Ambiente e Natura

Anche le piante hanno il sesso. Amenità accademiche

di Giuseppe Massari

 

Quando Andrea Cesalpino, scienziato di grande fama, intuì la sessualità delle piante si pose il problema di come dirlo al Pontefice.
Cesalpino era archiatra di Clemente VIII Aldobrandini, un papa che non scherzava; aveva già mandato al rogo Giordano Bruno e il sesso era una parola che solo a pronunciarla nella Curia si sentiva odore di zolfo. Oltretutto si trattava del sesso delle piante che nessuno immaginava potesse esistere, anche se in passato qualche barlume c’era stato, ma senza conseguenze.
Cesalpino era “Lettore di materia medica”; era stato chiamato a Roma nel 1592 per insegnare medicina all’Università. Oltre che curare il papa era anche tenuto ad informalo delle sue scoperte: in breve gli doveva dire che i fiori come il candido giglio, simbolo della purezza e dell’innocenza non erano altro che organi sessuali.
Le cronache sono avarissime di particolari. La sola cosa nota è che il Santo Padre, allibito, abbia esclamato: “Quis posset cogitare!

La sessualità delle piante è una conoscenza giunta in ritardo rispetto a quella degli animali e dell’uomo, per il solito motivo di considerare le piante qualcosa di diverso come in effetti sono. .

I cicli riproduttivi, detto in poche parole, consistono nello scambio di informazione genetica fra individui della stessa specie in base, ad una diversa polarità chimico-fisica che si chiama sessualità. I portatori di tali caratteri negli animali, nell’uomo e nei vegetali si distinguono in maschi e femmine. Lo scambio di informazione genetica avviene sotto il controllo di numerosi fattori, quali l’attrazione reciproca, la sollecitazione evolutiva di conservazione della specie e via dicendo. È opportuno ricordare, se mai fosse necessario, che la sessualità è un processo perfettamente naturale, anche se poi nella specie umana si è trasformato in fuochi pirotecnici, ed anche gli animali si esibiscono pubblicamente, mentre le piante sono molto più discrete.

A livello vegetale “inferiore” come nei funghi i portatori di sesso opposto sono i filamenti che si chiamano ife e costituiscono il micelio, un feltro bianco facilmente riconoscibile nel bosco una volta sollevate le foglie. I caratteri sessuali delle ife non sono visibili, per cui si indicano con il segno “+” e “-”. Difficile trovare qualcosa di conturbante fra le ife che si fondono, fra l’altro i raccoglitori di porcini non aspettano altro.
È proprio Giorgio Celli, noto etologo ed entomologo, con il suo tipico humour, a ricordare Andrea Cesalpino: “…il sesso delle piante era sconosciuto o ignorato finché, in pieno Rinascimento, l’illustre scienziato, medico di papa oltre che botanico e anatomista, si mise a osservare i fiori sul serio e si convinse come quelle splendide creature, con i loro colori d’arcobaleno e i loro squisiti profumi, non erano altro che dei seducenti organi sessuali! Ci voleva proprio il medico personale di un papa per affermare una cosa così blasfema. Da allora, sappiamo che quando un uomo porta dei fiori alla sua bella, be’, le fa, sotto sotto, una spudorata proposta”.

G. Celli. Le piante non sono angeli

Giorgio Celli: Le piante non sono angeli ; 2010, Dalai Editore

Nell’antichità Teofrasto dovrebbe avere avuto un certo sentore che c’era qualcosa di insolito nei fichi, osservando probabilmente l’andirivieni dei vespini attraverso gli opercoli dei frutti. Ma non si è spinto oltre.

L’autorevole Di Bérenger, il Forestale fondatore dell’Accademia di Vallombrosa ed apprezzato Autore del “Trattato sull’Archeologia Forestale”, sostiene che la sessualità delle piante era già nota agli antichi Egiziani i quali consideravano il padre l’individuo che dava la vita al figlio, mentre la madre era una semplice nutrice. Erano gli alberi maschi che producevano i frutti. In effetti, è esattamente il contrario: i maschi producono il polline, le femmine i frutti.
Nelle palme era stato notato che il profumo del fiore della palma da datteri, “attirava” il polline. Osservazione corretta, nel senso che sarebbe stato “percepito” un meccanismo di ”attrazione”, un richiamo fra individui di sesso diverso appartenenti alla stessa specie.

