di Adriano Madonna
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Parlando di cefalopodi
I cefalopodi (polpo, seppia, ecc…) sono i molluschi decisamente più evoluti, nei quali si possono ravvisare comportamenti ben definiti nelle varie situazioni che caratterizzano la loro esistenza. Adottano, infatti, delle strategie tese alla sopravvivenza, alla nutrizione e alla riproduzione.
Ad esempio, chi non conosce la straordinaria capacità dei cefalopodi di mimetizzarsi? Per quanto riguarda la riproduzione, questi molluschi si comportano in maniere diverse: alcuni sono noti per la grande quantità di cure parentali che prodigano alle uova, altri per la loro totale indifferenza.
Tra le “eroine dell’amore materno”, ci sono le femmine dei polpi, che accudiscono le uova sino alla schiusa, continuamente e senza sosta, con un dispendio di energia talmente grande da portarle addirittura alla morte una volta che il loro compito è terminato.
Polpo femmina con uova (immagine da Wikipedia)
Di contro, la femmina del calamaro, giudicando con il nostro metro, è una madre scellerata: infatti, “appende” le uova da qualche parte e le abbandona. Va comunque aggiunto che gli aggregati ovarici del calamaro contengono migliaia di uova, anche se solo una parte si muterà in individui adulti.
Uova di calamari (da: www.mondosub.com)
Se non ci fosse questa sorta di decimazione, il mare sarebbe pieno di calamari, così come sarebbe pieno di merluzzi, di tonni, di cefali ecc. Pensate se fosse pieno anche di squali, non tanto per le loro dimensioni, quanto per la loro aggressività, che non risparmia nessuno.
Il rimedio naturale consiste nel fatto che dalla riproduzione di uno squalo, sia che appartenga a una specie ovipara sia che appartenga a una specie vivipara, nascono solo uno o due squali.
Si può dire, quindi, che gli animali più grossi fanno meno figli di quelli più piccoli e questa regola scaturisce anche da una vera e propria questione di ingombro: immaginate come sarebbero combinate l’Africa e l’India, se ogni elefante mettesse al mondo migliaia di elefanti, come i merluzzi! E pensate che cosa sarebbe il mare, se da una sola balena nascessero migliaia di balene! Non vi sarebbe più un’equa colonizzazione degli spazi, verrebbero a mancare gli equilibri biologici e scomparirebbe la vita stessa del pianeta.
I crostacei
I crostacei sono più attenti: come se fossero consci del fatto che le uova che emettono, pur non essendo poche, non sono neppure tantissime, quindi devono essere protette. Inoltre, parlando di uova in generale, di piccole uova, si deve aggiungere che esse sono cibo ambito dai pesci, che ne fanno delle grandi spanciate. Del resto, a chi non piace il caviale!
Generalmente, un po’ tutti i crostacei si riproducono d’estate, e allora è facile vedere sotto il ventre dei gamberi, così come delle cicale di mare (Scyllarus arctus) – le magnose, delle masse di uova. Queste aderiscono all’addome della femmina grazie alla secrezione di particolari sostanze adesive. Durante il periodo della maturazione e sino alla schiusa, mamma gambero agita i pleopodi (le zampe addominali) per creare un movimento d’acqua e ossigenare le uova.
E’ certo che alcune specie di crostacei non limitano le loro cure parentali alle uova, ma le procrastinano alle larve dei nuovi nati (dall’uovo del crostaceo nasce la larva nauplius, che evolve nel secondo stadio larvale zoea, prima di effettuare la metamorfosi in individuo adulto).
I pesci
In quanto ai pesci, davvero andrebbero esaminati specie per specie e facendo una distinzione tra pesci ossei (gli osteitti) e pesci cartilaginei (i condroitti), anche perché nei primi, tranne qualche rarissimo caso (in particolare pesci d’acqua dolce), la fecondazione è esterna, nel senso che uova e spermatozoi si incontrano in acqua libera. Nei condroitti, invece, la fecondazione è interna: il maschio introduce gli spermatozoi nella femmina attraverso l’organo copulatore (negli squali se ne osservano due, che vengono usati uno per volta).
