di Adriano Madonna
Il ritrovamento di una lepre di mare sulla Spiaggia di San Silverio, a Palmarola, mi suggerisce la pubblicazione di questa chiacchierata sui molluschi gasteropodi.
A.M.
Insieme con i bivalvi, i gasteropodi sono i molluschi più comuni e più conosciuti da chi frequenta il pianeta sommerso. Scopriamone tutte le caratteristiche.
Gli antichi navigatori segnalavano la presenza delle loro navi e comunicavano tra loro mediante suoni ricavati soffiando nella conchiglia di un grosso tritone e ciò spiega la presenza dei molluschi gasteropodi nella civiltà dell’uomo sin dalle sue epoche più remote.
Delle sette classi in cui si divide il philum dei molluschi (aplacofori, monoplacofori, poliplacofori, scafopodi, bivalvi, gasteropodi e cefalopodi), quella dei gasteropodi comprende circa quarantamila specie viventi (oltre a circa venticinquemila specie fossili risalenti a tutti i periodi geologici), dalle più piccole lumache di mare ai grandi, succitati tritoni, agli opistobranchi, come la lepre di mare, ai minuscoli e colorati nudibranchi. Una nota di curiosità è che i gasteropodi sono l’unica classe di molluschi che abbia rappresentanti terrestri, come la chiocciola e la lumaca.
Ma che cosa sono e come sono fatti i gasteropodi? Per quanto riguarda quelli provvisti di conchiglia, a grandi linee possiamo dire che tutti i molluschi con la conchiglia in un unico pezzo (valva) sono gasteropodi: ad esempio, le patelle sono gasteropodi, così come i murici, le littorine ecc.
La torsione dei visceri
Oltre alla conchiglia in un’unica valva e avvolta a spirale, la maggior parte dei gasteropodi presenta le parti del corpo asimmetriche. Inoltre, allo stadio larvale questi animali subiscono una torsione del corpo (chiastoneurìa), poiché i muscoli del lato destro si sviluppano prima di quelli del lato sinistro. Ciò comporta che mentre prima della torsione il capo era rivolto in avanti, in seguito al fenomeno l’ano e le branchie vanno a situarsi al di sopra del capo. Il motivo che giustifica la necessità funzionale della chiastoneurìa nei gasteropodi non è ancora ben chiaro: si fanno, quindi, delle ipotesi, tra cui quella più accreditata spiega come le branchie, rivolgendosi in avanti, possano essere maggiormente ventilate dal flusso d’acqua non perturbata in opposizione all’animale. La maggior parte degli zoologi, invece, vede nella chiastoneurìa un sistema per proteggere il capo: in caso di pericolo, infatti, esso può essere retratto nella conchiglia prima di altri organi, come il piede (privo parzialmente del piede, un gasteropode può vivere. Perdere il capo, invece, significa morire!).
Resta il fatto che la torsione dei visceri comporta anche degli inconvenienti: avere l’ano vicino alla bocca e alle branchie, infatti, significa per l’animale soffrire di problemi di contaminazione e, in alcune situazioni, addirittura di intasamento dell’apparato branchiale. A tal proposito, gli zoologi affermano che tanta della evoluzione dei gasteropodi ha interessato la risoluzione di questo problema legato alla torsione dei visceri: nel tempo, infatti, il corpo si è “aggiustato” in maniera tale da far sì che la corrente d’acqua fluente nel verso opposto alla bocca e alle branchie porti via il materiale fecale.
Tre ordini
In funzione della struttura e della posizione dell’apparato branchiale, i gasteropodi sono stati divisi in tre sottogruppi (o ordini): i prosobranchi, gli opistobranchi e i polmonati.
I prosobranchi sono il sottogruppo più numeroso: annovera, infatti, circa trentamila specie ed è costituito dai gasteropodi dotati di conchiglia esterna. All’interno di questo sottogruppo si distinguono i prosobranchi erbivori, come la Haliotis, comunemente nota come orecchio di Nettuno,
e le patelle, e i prosobranchi carnivori, come i gasteropodi dei generi Cypraea, Buccinum e Murex.
Ovviamente, tra erbivori e carnivori esistono delle differenze anatomiche date dalla diversa natura del cibo e dalle differenti maniere di procacciarselo: gli erbivori, infatti, hanno un piede piatto e a ventosa, che fa aderire l’animale al substrato consentendogli di “brucare” le microalghe. Quello dei carnivori, invece, è in grado di conformarsi in maniera diversa a seconda delle situazioni e spesso è protetto da un duro opercolo: quando, infatti, il piede si ritrae nella conchiglia, il foro di ingresso viene perfettamente chiuso dall’opercolo.
Per rendersi conto di tutto ciò, basta spingersi su un fondale sedimentoso e osservare un murice. Lo vedremo scivolare molto lentamente sul substrato con il piede estroflesso e l’opercolo all’esterno, in posizione laterale. Provate a disturbarlo, magari afferrandolo e girandolo sottosopra: il piede si ritirerà all’interno della conchiglia e l’opercolo andrà a chiudere perfettamente la “porta di casa”.
Riuscendo a dare uno sguardo sul fondo di un porto peschereccio, dove di solito abbondano i resti del pescato, ci si renderà conto che i murici (tra i più antichi e celebrati gasteropodi della storia, essendo i molluschi con cui si produceva la porpora) sono dei formidabili carnivori: non ci sono pesci morti o carogne di animali che non abbondino di murici a grappolo che si cibano delle loro carni.
