di Cristina Marotta
Inseguendo il suo pianoforte per le strade di Ventotene, Cristina Marotta ha intervistato Giovanni Cocco, uno dei partecipanti a Gita al Faro, il festival letterario che si è svolto dal 23 al 28 giugno.
Giovanni Cocco è nato a Como nel 1976. Vive a Lenno, sulla sponda occidentale del Lario.
La Caduta, il suo primo romanzo, edito da Nutrimenti, è tra i finalisti del premio Campiello..
Cristina Marotta: Com’è stata questa esperienza?
Giovanni Cocco: Esperienza stimolante, settimana di lavoro e di vacanza. La cosa più incredibile è stata la complicità che si è creata con alcuni scrittori.
Prima di partire avevo il terrore di incontrare Michele Mari, uno degli autori che amo di più. Ma come spesso accade nella vita ecco la sorpresa: coloro che dovrebbero guardarti dall’alto in basso si dimostrano persone semplici, alla mano. Il momento più emozionante è stata la visita all’isola di Santo Stefano.
La storia del Direttore Peruccatti fornisce spunti per un romanzo.
CM: Confino e letteratura: perché il confino non ha prodotto grandi testi letterari, se si esclude la memorialistica?
GC: Potremmo allargare la questione e domandarci perché la guerra non ha creato grandi testi letterari. Il Calvino de “I sentieri dei nidi di ragno” è un Calvino minore, che ha poco a che vedere con l’autore successivo. E’ probabile che la risposta abbia a che vedere con la difficoltà che molti autori hanno incontrato, negli anni successivi alla guerra, a prendere le distanze da una letteratura “neo-realistica”.
CM: La formula del festival prevede che gli autori scrivano un racconto, durante i giorni trascorsi a Ventotene. Cosa hai prodotto?
GC: Una storia d’amore ambientata all’inizio degli anni ’50 e ricordata, attraverso la voce narrante, a mezzo secolo di distanza.
Immagine di copertina: il piano di Cristina e Valerio Vilar