Generalmente, i pesci ossei abbandonano le uova al loro destino, proprio perché, di solito, queste sono in numero enorme, tranne in alcuni casi, nei quali chi si distingue per “indefessa operosità” è questa volta il maschio. Ad esempio, il maschio della castagnola fa la guardia al nido dove sono state fecondate le uova, né può contare nell’aiuto della femmina, che dopo la fecondazione abbandona “figli e marito”. Notissimo è anche il caso del maschio del re di triglie (Apogon imberbis), che custodisce le uova in bocca.
Durante l’incubazione, che di solito dura una decina di giorni, il maschio apre e chiude la bocca continuamente per ossigenare la massa di uova e ovviamente non può mangiare (foto da http://www.acquarioargentario.org)
Ma il vero “eroe” è papà ippocampo, che addirittura si fa carico delle uova fecondate conservandole nel marsupio fino alla schiusa.
Nei condroitti (squali e razze) vivipari, una volta nato, il piccolo viene abbandonato a se stesso: ha già denti e forza per vedersela da solo.
Il “caso delfino”
Che quello “strano pesce non fosse un pesce” lo aveva intuito già Aristotele più di trecento anni prima della nascita di Cristo. Il delfino, infatti, è un animale particolare, molto più uomo che pesce!
Potremmo sintetizzare tutte le sue doti in una sola osservazione: ha uno spiccato comportamento societario che influenza anche il rapporto con i figli. Arriviamo a un tale punto di evoluzione (del resto, siamo tra i mammiferi, i vertebrati più evoluti) che la femmina gravida, quando si allontana dal branco per partorire, viene accompagnata e assistita da un’altra femmina non gravida. La gestazione dura dodici mesi, poi il piccolo nasce e spunta innanzitutto la coda.
Sequenza del parto di un delfino femmina (Foto da ‘Parco Oltremare di Riccione’, eccetto l’ultima, dell’Autore del presente articolo)
Sarà l’altra femmina, l’assistente, che accompagnerà il piccolo a galla per farlo respirare, mentre la neomamma si riposa dalle fatiche del parto. Dopo aver imparato a respirare, il neonato torna sott’acqua per fare la prima poppata. Le cure parentali nei riguardi del piccolo delfino raggiungono il massimo dell’intensità non solo da parte della madre, bensì dell’intero branco: mamma e figlio nuotano circondati dagli altri delfini, disposti a proteggerli in ogni situazione, persino dagli squali e non è detto che contro il delfino lo squalo l’abbia sempre vinta: il delfino sa sferrare egregiamente il suo attacco, ruotando su se stesso dopo essere partito come un proiettile verso l’avversario e colpendolo con il rostro sotto le branchie. Spesso lo squalo viene ucciso da quel tremendo colpo di maglio!
Conclusioni
Potremmo continuare a lungo, ma una panoramica siamo riuscita a farla e ciò ci basta, perché il nostro intento era quello di andare a vedere che cosa accade tra genitori e figli nel grande mondo della natura e del mare in particolare.
Tante cose, non si può negare, ci stupiscono, ammesso che ci sia qualcosa che ancora riesca a stupirci.
Bibliografia
G. Mitchell, J. Mutchmor, D. Dolphin, Zoologia, Zanichelli;
G. Guerriero, Lezioni di biologia dello sviluppo, Università di Napoli Federico II;
G. Ciarcia, Lezioni di zoologia, Università di Napoli Federico II;
E. S. Herald, Living Fishes of the World, Garden City, Doubleday, 1961;
C. Agnisola, Fisiologia degli organismi marini, Università di Napoli Federico II;
C. Motta, Organismi marini, Università di Napoli Federico II.
[Nel grande mondo del mare. Genitori e figli (2) – Continua]
Dott. Adriano Madonna, biologo marino del Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Enzo Di Fazio
5 Gennaio 2014 at 09:09
Sono rimasto affascinato da come il prof. Madonna sia capace di farci avvicinare al complesso mondo della biologia marina usando un modo di dire e di raccontare semplice e coinvolgente.
L’associare i comportamenti degli esseri viventi che popolano il mare a quelli degli esseri umani è la maniera più semplice per arrivare a tutti. Penso che “le storie” di “Nel grande mondo del mare. Genitori e figli” potrebbero essere lette anche ai bambini come delle favole o dei racconti di avventure. Ne rimarrebbero “incantanti” e apprenderebbero tante cose.