di Silverio Lamonica
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Chi è iscritto a Facebook avrà senz’altro appreso la notizia di ripetuti atti vandalici nel plesso scolastico di Cavatella. C’è stata e c’è una riprovazione corale di queste vigliaccate ai danni di una struttura e di una istituzione, la scuola, che andrebbe gelosamente custodita e salvaguardata.
Polina Ambrosino che in quella scuola insegna, ha descritto ampiamente i danni arrecati.
Molti hanno avanzato suggerimenti e proposte: da una maggiore illuminazione alle videocamere pronte a registrare ogni movimento, alla vigilanza volontaria da parte dei cittadini. Anche chi scrive, d’impulso, ha fornito un suggerimento: poiché Ponza dispone di un presidio militare ragguardevole, circa un centinaio di operatori tra carabinieri, finanza, aeronautica, circomare (capitaneria di porto), vigili urbani, forestale, squadra antincendio e probabilmente altro, ci potrebbe essere un coordinamento tra queste forze e sorvegliare meglio il territorio, in modo particolare “i punti sensibili”.
Ma bisogna rendersi conto che le misure di vigilanza da sole non bastano, anzi, il più delle volte, invogliano i malintenzionati a sfidare tali accorgimenti.
Ho letto, sempre su Facebook, che alcuni ritengono responsabili di tali atti i giovani. Se è così – ma personalmente non ne sono pienamente convito – allora noi “adulti” dovremmo coinvolgerli in iniziative sportive, artistiche, ricreative in genere.
Ricordo, anni fa, che il compianto Rino Cordella impegnava i giovani in appassionanti tornei di ping pong, mentre Domenico Musco organizzò con successo le gare di “dragon boat”, oltre al campionato di calcio dilettanti, promosso da Rossano di Loreto (unica iniziativa ancora in piedi, grazie a Biagio Rispoli, ma evidentemente da sola non basta).
In passato, quando tutto quel “fermento sportivo” era in pieno vigore, non si registravano a Ponza azioni tanto riprovevoli.
Occorre ripristinare quelle iniziative – almeno tentare – o quantomeno crearne delle altre. Una a portata di mano potrebbe essere il teatro: coinvolgere gli alunni dei vari ordini di scuola in progetti teatrali (gli istruttori non mancano, considerati i successi delle compagnie teatrali che operano nella nostra isola, oltre alla disponibilità dell’ottimo Francesco Cordella), ma si potrebbero anche ipotizzare corsi di musica: violino, pianoforte, chitarra… a completamento dei corsi già presenti di strumenti a fiato e a percussione, propri della banda musicale, che va comunque potenziata.
Ma potremmo anche avanzare proposte relative a corsi di ceramica.
E’ logico che occorrono fondi per sostenere queste iniziative e chi le ha organizzate, o attualmente le organizza, ne sa qualcosa. Ma qui dovrebbero “entrare in campo” i così detti “operatori turistici”, ma anche privati in genere, con finanziamenti mirati e trasparenti (creando delle ONLUS se ne avvantaggerebbero anche ai fini fiscali). Del resto le riparazioni dei danni nelle scuole vanno ad incidere sulla spesa pubblica e quindi sulle tasse che tutti (comprese le famiglie dei “vandali”) paghiamo.
Un ultimo suggerimento alla scuola ponzese. Proprio su “Latina Oggi” del 15.01.2014, pag. 34, leggo: “La Regione a sostegno della scuola e dei luoghi dell’istruzione” “Fuoriclasse” da premio. In pratica la Regione Lazio organizza bandi per sostenere la scuola e i luoghi della formazione, oltre 100 i progetti già finanziati.
Le prossime scadenze sono il 27 febbraio e il 7 aprile prossimi, ancora disponibili 700.000 euro. Che io sappia gli alunni della scuola di Ponza hanno già effettuato dei progetti molto interessanti, pubblicati anche su questo sito, come “l’erbario” e “le ricette locali”, ma si potrebbero anche ipotizzare altri nell’ambito di “cultura, sport, antirazzismo, solidarietà internazionale, difesa dell’ambiente”, previsti dal medesimo bando, lo stesso progetto sul “Confino Politico” in cui si stanno cimentando gli alunni di III media con il Prof. Pinto, potrebbe partecipare, perché è un progetto “culturale”.
