi. E quelli già ci sono.
A Mimì Dies, a Zecchetiello (all’anagrafe Silverio Zecca)… solo un grazie: grazie per quello che avete dato a Ponza, per quello che avete dato a tutti i subacquei dilettanti e professionisti, grazie per quello che ci avete regalato. Possiate sempre esserci di guida in questo mare. Non abbiamo il coraggio d’invitarvi però a scendere oggi con noi nel suo liquido abbraccio. Sarebbe una grossa delusione per voi vedere come lo hanno ridotto.
Sarebbe una grande offesa mostrarvi come l’incontro con esso, che per voi è stato sempre gioioso e naturale, sia invece stato trasformato oggi in un avvenimento mondano per sfoggiare le ultime novità della tecnica in un formale e meccanico compito di controllo delle attrezzature, ma senza più un briciolo di amore e rispetto per quel mondo.
Non si ritrova neanche più quel sapore di sale, quel buon sapore di sale marino che restava nelle vostre parole e nei vostri racconti, quando raccontavate delle meraviglie dei fondali ponzesi.
[Da: “E andavamo tutti alla Caletta”. (4) – Continua]