di Silverio Guarino
Era scritto “Why?” ed era il manifesto contro la guerra nel Vietnam, che tanti lutti ed orrori costò alla gioventù americana negli anni ’70.
Italianamente e “ponzesamente” mi sono chiesto: perché?
Ogni volta che torno sull’amato scoglio (che continuo a frequentare, un po’ meno i suoi abitanti), volente o nolente vengo a conoscenza delle sciagurate vicissitudini delle varie famiglie dei miei compaesani.
Ogni volta se ne aggiunge una nuova, ma la storia è sempre la stessa: litigi e dissapori (eufemismi, ovviamente!) che si verificano per colpa di eredità.
Ogniqualvolta che viene a mancare qualcuno, gli eredi si azzuffano infatti per l’eredità, a suon di carta bollata e di azzeccagarbugli intraprendenti.
Famiglie disintegrate, affetti evaporati, parentele lacerate, sguardi che non si incontrano più.
Non si va neanche al funerale, per rafforzare l’odio dei sentimenti ed il livore della perdita di proprietà mal consegnata agli eredi.
E ogni volta, per colpa di queste morti, una nuova famiglia si disintegra. E non si fa più caso a questi eventi, tanto sono normali, naturali e condivisibili i pensieri e i comportamenti che derivano dalla mancata eredità.
Io mi chiedo: perché?
E’ che amiamo così tanto il nostro scoglio che, pur di diventare effimeri e transitori proprietari di almeno un ciottolo, siamo disposti a tutto, anche a “sfasciare” le nostre famiglie?
Ci sarebbe però un rimedio a tutto questo degrado: non morire più. L’immortalità dei proprietari garantirebbe infatti l’impossibilità di far ereditare qualcosa a qualcuno e salverebbe l’apparente serenità delle famiglie ponzesi.
Penso che sia l’unica possibilità perseguibile (Padreterno d’accordo).
Immagine di copertina: Doña Isabel la Católica dictando su testamento – Eduardo Rosales (1864). Madrid, Museo del Prado