In questi giorni sta montando la polemica a proposito del ‘Centro di raccolta, o ‘Isola ecologica’ che dir si voglia.
Per chi non lo sapesse, è uno strumento essenziale per far partire la raccolta differenziata e la sua assenza ha impedito finora di avviarla in maniera regolare.
Poiché non amiamo le sterili polemiche, cerchiamo piuttosto di approfondire l’argomento.
La nostra posizione in merito è nota: quando abbiamo parlato del nuovo appalto della RSU e dei relativi problemi (leggi qui), ci eravamo già chiesti perché l’amministrazione comunale non cercasse di bonificare l’area dell’ex-inceneritore per recuperare lo spazio necessario al Centro Raccolta collegato alla differenziata, anziché preoccuparsi di espropriare altri terreni in un territorio già abbondantemente violentato come quello ponzese.
Con la Delibera di Giunta Regionale n. 591 del 14/12/2012, concernente l’Adeguamento del Piano Regionale delle bonifiche dei siti contaminati del Lazio sono state dettate le ultime linee guida nell’ambito di un settore, quello del recupero ambientale e funzionale, in continua evoluzione.
Nel piano sono definiti:
– i siti contaminati, dove cioè vi è uno stato di inquinamento accertato;
– i siti con necessità di ripristino ambientale, ossia l’insieme delle aree nelle quali, sebbene sia evidente la presenza di una situazione di contaminazione, è ritenuto relativamente basso il rischio per la collettività e gli ecosistemi;
– i siti con necessità di approfondimenti, ossia l’insieme dei siti che, ritenuti dalle amministrazioni in via informale potenzialmente pericolosi per la collettività e per gli ecosistemi, necessitano di ulteriori accertamenti per una definitiva e corretta classificazione;
Per la bonifica dei siti contaminati le normative in materia prevedono (art.199 comma 6 D.L. 152/2006):
a) l’ordine di priorità degli interventi
b) l’individuazione delle aree da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinanti presenti
c) le modalità per l’intervento di bonifica e risanamento ambientale
d) la stima degli oneri finanziari
e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.
Come si fa a definire la tipologia a cui appartengono i diversi siti ed in particolare a valutare “l’ordine di priorità degli interventi”?
Attraverso dei metodi statistici tesi a rilevarne la pericolosità ambientale e di conseguenza la necessità di intervenire con interventi strutturali, metodi che individuano classi di priorità specifiche.
Il metodo attualmente più considerato è il metodo A.R.G.I.A. (Analisi del Rischio per la Gerarchizzazione dei siti Inquinati contenuti nell’Anagrafe), ritenuto più completo perché aggiunge nuovi parametri sia di tipo ambientale (dati su venti e piogge) che di tipo più specifico (dati idrogeologici, stato di contaminazione, ecc.).
I punteggi ricavati da questi parametri vanno a formare le classi di priorità che sono le seguenti:
1) altissima priorità (indice di rischio compreso tra 6 e 10);
2) alta priorità (indice di rischio compreso tra 4,5 e 6);
3) media priorità (indice di rischio compreso tra 2,5 e 4,5);
4) bassa priorità (indice di rischio inferiore a 2,5)
Qual è la situazione della discarica (con annesso inceneritore) che a noi ovviamente interessa: quella del Monte Pagliaro? E’ contemplato in “classifica”?
C’è, c’è… Risulta in elenco con questa definizione:
“Cod. prov. LT089 denominazione sito Discarica Loc. Monte Pagliaro – Ponza (LT) Punteggio 5,77 stato avanzamento iter S.S.”.
È al quinto posto in ambito regionale – ed al primo posto assoluto nella provincia di Latina – tra i siti definiti ad alta priorità, col punteggio di 5,77, cioè ad un passo dall’essere ad altissima priorità.
Cosa prevede l’appartenenza a questa categoria?
“La presenza di un’alta priorità ambientale indica che nel sito sono presenti stati di contaminazione in atto rischiosi per l’ambiente e per le comunità limitrofe o siti per i quali, sebbene non verificato analiticamente, si sospetti – in relazione, ad esempio, alla natura o alle modalità di stoccaggio dei rifiuti presenti nel sito o alla tipologia di attività industriale svolta – la presenza di un potenziale stato di contaminazione e di un danno ambientale in atto. Per tali siti è necessario avviare o, se avviate, concludere le procedure tecnico amministrative di bonifica del sito anche al fine di confermare la presenza di uno stato di contaminazione in atto.”
Quali sono queste procedure?
- si parte dalla semplice segnalazione – Sito Segnalato
- in caso di situazioni urgenti si dà l’avvio alla Messa In Sicurezza Emergenze
- poi si passa alle Indagini Preliminari per verificare che il livello di contaminazione non sia al di sopra di certi parametri ritenuti pericolosi per la salute dell’uomo
- se il livello di contaminazione è considerato superiore alla soglia di sicurezza il Comune indice il Piano della Caratterizzazione per approfondire tipologia e caratteristiche dell’inquinamento
- esecuzione Indagini Caratterizzazione
- da cui scaturisce l’Analisi di Rischio
- e, se necessario, il Progetto di Bonifica vero e proprio.
Nel caso che a noi interessa, la discarica di Monte Pagliaro risulta agli atti essere (unico tra i primi in questa triste classifica) solo al primo step: cioè un Sito Segnalato!
E’ singolare che, mentre gli altri siti classificati ad alta priorità sono giustamente ad uno stadio più avanzato di intervento, questo di Ponza, in un ambito territoriale delicatissimo, ristretto, di rilevanza ambientale notevole (ed i vari SIC, ZPS, Rete Natura 2000 stanno a testimoniarlo) pare sia ancora fermo al nulla.
Ciò non ha impedito ai relatori del piano a cui facciamo riferimento di prevedere non solo l’importanza di un intervento di bonifica prioritario, ma addirittura di quantificarne gli oneri di massima: 54.000 € per il Piano di Caratterizzazione, e 2.500.000 € per la Messa in Sicurezza Permanente.
La cosa non ci stupisce: ma dal momento che è ben nota l’importanza ambientale e paesaggistica di Ponza, perché non si fanno passi avanti nel recupero reale dell’area?
Area che, oltretutto, diventerebbe la sede naturale per la collocazione del Centro Raccolta necessario per la realizzazione della differenziata. Infatti l’intervento ipotizzato prevede, come spesso accade nel recupero funzionale delle discariche, non la rimozione totale dei materiali da bonificare, ma il loro confinamento superficiale (capping), in condizioni cioè di sicurezza, con delle prescrizioni particolari. In questi casi, l’utilizzo futuro dell’area si presta benissimo proprio ad attività “simili” a quella svolta in precedenza.
Non è solo questione di soldi: ci sembra di capire che sia necessaria una decisa azione politico-amministrativa, a partire dal Comune, a cui la legge delega la convocazione della conferenza di servizi e l’autorizzazione del piano di caratterizzazione sopra riportati.
Ed allora, perché non si persegue con decisione la strada della bonifica, anziché puntare al solito esproprio che produrrebbe altre ferite ambientali nel delicato ecosistema di Ponza?
Di fronte a quesiti di questo tipo di solito l’amministratore tende a rispondere: ma i tempi della bonifica sono medio-lunghi.
Certo, se mai si inizia…