Il secondo sottogruppo in cui si dividono i gasteropodi è quello degli opistobranchi. Singolare e interessante è la storia evolutiva degli opistobranchi, che, a quanto pare, a una prima torsione del corpo hanno “risposto” con una detorsione, tant’è che la maggior parte delle specie di questo sottogruppo (come la lepre di mare) presenta una “normale” simmetria bilaterale. Le branchie della maggior parte degli opistobranchi sono molto ridotte come dimensioni e gli scambi gassosi sono prevalentemente epidermici.
Agli opistobranchi appartiene il sottordine dei nudibrabchi e… chi non li conosce! Sono certamente i primi attori delle immersioni degli “amanti del minuscolo”, con i loro colori incredibili. I nudibranchi, in tutti i mari del mondo, sono migliaia di specie, ma certamente non si conoscono tutte, perché, di tanto in tanto, ne viene fuori qualcuna che non era mai stata vista né classificata prima. Dei nudibranchi possiamo dire che si distinguono in doridacei ed eolidacei. I primi presentano un organo respiratorio a forma di pennacchio (il ventaglio respiratorio) e retrattile (l’animale lo ritira velocemente quando avverte un pericolo). Gli eolidacei, invece, presentano organi respiratori come sottili appendici (non retrattili) sparse lungo il corpo.
Gli studiosi di strategie comportamentali asseriscono che i colori dei nudibranchi non siano casuali, bensì funzionali ai fini della sopravvivenza: con un certo codice formato da abbinamenti cromatici precisi, infatti, questi animali “avvertono” potenziali aggressori della loro tossicità, tenendoli lontani.
I polmonati (terzo sottogruppo), con circa settemila specie, non posseggono branchie bensì un particolare apparato respiratorio che consente loro un adattamento alla vita all’asciutto. Molte specie vivono in acque dolci, alcune sono marine.
Come si riproducono
La maggior parte dei gasteropodi presenta fecondazione interna: avviene, dunque, una vera e propria copula, con inserimento di spematozoi all’interno dell’apparato riproduttivo della femmina. Se questa estate osserverete il “mondo del minuscolo” con occhi attenti, è facile che vi capiterà di vedere una coppia di nudibranchi glossodoridi durante l’accoppiamento.
Presentando, la femmina, una sola gonade sul lato destro e il maschio il proprio apparato sessuale ugualmente sul lato destro, i due animali si avvicinano disponendosi nel senso “testa-coda”, sì che possano entrare in contatto.
Il secondo stadio della riproduzione è la deposizione delle uova e ogni specie “ha le sue uova”: ad esempio, i nudibranchi emettono uova inglobate in nastri mucosi a spirale, con colorazioni diverse a seconda delle specie. Si diceva che il colore delle uova fosse uguale a quello del nudibranco che le emette, ma ciò non risponde a verità.
Le lepri di mare (Aplysia sp.) producono uova che assomigliano a grovigli di spaghetti al pomodoro e i murici macroscopiche masse di cilindretti, chiusi superiormente da una sorta di tappo. Alla schiusa, i cilindretti si aprono (salta il tappo!) e viene fuori una larva. Nella maggior parte dei casi questa si trasforma in una seconda larva, che, dopo una fase di vita planctonica, atterra sul fondo ed effettua la mertamorfosi in individuo adulto.
Tornando alle uova di murice, chissà quante volte molti di voi le hanno viste ma non le hanno riconosciute! Assomigliano, infatti, ad agglomerati più o meno globosi e di colore biancastro, che possono essere confusi con delle spugne (con un po’ di fantasia). Altre volte è facile trovare i resti delle uova di murice sulle spiagge. Perché? In realtà, accade questo: quando i cilindretti si aprono e fuoriesce la larva, l’agglomerato di uova (i gusci) si alleggerisce e sale a galla. Di qua, il moto ondoso lo trasporta riva, dove c’è sempre qualcuno che crede si tratti di una spugna.
Homing e territorialità
L’homing praticamente è il “ritorno a casa”, mentre la territorialità è “il possesso” di un’area dove si svolge la vita di un essere vivente. I gasteropodi, nonostante siano organismi con un sistema nervoso molto semplice (due gangli cerebrali, due gangli nel mantello, due gangli viscerali e un paio di connessure cerebrali), presentano, sorprendentemente, un comportamento che potremmo definire complesso. In quanto all’homing, esso è stato studiato in particolare nelle specie di gasteropodi viventi nella zona intertidale, cioè quella interessata dal flusso e dal riflusso della marea. Questi gasteropodi, dunque, durante l’alta marea pascolano in un “territorio di alimentazione”, per ritirarsi, poi, durante la bassa marea, in una cavità del fondo (un sito di casa) di difficile ingresso e, quindi, di grande protezione. Ovviamente, in ragione del lento deambulare dei gasteropodi, i “siti di casa” sono molto vicini ai “territori di alimentazione”.
Il ritorno a casa può avvenire seguendo a ritroso la propria scia di muco, ma sembra che vi siano anche altri segnali, attualmente ancora sconosciuti, che dettano questa sorta di orientamento. Magari, un domani si scopriranno cose straordinarie in relazione a ciò, quindi sarà meglio non sottovalutare animali apparentemente semplici e “primitivi” come i gasteropodi, dai quali alcuni evoluzionisti ipotizzano che potrebbe avere avuto origine addirittura lo straordinario polpo “dal multiforme ingegno”.
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Dott. Adriano Madonna, Biologo Marino, ECLab Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Bibliografia
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