di Paolo Iannuccelli
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Ospitiamo volentieri questo scritto di Paolo Iannuccelli e la corrispondenza che ha voluto annettervi, oltre che per la sua assidua collaborazione con il ns sito e per la contiguità territoriale con i fatti narrati, perché la vicenda illustra un aspetto della questione “pubblico/privato” dibattuta nelle scorse settimane su queste pagine.
La Redazione
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Quando l’amico giornalista Romano Rossi – un cultore dell’Agro Pontino – mi mostrò una cartolina a colori datata 1958, con scritto “Latina, saluti dalle Terme di Fogliano”, rimasi sconcertato, non sapevo che erano state in attività, ho guardato con interesse quella foto con persone che si stavano curando allegramente a Capo Portiere.
Non mi sono più interessato a quelle terme, ho sentito parlare di società Condotte, di pignoramenti, di azioni legali, tante polemiche, seguendo sempre il tutto con molto distacco, quasi disinteresse.
L’altro giorno ho incontrato al bar San Marco quel diavolo e discolo di Luigi Coletta, attenta memoria storica della città, che mi ha davvero incantato con un suo racconto, un vulcano in eruzione nel farmi conoscere la vera storia delle terme di Fogliano e delle sue terme. In quel frangente ho pensato di nuovo a Romano Rossi ed alle sue migliaia di cartoline che parlano più di ogni altra cosa di Littoria e Latina, sono un tesoro da valorizzare.
Luigi Coletta, 72 anni ben portati, termoidraulico di via Romagnoli, racconta così la sua esperienza:
«Primo dopoguerra. Nei pressi dell’idrovora di Capo Portiere, durante la perforazione per i sondaggi promossi dal presidente dell’Eni Enrico Mattei per la ricerca di gas o petrolio nell’ex palude pontina, si diffuse la notizia che un getto d’acqua solforosa bollente ad alta pressione fuoriusciva da un foro di diametro di circa 20 centimetri di un pozzo trivellato a 100 metri dalla spiaggia per una profondità di 1.100 metri.
Questo zampillo alto circa 20 metri, alimentato giorno e notte, fu oggetto di curiosità e di attenzioni. Ricordo che giovani e meno giovani si divertivano a passarci sotto a mo di doccia, alcuni rimediando qualche scottatura. Gli odori di zolfo, emanati dalla fonte del getto, venivano trasportati dal vento e si avvertivano in un largo raggio.
La potenza, la quantità e la temperatura di quel getto erano tali che i tecnici perforatori non riuscirono in alcun modo ad imbrigliarlo. Si disse che la sonda aveva sfondato una vena d’acqua chiamato fiume sotterraneo e non una falda. Non fu più possibile recuperare la sonda.
Per questo abbandonarono il pozzo, lasciando questo getto aperto e inutilizzato per anni. Al quel tempo il posto era poco abitato, gli unici fabbricati erano la casa cantoniera, l’idrovora adiacente l’osteria Zia Maddalena, un podere Onc. Ad una attenta analisi dell’acqua, si disse che le caratteristiche salsobromoiodiche erano utili per la cura delle malattie della pelle, eczema, psoriasi, reumatologiche”.
Luigi Coletta è un fiume in piena, nemmeno un prosecco ghiacciato che gli propongono in una giornata caldissima lo riesce a fermare seduto davanti al bar di corso della Repubblica. Sa tutto, più di tutti. Prosegue così, senza tralasciare nulla al caso, lo sguardo s’illumina:
“Si costituì una società termale e sotto la direzione del commendator Cimaglia, assistito dalla segretaria Fernanda, si iniziò la costruzione delle cabine termali complete di tavole per fangatura e vasche tuttora esistenti, per la sperimentazione delle future terme. Il guardiano della struttura era Mario Campanari, un mio amico carissimo. La sede operativa era la costruzione bassa ex colonia marina anteguerra (attuale Hotel Fogliano). Tra il getto del pozzo e le cabine furono installati una dozzina di serbatoi per il recupero dell’acqua che ricadeva e che, decantando, rilasciava sul fondo delle vasche i fanghi che si utilizzavano per le fangoterapie. L’eccedenza dell’acqua delle cisterne veniva incanalata in tubazioni di plastica da 8 cm, prodotte dallo stabilimento Pozzi di via San Carlo da Sezze a Latina, che alimentavano le singole vasche nelle cabine. Le stesse tubazioni si ostruivano molto rapidamente a causa dell’enorme quantità di calcio presente nell’acqua, rendendo necessario il continuo rifacimento dell’impianto di alimentazione delle vasche terapeutiche. Questo ruolo fu affidato all’artigiano Enrico Pitton, molto stimato in città, di cui io ero a quel tempo dipendente e di conseguenza esecutore, insieme al mio aiutante e addetto ai fanghi Giancarlo Tanoni, della manutenzione continua degli impianti. Giancarlo era il figlio della signora Maddalena, titolare dell’osteria accanto (Zia Maddalena) ancora oggi esistente, da noi allora utilizzata come mensa”.