Insomma occorre buona volontà: riportare “i vandali a scuola” per insegnare loro che è molto, ma molto meglio impegnarsi in azioni costruttive, deve essere l’impegno di tutti.
Mimma Califano
17 Gennaio 2014 at 15:26
Non seguendo Facebook, ho appreso solo dall’articolo di Silverio quanto è successo alla scuola elementare della Cavatella alle Forna. Le prime istintive reazioni sono state: incredulità, rabbia, impotenza, ma alla fine il sentimento che è prevalso, è tristezza.
Povero quel paese, quell’epoca e quelle persone (giovani o meno giovani che siano) che per dimostrare di esistere hanno bisogno di distruggere.
Distruzione gratuita, fine a se stessa, come è anche successo in diverse occasioni per il faro della Guardia. Al limite rubare ha un suo senso, ma il vandalismo temo sia solo l’estrinsecazione di altri disagi.
Tempo fa si era parlato di fornire un supporto psicologico almeno per i ragazzi della scuole, ma quel progetto non mi sembra sia mai stato realizzato, forse per la cronica mancanza di fondi, mentre sarebbe assolutamente importante da riprendere. Non sappiamo se i vandali sono ragazzi, in ogni caso è solo attraverso la scuola ed in età giovane che si può e si deve intervenire/aiutare.
I problemi esistono dappertutto, probabilmente frutto di questa società consumista e con scarsi valori, ma la schizofrenia che vive Ponza (isolamento e niente da fare d’inverno e confusione e vita intensa d’estate) accentua questi disagi. Ed ancora, tutti dovremmo chiederci (oltre a chiedere l’intervento delle istituzioni): posso fare qualcosa?.
A mio modesto parere, già tentare con un diverso atteggiamento nei confronti degli altri (anche se sappiamo che non è facile), un po’ meno sentito dire e spesso cattiveria gratuita e più fatti e collaborazione; e poi leggere e regalare qualche libro in più, non sarebbe male.
Ponza è una barca e se non remiamo tutti nella stessa direzione va a fondo.
polina ambrosino
17 Gennaio 2014 at 17:03
Viste le tante problematiche affrontate da Polina Ambrosino, il suo commento è stato scorporato dalla sezione “Commenti” e viene presentato come articolo autonomo (leggi qui).
Gennaro Di Fazio
17 Gennaio 2014 at 19:41
Se questi vandali sapessero.
Se i vandali che hanno arrecano i danni al plesso scolastico della Cavatella sapessero quanto, noi nati negli anni ’50, abbiamo desiderato una scuola superiore a Ponza per evitare di allontanarci dalle nostre famiglie ed andare chi in collegio e chi “i più fortunati” a pensione presso famiglie a noi sconosciute;
se sapessero le nostre difficoltà a stare lontani da casa a soli 14 anni;
se sapessero le sofferenze e per alcuni i pianti dopo le feste natalizie o pasquali nel ritornare in continente;
se sapessero quanto lavoro a vari livelli è stato fatto affinché anche Ponza avesse un Istituto Superiore;
se sapessero quanto beneficio porta a Ponza un tale Istituto sia per l’indotto economico (posti di lavori ed economia associata) che culturale;
se sapessero quanti ragazzi riescono ad avere un diploma o un’istruzione altrimenti impossibile da conseguire, per difficoltà economica delle famiglie a mantenerli fuori dall’isola;
se detti vandali sapessero chi erano i vandali..!
A detti vandali, noi che abbiamo lavorato e desiderato quello che loro stanno distruggendo, non chiediamo chi essi siano, ma che almeno sappiano dei nostri vissuti e rispettino il vivere civile. La violenza, da qualunque parte venga, prima o poi viene sconfitta e con essa anche chi l’ha prodotta.
