A Baltimora è di scena la violenza.
Negli Stati Uniti, nella più avanzata democrazia mondiale, dove la parola chiave della costituzione è “felicità”,
dove la libertà è intesa come possibilità di realizzare il proprio sogno (il sogno americano),
dove ancora c’è una bandiera (quella a stelle e strisce), che fa piangere,
dove il cittadino diventa giudice comprandosi un’arma al supermercato,
dove il soldato si avvicina di più ad un robot armato,
dove le banche dettano legge,
dove il presidente è nero e anche il sindaco di Baltimora è di colore, una bellissima donna di colore,
dove milioni di migranti ancora trovano la possibilità di ingrassarsi,
dove cadono grattacieli come giocattoli di Lego,
dove ci sono le più importanti organizzazioni di pace e di guerra,
dove le diverse etnie creano le diverse lobby di potere,
dove le diverse religioni trovano il modo di contendersi ad ogni elezione un posto in prima fila del potere,
dove i migranti di un’isoletta possono mostrare nel Columbus Day il loro Santo,
dove nuovi totem racchiusi in una valle (Silicon Valley) ispirano dimensioni oltre,
dove non c’è più distinzione tra l’essere e l’avere e tutti tendono al potere di consumarsi:
è proprio li, negli Stati Uniti, sintetizzata l’ultima evoluzione dell’Homo sapiens sapiens che per possedere tutto il possibile, deve ancora uccidere, distruggere, costruire armi, contaminare ambienti naturali, stampare dollari, comprarsi la vita degli altri, costruire grattacieli di corruzione, edificare ghetti di solitudine, progettare parchi giochi di scommesse, sopportare discariche di povertà, saturare di disperati le proprie carceri, vendicare le frustrazioni su una sedia elettrica, inventarsi le ‘guerre giuste’, le ‘armi intelligenti’, i droni, i nuovi giocattoli telecomandati, gli Stati che un attimo prima sono ‘canaglia’ e un attimo dopo diventano democratici.
A Baltimora come a Milano è di scena la violenza.
Negli anni sessanta nelle piazze in rivolta di tutto il mondo c’era una speranza, nelle piazze di oggi c’è solo individuale voglia di autodistruggersi.