Plinio (Storia Naturale XIII, 7) appare ben documentato sulla questione delle palme. “I naturalisti più scrupolosi – scrive testualmente – affermano che negli alberi, anzi, meglio, in tutte le cose generate dalla terra, erbe comprese, si riscontrano i due sessi, cosa che (…) non vi sia pianta in cui ciò si rilevi, più manifestamente che nella palma”. Segue una descrizione sulle caratteristiche dei datteri, noccioli e polpa che goloso com’era lo avranno certamente interessato, poi aggiunge: “Per il resto si sostiene che in un bosco di crescita naturale le palme femmine, prive di maschi, non procreano e che altrove ondeggiano in gran numero intorno ad ogni singolo maschio, piegando su di lui le carezzevoli fronde. Quello irto, drizza il suo fogliame e le feconda tutte, con le esalazioni, con la sua sola vista e anche con la sua polvere: se lo si taglia, le femmine, ridotte in vedovanza, diventano sterili. A tal punto si spinge il senso dell’accoppiamento delle palme (adeoque est veneris intellectus) che l’uomo ha anche escogitato un sistema di fecondazione (ut coitus etiam excogitatus sit ab homine), consistente nello spargere sulle femmine fiori, lanugine, talvolta persino soltanto polvere di palme di sesso maschile (e maribus flore ac lanugine, interim vero tantum pulvere, insperso foeminis).

Plinio era consapevole che esistessero piante di sesso maschile e piante di sesso femminile ma le loro differenze, si fondavano sui caratteri di evidente somiglianza umana. Su questo punto ovviamente si sbagliava, mentre aveva ben chiara l’importanza dei frutti in base alla loro diversità, e dei semi per la conservazione delle specie. Non sono casuali le citazioni e le descrizioni di fichi, datteri, pinoli. Plinio era un’enciclopedia sui pinoli, sapeva dove si trovavano le pinete e quali pini producevano i migliori. I Romani che usavano il miele ovunque, anche nel vino, prediligevano i dolci fatti con miele, pinoli e altri frutti.

Gli alberi mas si distinguevano da quelli foemina per l’aspetto, la leggiadria, la robustezza. Plinio notava che l’edera maschio aveva un grosso tronco, le foglie più grandi ed i fiori non profumati rispetto all’edera femmina. Il cipresso di sesso maschile era lungo e diritto, mentre il cipresso femmina era più basso e più largo, per effetto della chioma espansa e della ramificazione orizzontale. In qualche caso ricorreva alla fantasia e alla sua amabile ingenuità: l’abete femmina aveva il fogliame come una piuma d’uccello, fitto in modo da non lasciar passare la pioggia e con un aspetto atque hilarior in totum, in genere ridente.

Anthurium

Anthurium: il fiore interdetto era nei conventi delle Clarisse, forse per lo spadice longilineo dell’infiorescenza.

 Amorphophallus titanus. Tris

Amorphophallus titanum, in tre stadi di sviluppo, è una delle attrazioni dei Kew Gardens londinesi, sempre circondato dai visitatori. Sotto, a New York, al Brooklyn Botanical Garden

Amorphophallus_titanus.2

 

Phallus impudicus

Il celeberrimo Phallus impudicus, fungo Basidiomicete notissimo per la sua forma fallica e per l’odore sgradevole che emana. È commestibile, quindi qualcuno l’ha assaggiato

1 Comment

1 Comments

  1. Silverio Lamonica

    17 Gennaio 2015 at 21:06

    Questo sonetto mi è stato ispirato dalla lettura dell’interessante articolo di Giuseppe Massari

    Sesso vegetale
    Si sa, fin dall’infanzia, che le piante
    son maschi alcune ed altre femminili,
    ma tutte quante, molto signorili,
    hanno un aspetto tanto affascinante.
    Molte hanno un fiore, bello ed ammiccante,
    in cui gli stami s’ergono virili,
    spargono intorno polveri sottili
    con slancio generoso e appassionante.

    La pianta “lei” che s’apre a quel richiamo,
    mostra il pistillo a forma di campana;
    sembra esclamare: “Ecco ciò che bramo!”
    in una foga languida ed arcana.
    Non ci sarebbe frutto, lo sappiamo,
    se non ci fosse l’ape, la ruffiana.

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