C’è un proverbio che dice: “Volete essere felici per tre giorni? Sposatevi! Volete essere felici per un mese? Ammazzate il maiale!”.
Dal cassetto della mia memoria, coi primi freddi, è uscito il ricordo della “festa al maiale”.
Nella civiltà contadina ci si preparava ai rigori dell’inverno e pertanto per assicurarsi una adeguata alimentazione (proteine e grassi) si allevava il maiale che, proprio in questo periodo, veniva immolato.
Dicevo prima la “festa al maiale”, ma più che la festa alla povera bestia era una vera festa per noi ragazzini perché il maiale “immolato” ci regalava: la salsiccia per la quale andavamo a nozze, particolarmente fritta con le patatine, il “sanguinaccio” – una leccornia, una crema deliziosa composta da sangue di maiale, vino cotto, pinoli e un po’ di cannella, tutto insieme, bollito in una pentola di coccio – era la “nutella” della nostra fanciullezza… ed infine “le cigole” (’i cigule in ponzese; ciccioli in Toscana e gerdas in Sardegna).
Le cigole si ottenevano tagliando a tocchetti le parti grasse del maiale e mettendole al fuoco in una pentola capiente per ottenere la sugna (’a ’nzogna). Mano a mano che i pezzetti di grasso rilasciavano il grasso, col calore, riducevano il loro spessore diventando più solidi e quindi, incominciavano ad arrossire. Quindi venivano pressati con un robusto schiacciapatate.
Il grasso liquido ottenuto viene trasferito in vasetti di vetro e, qualche volta conservato persino nella vescica del maiale stesso e serviva principalmente per i vari condimenti; mentre le cigole venivano custodite nella credenza della camera da pranzo.
Questi pezzettini di lardo sgrassato erano una vera manna per noi ragazzini.
Quando a metà pomeriggio dicevamo alla mamma: – Senghe famme (ho fame) – la mamma ci dava un pezzo di pane casareccio e una vrangata (manciata) di cigole che facevano la nostra felicità.
Un altro modo per gustare le cigole era la cosiddetta “torta di polenta”: si faceva cuocere la polenta e quindi vi si versava una manciata di cigole e una di uva passa; quindi si friggeva il tutto con lo strutto in una capace padella.
Una bomba per i delicati stomaci di adesso, ma una vera festa per il nostro appetito di allora.
In Sardegna ed in particolare nella regione dove attualmente abito si continua a fare il pane con le cigole (pani cun gerdas).
Quando ne addento uno mi immergo con tanto piacere nel ricordo della mia fanciullezza lontana e felice “sopra i Conti” nella mia isola: PONZA!
La Redazione
17 Novembre 2013 at 11:01
Per rispondere alla domanda di qualche lettore, il proverbio cinese citato all’inizio di questo pezzo, nella sua formulazione completa così recita: “Se vuoi essere felice per tre ore, prenditi una sbronza; se vuoi essere felice per tre giorni, prendi una donna; se vuoi essere felice per tre mesi, macella un maiale; ma se vuoi essere felice tutta la vita, pianta un giardino!”.