Quando nel lontano 1965 approdai dal paesello alla grande Capitale, un intero mondo mi si riversò addosso e mi sommerse.
‘Politicizzato’ per modo di dire; venivo dalle assemblee di Liceo e dalle prime manifestazioni in piazza per la crisi di Cuba (1961-’62) a cui si partecipava con la grande spinta ideale di saltare le lezioni e fare caciara [ma dovreste immaginare cosa poteva essere Cassino (Fr) – negli anni ’60!].
Comunque mi ritrovai a Roma e nel vasto mondo e per uno scherzo del destino proprio alla Casa dello Studente di via De Lollis, dove non si dormiva mai.
Non mi potetti proprio sottrarre e io, insieme a tutti i miei amici di allora, per quanto timidi e renitenti… “fummo per sempre coinvolti!”.
Una delle tante scoperte di quegli anni fu Enzo Jannacci, che era attivo e famoso nel mondo dello spettacolo – a mia completa insaputa! – già da 7-8 anni.
Enzo Jannacci insieme a Giorgio Gaber in una foto-lancio della Ricordi del 1958
Rappresentò per me Jannacci, una ricomposizione tra gli estremismi della politica di quel tempo, che sentivo estranei, e altri aspetti che vado a spiegare.
Alla casa dello Studente si tenevano le riunioni del Movimento Studentesco cui partecipavo senza capirci granché; ricordo solo che poi ‘quelli’ uscivano gridando cadenzati: “Mao Tse-tung – Ho Chi Minh”, mentre il controcanto faceva “Giap… Giap…” (il generale vietnamita). Noi residenti – gran parte figli di proletari meridionali – li guardavamo dal balcone: “Questi so’ matti!”.
Attraverso Jannacci, scoprivo la vena politicizzata sì, ma creativa e irridente, che pure dovevo avere dentro e che mi ha sempre affascinato, di cui gli sprazzi di fantasia del Maggio francese del ’68 e le avanguardie creative del movimento del ’77 mi sono sembrate una prosecuzione.
Un esempio per spiegare meglio di tante parole è “Ho visto un re”, il testo-canzone proposto in quest’articolo. Non è di Enzo Jannacci ma ben rappresenta l’atmosfera di fantasia, provocazione, surrealtà e gioia di vivere e fare spettacolo di quel gruppo di amici-compagni milanesi e includevano Dario Fo (futuro Nobel), lo stesso Jannacci, Giorgio Gaber, Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni… e tanti ne ometto.
Di Enzo Jannacci (1935 – 29 marzo 2013) ricorre domani il 2° anniversario della morte e vogliamo ricordarlo con due suoi pezzi che ne rappresentano il primo la vena sociale, politicizzata, e il secondo l’altra parte della sua natura, malinconica e intimista.
Comunque un uomo – medico musicista poeta karateka – che ha lasciato un segno indelebile in molti della mia generazione.
Ho visto un re (testo di Dario Fo, musica di Paolo Ciarchi) inserita nello spettacolo Ci ragiono e canto (1966 e anni successivi). Incisa in singolo da Enzo Jannacci (Ho visto un re/Bobo Merenda) pubblicato dalla ARC nel 1968.
Ne esistono diverse versioni su YouTube, alcune come collage di esecuzioni diverse. Abbiamo preferita questa, con i soli Dario Fo e Enzo Jannacci.
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Ho visto un re
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Dai, dai cúnta sú,
ah beh, sì beh, dai cúnta sú, ah beh, sì beh…
Ho vist’ un re.
Se l’ha vist cus’è?
Ho visto un re!
Ah beh, sì beh, ah beh, sì beh…
Un re seduto su un cavallo,
piangeva tante lacrime…
ma tante che
bagnava anche il cavallo
Povero re!
…e povero anche il cavallo!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
È l’imperatore che gli ha portato via un bel castello,
Orca baloss!
di trentadue che lui ce n’ha.
Povero re!
…e povero anche il cavallo!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
Ho vist’ un vé…
Se l’ha vist’ cus’è?…
Ho visto un vescovo!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
Anche lui, lui piangeva, faceva un gran baccano,
mordeva anche una mano…
la mano di chi?
la mano del sacrestano.
Povero vè…scovo!
…e povero anche il sacrista!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
È il cardinale che gli ha portato via un’abbazia
oh pover Crist!
di trentadue che lui ce n’ha!
Povero vè…scovo!
…e povero anche il sacrista!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
Ho vist’ un sciùr.
Se l’ha vist cus’è?
Ho visto un ricco! Un sciur…
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
Il tapino lacrimava su un calice di vino
ed ogni go… ed ogni goccia andava
derent’al vin
…’sì che tutto l’annacquava.
Pover tapin!
…e povero anche il vin!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
Il vescovo, il re, l’imperatore l’han’ mezzo rovinato,
gli han’ portato via un caseggiato
di trentadue che lui ce n’ha.
Pover tapin!
…e povero anche il vin!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
Vist’ un vilan.
Se l’ha vist cus’è?
Un contadino!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
Il vescovo, il re, il ricco, l’imperatore, perfino il cardinale
l’han’ mezzo rovinato, gli han’ portato via:
la casa, il cascinale, la mucca, il violino, la moglie,
la radio a transistor, i dischi di Little Tony,
e pö cus’è?
…un figlio militare!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
…gli hanno ammazzato anche il maiale!
Pover purscel!
…nel senso del maiale!
Sì beh, ah beh, sì beh, ah beh…
Ma lui no, lui non piangeva, anzi, ridacchiava.
Ma che l’è? …matt?
No! Il fatto è, che noi vilan…
noi vilan…
Ehh sempre allegri bisogna stare,
ché il nostro piangere fa male al re,
fa male al ricco e al cardinale,
diventan tristi se noi piangiam.
Ah beh!