segnalato da Giuseppe Mazzella di Rurillo
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Era il Natale del 1930. Due giovani anglosassoni di condizione agiata, Geoffrey Bret-Harte, mezzo americano e mezzo inglese di 35 anni e Mabel Kittredge Spencer, americana, ambedue innamorati del “Bel Paese” con il piacere di scrivere, si erano sposati a Napoli nel maggio dello stesso anno ed avevano deciso di trascorrere un anno in luna di miele nell’isola d’Ischia, allora poco nota nei circuiti turistici internazionali. Infatti scoprirono Ischia da Capri.
“Quella splendida isola d’altra parte della baia, quella che si vede dalla Piazzetta e che finisce con un alto picco montagnoso” – chiesero al portiere del Grande Albergo Quisisana – “Oh, volete dire Ischia, non vorrete mica andare là! Nessuno va a Ischia. Niente alberghi, niente stranieri, niente divertimenti” – fu la risposta.
Ma Geoffrey e “Kit”, come il marito chiamava la moglie, non lo ascoltarono.
Presero a nolo una barca a motore con marinai e si fecero trasportare ad Ischia dove passarono un intero anno alloggiando prima in un piccolo albergo sul Porto poi in una bella casa in località Punta Molino (c’è ancora e si chiama “l’Araucaria”, dall’albero tropicale dalle foglie pungenti di colore verde) di proprietà del colonnello Buonocuore (probabilmente Buonocore).
Di quell’anno passato ad Ischia – dal maggio 1930 all’aprile 1931 – conservarono le impressioni ed i ricordi in un quaderno di appunti per Geoffrey e in un diario per Kit che sette anni dopo pubblicarono in un libro “Island in the sun” a Londra per i tipi di Hodder and Stoughton.
Per settantasei anni questo libro è stato dimenticato e non ne è stata fatta la traduzione in italiano.
Poi una milanese di sangue misto, Gina Menegazzi, lo ha tradotto e pubblicato. Il nostro servizio è alla pagina 13 del nostro Magazine (Gina ed il senso della vita).
A dicembre quando arrivò il freddo Geoffrey e Kit ebbero il problema del riscaldamento della casa. Non c’era un camino. Volevano costruirlo a loro spese ma il vecchio Colonnello non era d’accordo. Consigliò un “braciere”. Lo portò agli sposini la domestica Dominica.
“Era bello a vedersi – scrivono – simile ad un grosso portacenere di rame, cosa che in effetti era, il cui centro veniva riempito di ardenti tizzoni di carbone, coperti con la cenere per impedire che bruciassero troppo in fretta. Non era fatto per riscaldare stanze dagli alti soffitti ma, se vi piegate su di esso, il fiato non formava più i ghiaccioli, anche se, per il desiderio di riscaldarsi, si rischiava di restare asfissiati”.
Ma arrivò anche una stufa per riscaldare la casa che si preparava al Natale.
“Ischia con la sua passione per le feste religiose gli dedica una grande attenzione. Natale è davvero la “festa” più importante prima della Pasqua” – scrivono.
“In cucina avvenivano cose misteriose… per settimane continuarono ad arrivare dai parenti dei nostri domestici Giovangiuseppe e Dominica pacchi ornati di speciali etichette natalizie… Ma il tacchino arrivò da Napoli portato dal corriere Enrico “l’onestà personificata” che cambiava anche gli assegni alla banca della città.
“Eravamo consapevoli della fortuna che avevamo a vivere in un angolo del mondo così bello” – scrivono.
La mattina di Natale fu “memorabile”.
“Non solo il nostro nucleo familiare ma tutti i nostri amici sull’isola contribuirono a renderla tale. Il campanello del cancello suonava ininterrottamente e piccoli scugnizzi che fungevano da messaggeri ci portavano cesti su cesti di frutta, fiori e vino… i conigli vivi… un dolce fatto dalla nonna… ricami per Kit. Il pomeriggio di Natale l’isola era “sonnolenta” perché “gli ischitani erano occupati a festeggiare nelle loro case” e così gli sposini andarono a stendersi sulla spiaggia e poi ritornarono a casa per “un ricco tè”.
“Eravamo completamente felici e in pace con il mondo” – scrivono.
Passava il Natale più o meno così o forse esattamente così vent’anni dopo Geoffrey e Kit, il prof. Pasquale Balestriere, scrittore e poeta, nel suo villaggio di Buonopane – il servizio è alla pagina 23 del nostro Magazine (Il Natale del Villaggio) ed osserva che, se il tempo passa le tradizioni restano.
“L’isola di Geoffrey e Kit c’è ancora” – ci ha detto Gina Menegazzi, ed è vero.
Abbiamo oggi un ricco calendario di eventi dal 16 dicembre 2013 fino al 12 gennaio 2014 (le indicazioni complete partono dalla pagina 44 del nostro Magazine e possono trovarsi anche su www.ischianews.com ) soprattutto nei Comuni di Ischia e Forio quelle che Waldimiro Frenkel, un profugo russo che scrisse una bella guida di Ischia nel 1934, chiamava “le due capitali”.
Il fascino dell’“isola nel sole” resta immutato e le tradizioni vivono trasmesse, come una staffetta, di generazione in generazione che le cambiano in superficie ma non nella sostanza.
Truman Capote lo diceva nel 1949. Qui l’orologio non serve. Questa è un’isola senza tempo.
Focus di Massimo Pilato nella pagina di apertura di IschiaNews di dicembre
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