Ambiente e Natura

In visita al carcere di Santo Stefano pensando al valore della libertà

di Giancarlo Giupponi
Carcere di Santo Stefano foto di Giancarlo Giupponi

 

La notizia, riportata da un quotidiano e ripresa dal nostro sito, dello stato di degrado e di abbandono in cui versa il carcere di Santo Stefano ha destato molto interesse tra i nostri lettori. Ne è scaturita anche una nota storica di Giuseppe Mazzella cui hanno fatto seguito alcune testimonianze di visitatori.
Giancarlo Giupponi, che conosciamo per i bellissimi filmati dedicati al faro della guardia, ci ha inviato questo suo lavoro sul carcere corredato della sua testimonianza. Nel video c’è anche un interessante ricordo della figura di Sandro Pertini che a Santo Stefano rimase recluso per diversi mesi tra gli anni 1929 e 1930.
la Redazione

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Ho avuto l’occasione di visitare il carcere di S. Stefano in modo molto singolare, dal cielo con l’elicottero.
Non essendoci piazzole siamo atterrati in una piccolissima radura piena di rovi e rami secchi.
Quel giorno si doveva portare all’interno del carcere del materiale edile, sacchi di cemento soprattutto per eseguire parziali interventi di restauro. Il materiale doveva essere prelevato nel porto di Ventotene e agganciato a una lunga fune portato con l’elicottero all’interno della struttura.

Sono rimasto nell’edificio svariate ore fino alla conclusione di questa operazione.
Intervallati dal frastuono dell’elicottero ci sono stati molti momenti di silenzio, quando l’elicottero era a Ventotene, o silenzi ancora più lunghi quando l’elicottero doveva rifornirsi di carburante.
Questo mi ha permesso di provare sensazioni uniche.
Carcere di Santo Stefano 2 foto di Giancarlo Giupponi
Le riprese che ho fatto in quella occasione possono dare solo una lontana percezione di ciò che si prova in questi casi. Ricordo di aver avuto modo di meditare sull’inestimabile valore della libertà. La libertà di andare e venire come si vuole è qualcosa che prendiamo spesso come una cosa scontata. Molte persone recluse nel carcere non avevano commesso reati gravi, ma spesso erano lì solo perché individui scomodi per regimi che non tolleravano la libertà di pensiero.  Alcuni morirono in questo luogo e furono sepolti poi nel piccolo cimitero adiacente al carcere in tombe senza nome. Ho parlato di questa ed altre mie impressioni nel video che ho realizzato nei giorni successivi a quella visita così speciale.

 

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