di Carmine Pagano
Tra poco sarà Natale, e per questa festività, voglio augurare, con questo mio scritto, una vita serena a tutti i lettori.
Scritto in un dialetto che sembra napoletano, ma non lo è, per delle variazioni piccole ma fondamentali.
Voleva essere ponzese, ma non lo è, perché come ho avuto modo di apprendere in questi ultimi giorni di discussioni, il ponzese è essenzialmente una lingua orale, con notevoli differenze da rione a rione (le Forna rispetto agli Scotti o a Ponza Porto!?) non può avere delle regole, perché ognuno affronta la scrittura in modo soggettivo, cercando di trasmettere il suono della parola parlata, addirittura per uniformare la scrittura bisognerebbe fare una sorta di convegno.
Ed allora cos’è? …Carminepaganese, il mio idioma, il linguaggio fermo nella mia memoria di bambino, cresciuto con due nonne, una fornese, analfabeta, che aveva solo l’espressione orale per comunicare, e l’altra di Chiaia di Luna, severa, austera ma che parlava uguale, uguale all’altra nonna.
Che altro dire… buon Natale !
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‘U ciucciariello
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Che friddo ca sento chesta notte
cammino passo, passo dint’a neve
cercammo ‘na stalla o ‘na rotta
pe fa durmì a Maria ca tene ‘a freva.
Puvurella a padruncella mia!
a sto purtanno cu parecchia cura
cercanno i scansà i fuossi da via
pecchè è incinta e aspetta ‘na criatura.
E si, songo ‘u ciuccio i mastu Peppe,
stammo in cammino a tanta juorni arreta,
‘u padrone ca me tene pa capezza
e io ca cammino chiano a’miezzo i prete.
Dint’o scuro po’ io veco ‘na rotta
e faccio nu raglio pa priezza.
Giuseppe trase dinto circospetto
po’ torna e me fa ‘na carezza
“putimmo trasì ce sta sulo ‘nu voje”
Nu lampo i luce s’appiccia all’improvviso
e Giuseppe che dice” E’ nato! E’ nato”
“Forza cumpare voje, cacciammo ‘u ciato,
scarfamme sta criatura piccirella,
sta dint’a paglia comme ‘nu puveriello,
ma chisto è u padrone du Criato.”
Ad uno ad uno arrivane i pasturi
cantanno odi ‘a criatura appena nata.
‘A gioia è grande, è ‘na festa sta nuttata
Voglie cantà pur’io… hi-ho hi-ho.
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Immagini dell’articolo.
In alto: Giovanni Gerolamo Savoldo. Adorazione dei pastori
In copertina e in basso: Gentile da Fabriano. Natività. Pala dell’adorazione dei Magi
Alessandro Romano
21 Novembre 2015 at 08:11
Caro Carmine,
la tua poesia è a dir poco bellissima, come d’altronde sono tutte le tue poesie, un dono che hai sempre avuto fin da bambino, unitamente a quello del disegno. Leggendo Lino Pagano, probabilmente un qualcosa che vi giunge da una vostra antenata.
E in questa poesia si nota la tua provenienza “‘ngoppatraunaranese” con influenze “sottocampesi” e “chiailunesi”, ma credo che ci sia anche qualcosa di “ventotenese antico” e di “romano moderno”.
Caro fratello mio, la questione che qua stiamo dibattendo deve unire le menti, non alzare muri; la nostra cultura isolana sta svanendo e spetta a tutti noi cercare di ravvivarla raccogliendo e apprezzando anche il pensiero degli “ultimi” dei nostri paesani.
Con il Buon Natale a tutti.
polina ambrosino
21 Novembre 2015 at 14:43
Bella, Carmine? Vorrei poterla dare a scuola per Natale. Mi daresti il permesso?
Carmine
21 Novembre 2015 at 18:04
Cara Polina, certamente ti do il permesso, anzi ne sono onorato.
A mio fratello Sandro dico una sola parola: grazie!
vincenzo
21 Novembre 2015 at 19:42
a’ nostrà Dragonarà
t li ricòrd e’ graffì a scavàr galleriè int’e’ rustìn,
l sentì a’ museca e’ chella bandà
dellò zecchìn d”orò ca’ facevàm into ciardin e’ Candidà,
l sentì l”odòr ro’ ppan e oliò
a’ bellèzz ra’ televisiòn cu rintintìn
l rivedì e’ nostrè madrì a cucire,
ùn avevà e’ giocattolì, l”altro a’ televisiòn e e’ altrì duje tantà fantasia
queì bambìn song cresciutì
hannò abbandonàt chillu quartierè
m lontàn ricordàn cu commoziòn a’ lorò eternà amicizià.
franco schiano
22 Novembre 2015 at 11:56
Carmine la poesia è bella assai ed scritta in maniera secondo me corretta. da WIKIBOOKS :
“La grafia del napoletano può sembrare simile a quella dell’italiano. A volte, però, le vocali possono avere suono diverso da quello che avrebbero in una parola italiana. Per esempio, le vocali “e” ed “o” non toniche, cioè non accentate, o poste a fine parola, hanno spesso tutte un suono semimuto ed indistinto. Anche le vocali “a” ed “i” finali seguono la stessa regola, ma l’uso è meno generalizzato, e può dipendere dalla varietà di napoletano parlata. Il suono indistinto è chiamato Schwa degli studiosi di lingue, e nell’Alfabeto Fonetico Internazionale è trascritto solitamente con il simbolo “ə”. Si tratta dello stesso suono che nella lingua francese si ritrova nella pronuncia della vocale “e” semimuta di parole come “petit” o “parle”. Pertanto, la voce verbale “parlo” non si pronuncerà come in italiano, ma, piuttosto, come il francese “parle”. Questa caratteristica fa sì che molto spesso, a causa della scolarizzazione italiana, anche chi parla correttamnente il napoletano, trovi molto strana questa grafia e ricorra, nella trascrizione delle parole, in frequenti errori o veri e propri obbrobri, come ad esempio la sostituzione di tutte le vocali “o” finali con la “e” (“io parlo” diventa “ie parle”) o, peggio, l’eliminazione delle stesse vocali finali (“i parl”). Tali grafie deviano da uno standard “di fatto” che ha ormai più di 500 anni, facendo erroneamente coincidere il napoletano scritto con il napoletano parlato.”
Alessandro Romano
22 Novembre 2015 at 15:28
Caro Franco,
non essendo “wikibooks” fondato su rigorosi e verificabili elementi scientifici, non è probante e, pertanto, rientra tra le normali e comuni opinioni. Rispettabilissime, per carità, ma solo opinioni.