Luisa Guarino
25 Gennaio 2014 at 17:21
A distanza di dieci giorni dalla segnalazione degli atti vandalici nell’istituto di Via Cavatella, ancora non riesco a capacitarmi di come ciò sia potuto succedere. Forse non vivere sul posto mi fa immaginare condizioni e situazioni che non corrispondono alla realtà. Ho sempre pensato che episodi del genere non potessero verificarsi in un posto così piccolo, dove si vive in pratica gomito a gomito, dove tutti sanno tutto di tutti, dove dovrebbe essere più facile ‘controllarsi’ (in senso positivo) gli uni gli altri.
So che i ragazzi di Ponza, studenti e non, non sono aiutati né supportati in alcun modo, che ‘la noia, l’abbandono, il niente’ sono pane quotidiano. Ma sfogare la propria rabbia non solo esistenziale nei confronti di una scuola che fa già tanta fatica a sopravvivere mi sembra un gesto inutile e vigliacco. Ho trovato toccante e commovente il commento di Gennaro Di Fazio al ricordo dei sacrifici e della struggente nostalgia sua e dei suoi familiari, quando a Ponza non c’erano scuole e bisognava frequentare gli istituti di Formia o di altre città, ospiti di un collegio o di una famiglia più o meno amica. Ecco. personalmente credo che questa dovrebbe essere, con tutto il rispetto delle valutazioni di ordine socio-pedagogico-psicologico, la molla capace di far scattare qualcosa nella mente dei ‘nostri’ vandali. Ancora più enorme però mi sembra, in un microcosmo come Ponza, non riuscire a risalire agli autori di questo spregevole e deprecabile gesto di inciviltà.
sandro vitiello
25 Gennaio 2014 at 18:43
Avevo 12-13 anni e frequentavo le medie al “Cuore di Gesù” o “n’coppa a dò Peppe” come dicevamo noi.
Le classi erano quello che erano: due prime medie, separati tra maschi e femmine, una seconda e una terza.
In terza media eravamo otto maschi e cinque femmine.
Per un breve periodo quasi tutti i maschi ci si dette l’appuntamento di arrivare un pò prima dell’inizio delle lezioni per giocare ad acchiapparsi (u primm a dà a man?) e ci si divertiva parecchio.
Qualcuno che abitava nei paraggi si lamentò del chiasso che facevamo e Cuccumetto, il bidello, incontrando in giro i genitori di noialtri raccontò loro cosa facevamo.
Nel giro di qualche giorno quel nostro piacevole divertimento sparì.
C’era la scuola (il bidello sì, anche lui è scuola) che controllava e passava le informazioni alle famiglie e c’erano le famiglie che avevano rispetto per l’istituzione scuola.
Oggi forse abbiamo perso qualche punto di riferimento: è un dato di fatto che in troppi hanno sparato addosso alle istituzioni scolastiche delegittimandole nel loro ruolo e umiliando chi vi lavora.
La parola dell’insegnante non viene accettata con il dovuto rispetto neanche dalle famiglie e spesso a casa i ragazzi non trovano quelle coordinate che dovrebbero servire loro per distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.
I tempi sono quello che sono ma non si esce dai tristi anni che stiamo vivendo solo aumentando il pil ma soprattutto ri-costruendo un rapporto civile tra la gente e avendo rispetto per il bene collettivo.
Ps: i problemi della scuola di Ponza, anche se in forme diverse, sono comuni a tante realtà in Italia.
