di Sandro Russo
La costruzione della Banchina Nuova che ha messo in comunicazione la primitiva banchina del Porto Borbonico con il Lungomare di Sant’Antonio, superando lo scoglio (metaforico e reale) della Punta Bianca, è stata un’opera di ampio respiro e dotata di una sua genialità che ha rappresentato la transizione tra la Ponza del passato e quella moderna.
I lavori furono eseguiti alla metà del secolo scorso e le banchine furono inaugurate nel 1954. Fu anche allargata la Banchina vecchia e tutto il circuito, dal porto al Sant’Antonio, reso percorribile dalle macchine.
Insieme alla messa in opera e rapida attuazione della Via Panoramica, circa negli stessi anni, Ponza entrava senza indugi nell’epoca dell’automobile e prendeva l’assetto che conosciamo oggi.
Così l’isola abdicava dalle antiche e maestose scalinate, spianava, asfaltava e accelerava i movimenti verso un modello di vita definitivamente “moderno”.
Nel bene, nel male… chi può dirlo? I tempi spingevano e fermi non si poteva stare. Col senno di poi non è neanche andata tanto male, per l’isola.
Una foto d’epoca (dopoguerra, prima amministrazione Sandolo) quando la Torre – e quindi le costruzioni di questa parte dell’isola, Cimitero incluso – erano accessibili solo con questa sobria e ampia scalinata
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Ma riprendiamo a parlare di Sant’Antonio prendendo lo spunto da una serie di fotografie d’epoca, la maggior parte di esse dall’Archivio Giovanni Pacifico (cliccare sulle singole foto per ingrandirle).
Processione del Corpus Domini a Sant’Antonio, con le bambine processionanti con il vestito della Prima Comunione. La ‘piazzetta di Sant’Antonio’ è ancora un largo spazio in cui la spiaggia trapassa senza soluzione di continuo con il piano stradale (non ancora asfaltato). Un muretto di separazione è visibile sono nell’ultima parte, verso il grottone di Giancos. La spiaggia è occupata dalle strutture delle ‘spasare’ per stendere le reti ad asciugare. Sempre sulla spiaggia, perpendicolare al mare, una striscia più scura (su cui si vede un uomo in piedi) testimonia la traccia del ‘lavo’ che proveniva da dentro Chiaia di Luna, dell’acqua piovana e di dilavamento che si riversava in mare: qui di dimensioni modeste perché era estate; altre volte di aspetto impressionante.
La foto è verosimilmente di epoca fascista, ma mancano elementi certi; un aiuto potrebbe venire dalla data di costruzione del Palazzo Martinelli (qualcuno la conosce?), in fondo a destra, già elevato ma ancora coperto da impalcature. C’è poi uno spazio ancora vuoto e quindi un altro palazzo più scuro, completato e quindi più antico, di proprietà di Aniello Sandolo (di recente ricchezza ‘aragostara’, al tempo), padre del futuro dott. Sandolo.
Altro possibile elemento utile per la datazione della foto, la colonnina in basso, centrale, alta circa 3 m. che però è di incerta natura (un simbolo fascista?): somiglia ad una struttura simile che si trovava al Porto, sulla banchina davanti Mamozio.
Un’altra processione, stavolta per un funerale, in una posizione poco più avanti in direzione Porto rispetto alla foto precedente. Per lo stato delle abitazioni, più curate che nell’altra, sembra di poco più recente. E’ presente, al centro della spiaggia la baracca della pescheria, da cui la denominazione di Veruccio ‘a pescheria del ferramenta del padre di Irio Migliaccio (il balcone arrotondato della casa attualmente di Irio si vede a metà della foto sul bordo di sinistra). Ancora non c’è una vera e propria strada; numerose barche sono tirate a secco sulla spiaggia. Di incerto significato le due ‘garitte’ bianche gemelle al centro della foto, distanti una cinquantina di metri l’una dall’altra (postazione della Milizia? delle ‘Finanza’?)
Questa foto piuttosto sghemba, quasi da cinema espressionista, testimonia l’adiacenza al mare delle costruzioni e del tratto di strada poco prima dell’ingresso al grottone di Sant’Antonio. Quando si diceva, nell’articolo precedente, che dalle case noi ragazzini pescavamo con la cannella, non era un modo di dire. Piuttosto si può immaginare, senza alcuna protezione interposta, quali potessero essere gli effetti del Levante – mare e vento – su delle case così esposte!
Torniamo quindi alla nostra Sant’Antonio con questa bella foto presa poco prima della costruzione delle banchine.
Perché poco prima? Perché le costruzioni dopo lo slargo delle corriere (cioè la casa di Irio e quella del notaio De Luca già ci sono) e a fianco della costruzione di cui fa parte il Bar della Panoramica non c’è ancora l’apertura per la via Panoramica.
Permettetemi un ricordo personale. Quella scaletta che interrompe il muro a ridosso della spiaggia, proprio davanti al ferramenta di Veruccio Migliaccio (poi di Domenico), l’avrò fatta migliaia di volte, su e giù, pressato dalle voci delle zie che mi chiamavano dal palazzo in alto, sopra la via Nuova.
La stessa veduta, e pressappoco stessa epoca, con un allargamento del fronte visuale verso destra, verso “Sant’Antonio centro”, fino al ‘grottone’ di Giancos.
La foto che segue è una ‘super-panoramica’, probabilmente da quelle fotografie allungate che si richiudevano a libretto, in vendita presso le cartolerie di Corso Pisacane (la cartoleria Farese?)
E allora…
Vanno a incominciare i lavori delle Banchine – l’evento principale a Ponza in quegli anni insieme a quello della Panoramica, e lo stato fisico dei luoghi sta per cambiare; insieme ad essi il modo di muoversi e di rispondere alla sfida del futuro.
Per quanto riguarda in particolare le banchine, nella zona tra la Punta Bianca e lo sbocco del grottone di Sant’Antonio si registra una bella aggiunta di spazio fruibile e transitabile che si distacca, dalla costa inizialmente lambita dal mare, per venti-trenta, anche quaranta metri.
Una conquista e una novità assoluta, la terra riconquistata, per un’isola da sempre abituata a farsi rubare la costa dal mare.
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[Sant’Antonio com’era (2) – Continua]
Per l’articolo precedente, leggi qui
Enzo Di Fazio
26 Marzo 2015 at 08:26
Pregevole proprio questo lavoro di Sandro. Per chi ha la nostra età, nei ricordi è rimasto ancora qualcosa di com’erano, intorno agli anni 50, Sant’Antonio e quella parte del porto dov’è nata la banchina nuova
Ma per tutte le generazioni che vanno dagli anni 60 in avanti le foto con i commenti e la meticolosa ricostruzione dei cambiamenti rappresentano una documentazione storica di notevole importanza.
Ancora una volta l’immagine fotografica, testimone del tempo in cui è stata scattata, è capace di raccontare. Ci sono così pezzi di Ponza che possiamo descrivere solo perchè c’è una fotografia che li racconta. Cosa avrebbero potuto sapere di quei luoghi i nostri giovani, come li avrebbero potuto immaginare, come avemmo potuto noi descriverli così bene se non ci fossimo imbattuti in queste foto?
Grazie alla fotografia ciascuno di noi diventa testimone oculare del passato.