La vena di Luigi Coletta non si ferma, è un uomo in piena forma, potrebbe tenere un comizio. Continua con fervore, mentre la gente diventa sempre più numerosa ed appassionata ad ascoltarlo, la storia di Latina piace, è un segnale incoraggiante:
“Le terme di Fogliano funzionarono – conclude Luigi – e furono aperte al pubblico pagante per due anni con ottimi risultati. Ricordo che una persona anziana benestante di quel tempo, dopo aver provato inutilmente svariate cure mediche per guarire da una grave malattia della pelle su tutto il corpo, guarì totalmente grazie ai bagni in quest’acqua miracolosa. La morte improvvisa del commendatore Cimaglia bloccò quest’iniziativa sperimentale e la vicenda finì”. Quello che ora rimane delle terme sono le cabine termali nascoste da un fitto canneto e un pozzo sigillato e recintato da una rete metallica.
Coletta non finirebbe mai di parlare ma l’ora del pranzo ci allontana. Alle prossime cure termali. Ma quando?
La vera storia delle Terme di Fogliano
Caro signor Iannuccelli,
io sono Alberto Cimaglia, figlio del commendator Salvatore Cimaglia, amministratore unico della società S.I.A.M. (Società Italiana acque Minerali), promotore delle Terme di Fogliano, la persona di cui lei parla con mia grande commozione.
Quando nel 1953 mio padre avviò la costruzione delle Terme io ero un bambino di nove anni che giocava in quel cantiere vicino al mare. Un ricordo bello e dolce anche perché legato alla scomparsa di mio padre che morì prematuramente.
Sono molto grato, a lei e al signor Luigi Coletta per aver ricordato quella iniziativa e per aver raccolto i nomi di alcune persone che hanno collaborato con il commendator Cimaglia. Mario Campanari, bersagliere e fisarmonicista, Giancarlo Tanoni, sua madre, zia Maddalena, Fernanda che per la verità non era la segretaria di mio padre ma la direttrice delle ragazze che provvedevano alla somministrazione dell’acqua e dei fanghi. Segretario di mio padre era il simpatico ragionier Bonifazi che si era guadagnato il soprannome di Rigoletto. Le posso assicurare che nessun altro come me può raccontarle “la vera storia delle Terme di Fogliano”, una storia per la verità molto amara.
Assistetti in prima persona alla costruzione delle terme e all’inizio del loro funzionamento e del loro successo. Vidi con i miei occhi la guarigione di un vecchietto mezzo barbone affetto da una pesante forma di eczema che gli aveva invaso tutto il viso e il dorso delle mani, e che mio padre fece curare gratuitamente. Soltanto con l’abluzione in quell’acqua bollente sulfurea salsobromoiodica quella persona guarì completamente.
Le terme cominciarono ad essere conosciute e a vedere i primi ritorni finanziari, provvidenziali per le esigue risorse di mio padre che non avendo finanziamenti esterni stava affrontando pesanti difficoltà e sacrifici.
Tre cause contribuirono a guastare la bella favola delle Terme di Fogliano:
primo: mio padre si ammalò;
secondo: la situazione finanziaria della società cominciò a farsi pesante;
terzo: alcuni politici del comune di Latina iniziarono a rivendicare la gestione delle terme alla pubblica amministrazione.
In parole povere, le terme, per avere garantita una attività più solida e legata al territorio, dovevano diventare comunali; e tanto fecero che ottennero da parte dello Stato la revoca della concessione di 50 anni che la S.I.A.M. aveva ottenuta dalle autorità competenti. Poi mio padre morì e la società passò nelle mani di mia madre, Claudia Carnevali di cui divenne amministratore unico, e del fratello di mio padre Giulio Cimaglia. I debiti furono tutti pagati, la S.I.A.M. non fallì mai, e mia madre fece ricorso al Consiglio di Stato avverso la revoca della concessione. Purtroppo, forse per il fatto che “Ubi maior…”, il Consiglio diede ragione al Comune di Latina e confermò la revoca della concessione alla S.I.A.M.
Così finalmente il Comune di Latina poté rilanciare le Terme di Fogliano “più belle e più forti che pria!” a beneficio di tutta la sua comunità!
Ebbene no, caro signor Iannuccelli. Il Comune di Latina non riuscì mai ad aggiungere una sola pietra a quello che aveva costruito mio padre e che avrebbero portato avanti i suoi eredi. A distanza di più di 50 anni da quegli eventi, ciò che aveva costruito mio padre, come anche lei ha veduto, è ridotto a un rudere pudicamente coperto da una incannucciata, il pozzo si è richiuso e l’area sulla quale sorgeva funge da parcheggio per i clienti degli stabilimenti di fronte.
Ecco la vera storia delle Terme di Fogliano, della quale io conservo alcune rare fotografie che metto a disposizione di chi ne abbia interesse. Una triste storia all’italiana.
Alberto Cimaglia
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Foto di copertina e altra. Lago di Fogliano (LT) in attesa delle foto delle Terme, se il sig. Cimaglia vuole essere così gentile da farle pervenire a Paolo Iannuccelli o in Redazone