di Francesco De Luca
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L’estate si insedia solennemente nel circuito dell’anno solare. A Ponza la spiaggia di Chiaiadiluna diviene punto di domanda insistente, termine di paragone col passato, oggetto di desiderio.
F.D.L.
“Il giorno si è impadronito del cielo e passerà tempo per vederne la fine. In giugno il sole s’attarda prima di abbandonare la volta celeste. La baia di Chiaiadiluna esprime la sua bellezza. Essendo interdetta ai bagnanti mostra netta la curva del suo arenile. Nessuno rompe la calma. La falesia la ripara dal centro abitato, il mare non è ancora infestato dalle barche alla fonda.
Il canottino scivola sulla superficie che si abbellisce del chiarore del fondale, e i due incamerano nella mente uno scenario che non scorderanno più.
Si avvicinano alla riva e le boe gialle di interdizione deturpano l’idillio che stavano vivendo. La visione delle reti di ferro aggrappate alle pareti cassano ogni bellezza. Sono arrugginite, sono addossate l’una all’altra, danno l’idea di una pelle vecchia, rugosa e sporca, pronta a squamarsi.
Come è avvenuto che una autentica bellezza naturale, unica, possa essere diventata una vergogna per i Ponzesi? Dichiarata pericolosa, vietata la balneazione, impedito il semplice accesso!
E il tunnel romano? Faceva accapponare la pelle per il vento che compariva non appena s’apriva l’uscita sulla spiaggia. Immancabilmente!
È per questo che fiorirono presso il popolo dicerie di visioni magiche, di presenze aeree! E nelle sere d’agosto, si forzava ogni pudore e, con la luna insolitamente rossa, ci si tuffava nudi nell’acqua nera e tiepida.
Quale stupidità ha vinto su quella meraviglia ?
I due ragazzi udranno come improbabile diceria che lì, nei mesi caldi, inaspettatamente spiaggiavano calamaretti fra le gambe dei bagnanti; che lì in autunno Pasquale “bù” veniva con l’asino a riempire le sacche di quell’alga scura – no posidonia! – trasportata dai marosi, buona per concimare la terra; che lì Enrico offriva la pezzetta imbevuta d’olio ai forestieri che s’erano inzaccherati di pece. Udranno come una favola che il buon Enrico, negli anni della pensione, si dedicava agli svaghi in una grotta proprio accanto all’arco d’ accesso alla spiaggia. Trascorreva il tempo lavorando il legno che il mare gli regalava. In estate però non era possibile concentrarsi su nulla, distratto e attratto dalle frotte di turisti che si recavano al bagno a Chiaiadiluna, dato che è spiaggia accessibile a piedi.
Nell’andarsene però lamentavano d’essersi sporcati di pece, presa camminando fra le pietruzze. Questo disagio dei turisti Enrico non lo tollerò, e ancor più le loro maldicenze. Invitava, chi volesse, a detergere le macchie nere con una pezzetta imbevuta di olio. Sorridente il viso, cordiale l’invito, augurale il saluto. Un signore, Enrico!
La magia della cala rivive nelle imprese di Danilo e Gennaro. Hanno riallacciato i fili di una relazione antica fra gli isolani e il mare attraverso la colorita pratica della pesca.
Sarà capace l’economia del consumo turistico di impedire atti di tale autenticità? Nulla è scritto nel libro del futuro, come suggerisce quel gabbiano che con ampie falcate graffia il cielo.
Qui, dopo un lungo percorso, il sole va ad accucciarsi dietro Palmarola. Cerca riposo. Ci va lentamente. Prima intensifica il luccichìo, diventato arancione, e lo diffonde. Pian piano lo restringe intorno a sé e staglia la sagoma di Palmarola.
La parete a picco di Chiaiadiluna si irrora di arancione per pochi minuti e poi, mentre l’astro si china, scendono le ombre dall’alto e la spiaggia si scura.
Nella balconata in alto, lì dove si viene a godere del tramonto, i giovani in amore si abbracciano per sugellare l’incontro con una visione indelebile.
A distanza di anni nella memoria rimarrà vivida la fusione fra questa natura e i sentimenti”.
Da “Frammenti di umanità” di Francesco De Luca – Edizione Isolaitudine – Ponza 2014
silverio lamonica1
17 Giugno 2014 at 09:45
CHIAIA DI LUNA
O Chiaia di Luna,
seno di mare ermo e falcato,
nelle acque tue limpide
i sogni dei nostri cuori si specchiano
e tu li culli
con il lene murmure
delle onde.
La parete a picco
levigata e varia del colle
come in preziosa aliotide
il nostro amore custodisce e voi,
mare arenile
passeri nel vespero
canori.
E’ arcana malìa
tra intense fragranze marine
in tanta solitudine
lasciar librarsi nell’azzurro immenso
del desiderio
di essere un sol essere,
mia Traude.
Tommaso Lamonica da “Isole e Acque” Lalli edit. 1977
vincenzo
17 Giugno 2014 at 16:51
KAHLIL GIBRAN – Poesia
Per sempre me ne andrò per questi lidi,
Tra la sabbia e la schiuma del mare.
L’alta marea cancellerà le mie impronte,
E il vento disperderà la schiuma.
Ma il mare e la spiaggia dureranno
In eterno.
antonio scotti
23 Giugno 2014 at 22:51
Una poesia di Maiuri su Ponza declamava”
” Di colli e di scoscese repentine
di falcati strabiombi e di burroni
Policroma di rocce e faraglione Ponza si
SPECCHIA NELLE SUE MARINE (?)
Ma quali? non ne sono rimaste poi molte (?)
“Ahi serva Ponza di mancanza di spiaggia ostello / non isola di bellezza ma…” parafrasando il sommo Poeta
Ai Ponzesi l’ardua sentenza: far sì che Ponza rinasca come l’araba fenice dalle sue ceneri e possa offrire lo specchio delle sue MARINE e non perire nelle sue ceneri.
silverio lamonica1
24 Giugno 2014 at 10:37
Mi permetto correggere l’amico Antonio Scotti: la poesia citata non è di Maiuri ma del Dr. Silverio D’Atri in “Faville dell’Anima”.