.
Il riferimento è all’articolo precedente “Il Mediterraneo delle Donne”: leggi qui
.
Che il Mediterraneo per le donne sia stato da sempre anche luogo di violenza non lo possiamo dimenticare.
La mitologia greca, che ha attraversato in lungo e in largo questo mare, ci riporta tanti racconti al riguardo, da Leda violentata da Zeus trasformato in cigno, a Persefone rapita da Plutone dio degli inferi, ad Elena rapita da Paride.
Non c’era orrore per queste azioni e la prepotenza del maschio era recepita come un dato naturale, per cui solo nel caso di Elena i greci organizzarono una guerra.
Lo storico Erodoto – giusto per rilevare come alcuni preconcetti siano duri a morire nonostante lo scorrere dei millenni – condannò questa decisione riportando la riflessione persiana con cui evidentemente concordava: “…se è da iniqui rapire donne, è da stolti voler vendicare le rapite e da saggi invece disinteressarsene, perché non vi è dubbio che mai le donne avrebbero potuto essere rapite se non avessero accondisceso al rapimento”
Eppure, per capire che non era così, sarebbe bastato pensare al mito di Europa, figlia del re di Tiro, Agenore.
Rapita da Zeus sotto le sembianze di un toro, riuscì a sfuggirgli riparando in un boschetto, ma quando Zeus si trasformò in un’aquila e le piombò addosso non poté più a scappare. Disperata per la violenza subita, si voleva suicidare, ma fu fermata dalla dea Venere che le svelò l’identità divina del suo rapitore e le promise che col suo nome sarebbe stata chiamata una parte della Terra.
Ratto di Europa, mosaico del III secolo d.C. rinvenuto a Byblos
Non ci meravigliamo di questa soluzione mitologica al problema. Millenni dopo, in pieno ‘900, in Italia vigeva ancora una soluzione similare per lo stupro, il matrimonio riparatore, un’azione che per la società rimetteva tutto a posto, ma che per la donna era un’ulteriore beffa: convivere con il proprio stupratore è stata una dolorosa condanna per tante donne (1).
E quali orrori erano riservati alle donne appartenenti al popolo sconfitto in guerra! Andromaca fu violentata e divenne la schiava di Neottolemo, figlio di Achille, l’uccisore di Ettore, il suo amato marito.
La profetessa Cassandra, condannata dal dio Apollo a non essere mai creduta quando prevedeva il futuro poiché aveva rifiutato il suo amore, fu violentata dal re Agamennone nel tempio, dove si era rifugiata, mentre Troia bruciava.
Per le donne la violenza delle guerre è sempre stata, nel momento della sconfitta, anche violazione del proprio corpo e il Mediterraneo ne ha vista tanta di sofferenza femminile.
Le violenze che oggi subiscono le donne in fuga dalle guerre e dalle barbarie dei paesi africani e mediorientali, ci dicono o, meglio, urlano che non possiamo sentirci al riparo da questi abomini.
Ogni donna violentata assume in sé tutte le donne perché è violentata in quanto donna e ogni donna conscia della sua appartenenza di genere si sente violentata quando un’altra donna è violentata.
E’ questa modalità di sentire che ha spinto Pina Mandolfo e Maria Grazia Lo Cicero a realizzare il documentario “Orizzonti mediterranei” di cui ci parla Sandro.
Pur garantendo l’anonimato alle intervistate, ma anche agli intervistati – perché i maschi assistono inermi alle violenze perpetrate sulle donne o, addirittura, anch’essi ne hanno subite – le due registe hanno dovuto affrontare il pregiudizio dei mediatori, loro guide nei centri di accoglienza, e il dolore e la paura impressi sul volto delle vittime.
Far conoscere l’enorme carico di sofferenza che si portano dentro queste donne – e che viene normalmente sottaciuto come se fosse un effetto collaterale della loro fuga, un giusto tributo per essersi salvate durante un viaggio pericolosissimo -, è un dovere civile.
Che rapporto che dovranno avere con i figli della violenza subita, tanti, che saranno sempre lì a ricordarla? Quanta forza devono avere queste donne per amarli nonostante tutto!
Per loro le acque del Mediterraneo rimarranno sempre un antitetico ponte che passa attraverso i mostri della violenza e, contemporaneamente, porta alla salvezza.
Riusciremo noi a cancellare l’impronta della paura e del dolore fortemente impressa sul loro volto? O deluderemo l’ultima speranza?
1) Il matrimonio riparatore fu eliminato nel 1981, quindici anni dopo che la siciliana Franca Viola lo rifiutò per sé, affrontando coraggiosamente il processo in cui fu condannato il suo violentatore. Bisognò aspettare altri quindici anni, il 1996, perché lo stupro fosse considerato reato contro la persona e non più contro la morale.