di Raffaele Sandolo
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Leggendo l’articolo riguardante le parracine, di Domenico Musco, pubblicato recentemente su Ponza Racconta (leggi qui) il mio pensiero è ritornato ai miei tempi passati a Ponza. Da ragazzo, dal 1950 al 1955, passavo ogni estate le vacanze, talvolta con mio fratello Mario, a Le Forna nella zona di Sottocampo presso mia nonna Avellino Maria vedova di Emiliano Sandolo.
Ponza 1955, Raffaele Sandolo con la nonna Maria Avellino
Mia nonna aveva un piccolo orto con la piscina a cielo aperto, di fronte alle grotte dove abitava. In quei tempi passavo le mie mattinate fornesi giocando sulla spiaggia della marina e frequentando Guido de Martino (Guido ‘a Perchia). Verso mezzogiorno, risalendo lentamente fra due piccole parracine, ero spesso affascinato da queste opere murarie fatte con mille attenzioni e tanto impegno. Camminavo a piedi scalzi su un percorso fatto di massi e pietre con ai lati tante piante di fichi d’india (palètte) e alberi di fico. Talvolta, arrivato vicino alle grotte di mia nonna, mi fermavo a scambiare poche parole con Jannella, madre di Guido, e sua sorella Brizitella, zia di Guido ma anche mia zia. Infatti Brizitella era vedova di Raffaele Sandolo, fratello di mio padre Silverio, morto di malattia nel 1935-36.
Pochi passi ancora e mi trovavo nella corteglia imbiancata di calce bianchissima fra l’orticello e le grotte di mia nonna, che si apprestava a cucinare. Sentendo il mio ansimare, per la stanchezza, immediatamente mi diceva: Rafè, va’ ngopp’ ‘a parracina e prendi nu poch’i petrusine e doie foglie ‘i vasinicole. Avendo capito l’urgenza, immediatamente mi muovevo passando a lato della piscina e mi avvicinavo alla prima parracina guardando la linea semplice di pietre ben disposte che si congiungeva ad una seconda parracina più complessa costituita da due muri di pietra paralleli il cui spazio interno era ripieno di ciotoli e terra. Io chiamavo semplicemente muro a secco la prima opera muraria e la seconda, più complessa, muro a sacco: ambedue erano costruite con pietre ben squadrate manualmente e disposte senza l’uso di calcina o di cemento.
Ponza 1954. Mario Sandolo (fratello dell’Autore) con la nonna Maria Avellino
Presso le due parracine, raccoglievo petrusine e vasinicola, piante rigogliose di intenso profumo. Visto che mia nonna era in nervosa attesa, ritornavo con un passo veloce. Poco dopo si mangiava al fresco della grotta mentre fuori faceva molto caldo, caldo rovente, e sentivo le cicale stridere insistentemente sul mandorlo vicino. In quei momenti mia nonna spesso mi raccontava di mio nonno, morto qualche anno prima, bravo pescatore ma anche capace contadino, che amava costruire le parracine nei vari campi coltivati di sua proprietà. Sui pendii delle colline, per agevolare la coltivazione, approntava le catene (terrazzamenti) con parracine semplici mentre nelle zone pianeggianti costruiva le parracine più complesse e robuste per definire i confini delle sue proprietà e proteggere dal vento le piante coltivate.
Marina di Campo (Isola d’Elba), 10 aprile 2015