Enzo Di Giovanni
26 Gennaio 2014 at 10:59
Il paradosso è che, nel vergognoso degrado in cui versa la scuola pubblica italiana, i problemi di Ponza non sono legati semplicemente agli tagli di spesa. Sulla scuola della Cavatella è stato fatto un intervento di ristrutturazione importante, circa un milione di euro, solo qualche anno fa. Per non parlare, nello stesso periodo, della strutturazione della saletta informatica e dell’acquisto delle suppellettili scolastiche. Alcuni ex sindaci (e dirigenti scolastici) come Lamonica e Ferraiuolo possono inoltre testimoniare l’impegno comunale affinché quel plesso nascesse e si sviluppasse, pur tra mille difficoltà logistiche ed economiche. E difatti i lavori svolti di recente possono essere considerati in parte come la continuazione del progetto originale, ed ancora resterebbe da fare. Di fatto una scuola come quella, ubicata in un’area “difficile”, poco urbanizzata, sottoposta a continua erosione naturale più che altrove avrebbe bisogno di cura e manutenzione continua, altro che di atti di vandalismo. Ma evidentemente non bastano gli interventi strutturali. Supporto psicologico? Certo, in teoria dovrebbe esserci, di fatto è una presenza abolita dappertutto. Come gli insegnanti di sostegno che dove operano lo fanno in classi ben più numerose di quello che la legge prevederebbe, come le biblioteche scolastiche che chiudono, i gessetti che mancano, e via a scendere. Insomma, delle 3 “i” (inglese, informatica, impresa), famoso slogan di una delle campagne elettorali di Berlusconi, resta solo la “i” di Impoverimento. Non so, non sappiamo quale sia l’input che spinge all’azione distruttiva. Di certo la perdita di socializzazione di cui parliamo è una realtà sempre più drammatica dappertutto. Frustrazione, rabbia generalizzata, sono fenomeni che potrebbero essere circoscritti ed affrontati con una adeguata azione sociale. Ed in questo Ponza dovrebbe essere favorita proprio dal contesto isolano. Da qualche anno mi trovo costretto a vivere da genitore la realtà scolastica del “continente”: non avete idea (o meglio, lo comprenderete benissimo) quanto sia difficile solo riuscire a comunicare con qualche altro genitore delle problematiche scolastiche: tra mancanza di tempo, disinteresse, la disgregazione sociale ha raggiunto livelli spaventosi. Spesso si ha la spiacevole sensazione che la scuola sia diventata solo un’anticamera fastidiosa, una sorta di palla al piede per alunni e genitori in attesa che l’età adulta regali un posto da disoccupato o, solo per i più “furbi”, la “spinta” giusta per inserirsi. A Ponza potrebbe, dovrebbe essere diverso. Molte colpe sono nostre, caratteriali, e non ci piove. Ma quantomeno, e questo sito ne è la prova, abbiamo ancora gli anticorpi, un certo dinamismo sociale che non è semplice trovare in giro. Purtroppo non basta. Gli spazi di aggregazione, dove sono? Soprattutto, saremo mai in grado di reclamarli? O continueremo (grazie all’encomiabile impegno di pochi) a vivere saltuariamente di “attività di strada” quale a suo tempo il dragon boat? Qualche partita a ping pong la ricordo, nei ex locali dell’ex infermeria. In quanto al calcio, esiste da quando c’è un campo. Lapalissiano, ma vero.
Paolo Iannuccelli
26 Gennaio 2014 at 18:12
Intervengo sullo spiacevole episodio di vandalismo accaduto a scuola.
Un atto deprecabile, vergognoso ed incivile, spero che i responsabili vengano presto individuati e puniti severamente.
Nella mia qualità di membro dei consigli direttivi di Panathlon international club ed Unione nazionale veterani dello sport, partecipo spesso ad incontri con gli studenti di scuole medie e superiori, in provincia di Latina, con relatori l’alpinista Daniele Nardi, l’apneista Ilaria Molinari, l’ex ciclista pro Maurizio Marchetti.
Emerge talvolta un quadro desolante, fatto di vuoto e disinteresse.
Le eccezioni – abbastanza frequenti – riguardano le classi preparate a dovere dagli insegnanti sugli argomenti trattati: bullismo, lotta al doping, fair play, attività agonistica ed amatoriale.
A Ponza – è stato più volte ribadito ma non si è fatto nulla – occorre creare immediatamente strutture ad hoc per la gioventù, dove si possono trovare momenti di vera e sana aggregazione.
