Alla notizia che in giro c’era un libro di memorie, “Le avventure di un mancino”, scritto da un ponzese emigrato ragazzino negli Stati Uniti, Ralph De Falco, la mia curiosità è stata forte.
Le informazioni provenienti dalla casa editrice americana mi lasciavano sperare di trovare l’anteprima in internet e così è stato.
Ora, le letture in anteprima, attraverso Google books, sono sempre molto tentatrici. In genere sono disponibili le parti migliori e non riesci a cogliere del tutto il senso del romanzo o del saggio. Puoi giudicare la forma, la matrice narrativa, ma già quando arrivi al mondo dei sentimenti la lettura resta parziale, monca.
Infatti, è stata una lettura tutta di un fiato ed ho cercato di procurarmi il libro per… vedere come andava a finire.
Dal titolo non diresti mai che le pagine rimandano il ricordo affettuoso di un ponzese che ha lasciato la sua Ponza, dove era nato nel 1943, ancora adolescente per affrontare il grande magma della società statunitense, così variegata e faticosa, ma anche ricca di opportunità per gli immigrati di ogni nazionalità, emergendone con una carriera che l’ha visto diventare ingegnere-capo dell’area progettazione della General Motors.
Ralph – Raffaele – era mancino e nella scuola italiana degli anni ’40-’50, questa caratteristica così naturale era considerata altamente negativa: era immorale perché sovvertiva l’ordine costituito (è la destra la mano che agisce) e peccatrice perché era segno del diavolo (i buoni sono alla destra del Padre), pertanto a scuola veniva sonoramente bacchettato.
Il piccolo Raffaele era continuamente mortificato e, nonostante la grande applicazione, non riusciva ad ottenere una resa soddisfacente, tanto da essere giudicato poco intelligente dagli insegnanti, giudizio a cui si affidò del tutto sua madre per cui, quando si trasferirono in America, mentre iscrisse il figlio più piccolo ad una scuola privata che dava garanzie di serietà, mandò Raffaele alla scuola pubblica, gratuita e poco efficace, pensando che tanto non sarebbe valsa la pena di spenderci qualcosa.
Ma a New York, dove i bambini alla scuola pubblica erano liberi di scrivere con la mano che prediligevano, Raffaele imparò, prima pian piano e poi più velocemente, a diventare Ralph.
I capitoletti della prima parte, in cui sono narrati, attraverso la lente del ricordo, i primi anni della sua vita a Ponza, sono pagine accattivanti perché piene di quegli aspetti che caratterizzavano la nostra isola negli anni ’40-’50.
Vivere e crescere a contatto con la natura, in particolare col mare, lascia un’impronta indelebile nell’animo di Raffaele e dallo scavo della memoria emergono anche figure per lui molto importanti come il maestro Valiante o Stanisio che faceva il carpentiere a S. Antonio.
Nella narrazione vi sono spaccati della Ponza di allora che ce la fanno assaporare nella sua semplicità, ma anche nella sua durezza di vita.
Attraverso le figure della sua famiglia, dalla madre alla prozia Lucrezia, Ralph ricostruisce anche un pezzo di storia di Ponza che arriva fino a metà ‘800, dal bisnonno garibaldino al commerciante Fabrizio, ad Antonio D’Arco che fonda la colonia ponzese alla Galite.
Il contenuto è senz’altro interessante tanto che la lettura scorre agevolmente nonostante una forma non sempre gradevole e corretta. Gli spunti di discussione e riflessione sono diversi: dalla figura della madre, ai rapporti fra ragazzi, alle prime battute di pesca, al lavoro a Palmarola…
Le altre sei parti del libro riportano le successive fasi della sua vita.
Lo troviamo adolescente con la necessità di imparare la nuova lingua e integrarsi, con i primi lavoretti per guadagnare, fino alla fine della sua carriera, quando, andato in pensione, decide di tornare ogni anno in Italia per conoscerla bene.
Il ricordo della vita americana di Ralph è meno accattivante di quella ponzese, anzi a tratti si presenta un po’ noioso, ma in alcune pagine presenta spunti interessanti per comprendere le differenze fra la cultura e la società italiana di allora e quella statunitense (i sistemi scolastici, le modalità diverse di frequentare i corsi universitari, le tutele in ambienti lavorativi, il sistema sanitario, la facilità o meno di cambiare lavoro, ecc.).
I problemi dell’emigrato adolescente non sono insormontabili: la mente è nel pieno dell’allenamento ad apprendere, le forze fisiche consentono di affrontare lo studio e il lavoro contemporaneamente, anche se la reazione psicologica agli attacchi di bullismo non sempre riesce a rafforzare l’io del ragazzo.
Fra le righe si leggono anche le ansie e la fatica di chi negli USA ci è arrivato da adulto e con le responsabilità della famiglia.
In Ralph, tutto accade con esiti positivi.
Di certo l’Autore ha un forte senso di sé – probabilmente è la sua rivincita per essere stato, in quanto mancino, trattato da “disabile” – e, solo nel primissimo periodo americano, guarda con nostalgia alla Ponza che ha lasciato.
È vero che quando torna nel 1998, parla di ritorno alle radici e afferma di sentire molto “la mancanza di Ponza”, ma, in realtà durante la vita americana non ci sono richiami al periodo ponzese.
La sua integrazione, avvenuta senza traumi, non gli ha lasciato spazi per pensare di poter tornare indietro. La sua casa è in America ed è lì che si proiettano i suoi desideri e le sue aspirazioni.
Ma, se vogliamo, Ralph resta un po’ un ponzese d’altri tempi, perché come tanti emigrati in America, la moglie la trova in Italia, nel giro delle parentele.
Ha alle spalle un divorzio ed un figlio e, quando nel 1974, torna per la seconda volta in Italia, sua sorella si preoccupa di non farlo tornare scapolo negli Stati Uniti.
Ralph decide che la ragazza che gli viene proposta gli va bene: gli piace ed in breve nasce anche l’affetto. E il matrimonio riuscirà bene, come tanti altri nati allo stesso modo.
Anche se la scorrevolezza della lettura trova qualche ostacolo in una forma che risente della fatica della traduzione e in qualche refuso che la correzione delle bozze non ha eliminato, questo libro di memorie può essere utile a ricostruire quella rete con i nostri emigrati di oltreoceano, di cui abbiamo parlato altrove, per recuperare alla nostra conoscenza le fatiche, le paure, i sogni, gli imprevisti, le nostalgie, l’oblìo, le conquiste, le sconfitte che hanno affrontato coloro che abbiamo visto partire e, nel corso degli anni, abbiamo ricordato sempre della stessa età del momento della partenza, col piede sul piroscafo, mentre noi restavamo qui: noi a muoverci e vivere nel nostro mondo conosciuto, loro a fare chissà cosa nel loro nuovo mondo sconosciuto.
Nota
Una presentazione in anteprima del libro di Ralph De Falco è già comparsa sul sito: leggi qui