di Sandro Vitiello
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Ieri sera abbiamo degustato al Fauno (ristorante in Brianza) alcuni vini di Casale del Giglio.
Facevo gli “onori di casa” con molto piacere.
Primo perchè l’azienda è una realtà affermata già da diversi anni con vini di grande valore.
Secondo perchè quest’anno, per la seconda volta, tra i grandi vini di questa azienda c’è il Biancolella “Faro della Guardia” prodotto con uve ponzesi, raccolte nei due ettari della collina della Guardia che guardano verso est, verso Ventotene, verso Ischia, verso il sole che nasce.
Pigiate poi nella cantina di Gino Scotti, ancora mosto arrivano in cantina alle Ferriere di Aprilia, dove vengono affinate.
L’anno scorso questo vino aveva entusiasmato quanti avevano avuto il piacere di assaggiarlo.
Tremila bottiglie sono poche ma un vino che il primo anno di commercializzazione agguanta i “tre bicchieri” sulla guida del Gambero Rosso merita rispetto e attenzione.
In tanti aspettavamo l’imbottigliamento della vendemmia 2014 per capire se l’anno scorso era stato un colpo di fortuna.
Invece no: ci troviamo in presenza di un grande vino anche quest’anno.
Il “Faro della Guardia 2014” è un vino di grande spessore, che ha una sua bella personalità.
Si sente la mineralità tipica dei suoli vulcanici e c’è anche la giusta armonia tra naso e palato.
Vino ricco che può essere conservato anche oltre il classico anno di tanti vini bianchi.
A degustare insieme a noi i vini di Casale c’erano Mirko Celani e Marco Gianbastiani accompagnati da Tommaso Tartaglione, ispiratore del progetto “Biancolella”, ponzese di adozione e di ‘lungo corso’.
A Ponza abbiamo altre due aziende che propongono i vini dell’isola con un proprio marchio.
Sono impreparato a raccontare i vini di Pouchain ma posso dire tutto il bene possibile dei vini delle antiche cantine Migliaccio.
Ci riserviamo di raccontarla per bene in un prossimo scritto.
Perchè il progetto Biancolella può essere un punto di svolta importante per la viticoltura ponzese?
Da quando nella prima metà del ‘700 la nostra isola è stata ricolonizzata le viti e il vino hanno avuto un ruolo importante nell’economia locale.
Ogni famiglia che aveva un pezzo di terra faceva crescere vicino alle parracine o lungo il limite delle “catene” i suoi filari di viti.
Chi aveva tanta terra chiamava a lavorare chi aveva braccia forti e voglia di fare.
Il padre di mio nonno partiva tutti i lunedì mattina, nelle ore buie da Cala Caparra, per raggiungere all’alba il versante della Guardia che guarda a Libeccio.
Lavorava lì ininterrottamente fino al tramonto dal lunedì al sabato e dormiva in qualche grotta della zona.
Recuperava ad uso agricolo, insieme ad altri lavoranti, le colline selvatiche di quella parte dell’isola.
Quando queste erano pronte si piantavano per prima cosa le viti.
Il sabato sera tornava a casa.
Oggi abbiamo un’azienda – Casale del Giglio – che valorizza al meglio le uve di Ponza.
Uve coltivate da Ponzesi, nelle loro terre, a Ponza.
Ci sono tutte le condizioni per recuperare un patrimonio fatto di storia e di esperienza.
E’ un dato di fatto che l’economia delle piccole isole non può vivere solo di turismo stagionale.
E’ dimostrato inoltre che iniziative legate alla valorizzazione delle specificità locali aiuta altre forme di turismo.
Queste iniziative creano professionalità, tutelano il territorio e diventano una vetrina per portare una comunità all’attenzione dei media.
Conviene crederci.
Biagio Vitiello
17 Maggio 2015 at 10:25
Sono meravigliato che un vino si fregi dell’etichetta “vino di Ponza”, quando viene imbottigliato altrove.
Io non sono un enologo, né un fine degustatore, ma per me il vino di Ponza è quello che nasce (ed è imbottigliato) a Ponza, come quello delle “Antiche Cantine Migliaccio” e di Pouchain.
Vorrei anche aggiungere che a Ponza ci sono tanti piccoli produttori di vino per hobby, e nessuno produce più aceto; forse io sono l’unico, perché non metto conservanti.
Sandro Vitiello
17 Maggio 2015 at 11:58
Caro Biagio anche io ho la pretesa di definirmi ponzese anche se mi hanno ormai “imbottigliato” nelle nebbie del nord (che peraltro non ci sono più).
Il Biancolella è di Ponza perchè la legge dice così ma anche e soprattutto perchè come tu ben sai il destino di un vino lo si decide in vigna. In cantina lo si può solo peggiorare.
Visto che le uve sono ponzesi, che i viticoltori sono ponzesi e che la pigiatura viene fatta a Ponza, mi sa che quel vino è più ponzese di me.
E ti garantisco che è molto buono.
silverio lamonica1
17 Maggio 2015 at 15:28
“Toasting Monte Guardia. I rise
my rubied glass past fifty fish eyes staring
from a basket…”
“Il Monte Guardia gustando, io elevo
il calice rosso rubino accanto a cinquanta
occhi sbarrati di pesci…”
(Carol Light: “Postcards from Ponza, The Prison Island”)
Il vino di cui parla l’amico Sandro comincia ad essere celebrato anche da qualche poetessa. Siamone fieri.