Se i ragazzi vengono lasciati soli, senza una guida, privi di obiettivi e programmi, passano ore nell’ozio, pronti a qualsiasi gesto, come quello di distruggere la scuola. La riapertura del palazzetto dello sport potrebbe essere un fatto importante.
È fondamentale poi creare una biblioteca multimediale, proporre di nuovo il cinema, istituire uno spazio fisso per le ottime compagnie teatrali presenti sull’isola, incrementare gli incontri-dibattito, le presentazioni di libri alla presenza dell’autore, organizzare corsi pomeridiani o serali di lingua inglese.
polina ambrosino
27 Gennaio 2014 at 14:05
Caro Paolo, sicuramente avere luoghi di aggregazione e una ricca offerta formativa, rende la società migliore, ma, permettimi, ciò di cui maggiormente si sente la mancanza è L’EDUCAZIONE che dipende principalmente dalla famiglia. Quando si è educati si rispetta il prossimo, si sa ascoltare e commentare, e dissentire, si sa collaborare, si sa giocare con gli altri, si sa vincere e si sa perdere, si sa organizzare una festa, un torneo, uno spettacolo, anche con pochi mezzi, anche senza avere le strutture adeguate. Si fa con più fatica, ma si fa. La società attuale, quindi, prima che priva di mezzi, sta dimostrando di essere carente di educazione. E questa non la si compra, purtroppo.
Gabriella Nardacci
28 Gennaio 2014 at 13:59
Su alcuni dei disagi scolastici ho già avuto modo di parlare nell’articolo “A volte basta una conchiglia per dire grazie” (leggi qui – NdR) ma la scuola è così “bersagliata” da ogni parte che di falle ce ne sono troppe ormai.
Ho letto i numerosi commenti su questo atto di vandalismo a Ponza e concordo con tutti.
Purtroppo molte delle nostre voci rimangono inascoltate e il degrado della scuola pubblica sta diventando una voragine.
Ho assistito a diversi casi di vandalismo nelle scuole dove ho operato. A volte è stato rubato qualche computer e laddove nulla si è trovato, hanno strappato i quaderni, scaraventato sedioline e banchi, strappato i registri, urinato sui muri dopo averli scarabocchiati di disegni osceni.
Problemi di questo tipo riguardano la scuola pubblica che offre, purtroppo, edifici fatiscenti con sempre minori stanziamenti per apportare qualche ristrutturazione e se questa avviene, la si può vedere solo nelle scuole del centro o nelle scuole-pilota.
Nell’interessante articolo di Nancy Mazzella, sono riportate le motivazioni giuste che spingono alcune persone ad agire così nei luoghi in cui si dovrebbe trovare un ambiente sereno e gratificante.
Ed hanno ragione tutti quando propongono biblioteche, cineforum, sport per questi giovani (in una realtà come quella di un’isola, che sia Ponza o altra, nulla di positivo può dipendere “dall’umore del mare”…) che hanno solo voglia di “aggregarsi” per non rimanere soli, così come concordo con Polina Ambrosino quando parla di una “educazione” che la famiglia dovrebbe impartire sin da piccoli e del dialogo, perchè ogni cosa collassa quando si tace troppo.
Noi insegnanti cerchiamo di fare tutto, ormai. Siamo diventate all’occorrenza: infermiere, bidelle, tate, psicologhe e mamme improvvisate.
Abbiamo imparato “l’arte di arrangiarci” …e senza retribuzioni extra!
La famiglia dovrebbe sostenere ed interagire con la scuola nel processo educativo perchè laddove i genitori sono assenti, i giovani cercano “aggregazioni” che portano ad atti illeciti.
Quando accadono queste azioni riprovevoli, noi adulti dobbiamo fare solo autoanalisi, secondo me, perchè i giovani sono solo dei ‘Pollicini’, emblema di un’infanzia dimenticata e raffigurazione di un’ingiustizia. Occorre recuperare una pedagogia della rassicurazione e della vicinanza e ciò può avvenire solo se noi adulti impariamo ad ascoltare sia i loro bisogni sia i loro sogni.