Abbiamo ricevuto da Salvatore due scritti a distanza di pochi giorni.
Nel primo (leggi qui) ci ha partecipato l’annuncio, ai suoi parenti ponzesi, di non poter venire quest’anno a Ponza per la festività del Santo; nel secondo invia un ricordo della festività com’era una volta e come l’ha vissuta lui da bambino (Salvatore ha adesso 85 anni).
l.R.
La vita vissuta solo al presente sarebbe sterile e vuota; sono i ricordi, le esperienze passate, la memoria delle cose belle ad arricchirla, dandoci il senso di averla visuta appieno.
Desidero dedicare con la più grande devozione questo mio sprazzo di memoria al nostro caro Patrono San Silverio e alla memoria di mio padre che, come tutti i ponzesi veraci, Gli era devotissimo.
S.D.M
La processione
Il giorno atteso era finalmente venuto. Noi ragazzini che stavamo nella casa dei nonni sopra i Conti, fummo svegliati dallo sparo di mortaretti e da un lontano suono di banda musicale; quindi dalla voce della mamma che ci diceva:
Aizzateve… ’a Diana è arrivata a Santa Maria… bisogna prepararsi per andare alla processione”.
I nonni gli zii e mio padre erano già pronti in attesa dei parenti della nonna Lucia che venivano dalle Forna per partecipare alla festa.
Gli ospiti arrivavano muniti di cospicui vettovagliamenti tra i quali spiccava un particolare spezzatino di coniglio con piselli e patate, molto apprezzato da mio padre, in quanto era loro intenzione, dopo la processione, festeggiare degnamente, tutti insieme, a tavola.
Noi ragazzini, il sottoscritto e mia sorella più grande, dopo colazione: “fresella” ammorbidita nel latte di capra appena munto, accompagnati da nostro padre, seguivamo “i grandi”che si erano già avviati verso la Chiesa Madre per assistere alla messa cantata; arrivavamo sul sagrato della chiesa per essere presenti all’uscita solenne del simulacro.
La banda municipale era già schierata per suonare “l’inno”. Ecco, al momento stabilito, la statua di San Silverio usciva dalla chiesa nella sua bella barca inondata di garofani rossi e Lui in abiti pontificali con la tiara dorata, la croce patriarcale e addosso gli ex-voto preziosi che i fedeli, riconoscenti, gli hanno donato.
Non si può descrivere appieno questo momento: musica, spari di mortaretti, invocazioni, battiti di mani e tanta commozione, in particolare da parte dei molti anziani presenti.
Nella nostra fantasia di fanciulli ci immaginavamo che San Silverio sorridesse e ci dicesse auanto era felice, in questa luminosa giornata di giugno, di poter andare, accompagnato dal fervore e dalla gioia dei suoi figli ponzesi, a visitare i rioni più importanti della Sua isola.
Noi bambini col nostro padre non andavano in processione ma, sistemati sulla balconata che sovrasta il molo, la seguivamo dagli scoppi dei mortaretti e dei fuochi artificiali che quasi ininterrottamente venivano sparati durante il suo percorso, e babbo “con competenza” ci informava:
– Chest’è ’a battarìa ’i Sant’Antuòne… chest’è ’a battarìa ’i Giancòss… e chest’è ’a battarìa ’i Santa Maria…
Poi con un sorrisetto diceva: Vedrete e sentirete, quando arriverà al molo per imbarcarsi su uno dei bastimenti all’uopo preparati apposta per Lui …’a battarìa d’u Puort’ (lui era del porto) e frattanto ci informava, con la sua fede semplice, che i ponzesi erano fortunati ad avere in Paradiso un Santo protettore molto importante perché oltre che essere martire era pure Papa.
Al ritorno del Santo per imbarcarsi sul bastimento ed essere portato al centro del golfo per la benedizione del mare, effettivamente la batteria del porto era veramente straordinaria: fuochi, mortaretti, tric-trac che ci facevano deliziosamente tremare di paura…
San Silverio si imbarcava seguito da centinaia di natanti di tutte le specie e salutato dal suono delle sirene dei piroscafi nel porto, si portava al centro del golfo per benedire, il mare, la sua Ponza, i figli ponzesi e tutti i suoi devoti sparsi per il mondo che lo invocano… “Gran Santo Venerato… per noi molto far puoi in ogni evento”.