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Ballata delle barche attraccate
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Nel porto attraccate
sono un corpo di ballo,
fremono tese
e il mare le sbalza.
Si muovono al ritmo
dell’andar di levante,
che nel chiuso dei moli
prende passo di danza.
Muove gli scafi
come ballerine.
Un due tre,
avanti e indré.
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Alla banchina
manca lo spazio,
nessuna può fare
sfoggio di sé,
insieme si muovono
seguendo l’onda,
l’ancora tiene
la prua sprofonda.
Cigola acre una sartìa,
un parabordo forte si strizza,
fra le murate c’è poco interstizio.
Un due tre
avanti e indré.
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L’onda ritorna
le fa sculettare,
poi inchinare
indi quietare.
Passa al Mamozio un poco annoiata,
al Molo Musco
è già rassegnata.
Aspetta il sussulto
che sopravviene,
rifà la figura
e attende serena.
Un due tre
avanti e indré
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Le belle barchette,
strette strette,
stan tutte attendendo
che all’orco marino
passi la boria
e ritorni carino.
Ora si adeguano,
ai marosi si chinano,
fanno persino
il salto cambré.
Un due tre
avanti e indré.
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Nel porto, si sa,
s’impone il decoro.
Troppi legami le tengono a freno,
poco lo spazio per colpi di reni.
Non mancheranno di misurarsi
col mare, al largo,
da pari a pari.
Lì posson giostrare,
senza pudori,
senza legacci,
sol inseguendo l’ onore.