di Vincenzo Di Fazio (Enzo)
L’ultimo era accaduto poco più di un anno fa (leggi qui) allorquando venne divelto il cancello di ferro posto all’ingresso del piccolo tunnel attraversato dalla stradina che, inerpicandosi sul crinale del faraglione, porta al piazzale del faro.
In quell’occasione i ladri praticarono un foro nel grande portone e portarono via, secondo la ricognizione fatta allora da Cristoforo (il fanalista), solo alcuni attrezzi da lavoro, una martellina e delle pinze, custoditi nel grande locale uso officina che si trova subito a sinistra entrando nel faro.
Molto altro non avrebbero potuto prendere visto che in quel faro poco altro è rimasto.
Ci sono le mattonelle che ancora arredano i grandi focolari delle cucine ma lì ci vuole un po’ più di impegno e robusti ricoveri e forti braccia per trasportarle.
Gli infissi sono quasi tutti danneggiati e quelli buoni li hanno già asportati da tempo.
Un bel telefono a muro, di quelli con la cornetta separata dal microfono, scomparve in occasione di un’altra “visita” come pure la posateria ed i piatti con lo stemma della Regia Marina custoditi in una cristalliera dell’appartamento del comandante.
Ai documenti ed ai registri testimoni dei lavori e dei tempi vissuti dai guardiani, non sappiamo cosa hanno portato via, fosse anche solo per curiosità.
Lo scorso anno quelli rimasti, tenuti alla rinfusa, dietro autorizzazione del Comando Zona Fari li abbiamo comunque messi in salvo per essere custoditi altrove.
C’era un ultimo oggetto, un grande megafono di stagno utilizzato dai fanalisti per salutare le barche di passaggio ma soprattutto per comunicare situazioni di disagio ed occorrenze.
Uno strumento antichissimo, testimone di un’epoca. L’hanno portato via qualche giorno fa in occasione di un ennesimo furto.
Questa volta i ladri, per raggiungere il loro scopo, hanno violato tre barriere: dopo aver allargato un’apertura nelle maglie del cancello di ferro posto all’ingresso del tunnel ed aver addirittura divelto un’inferriata collocata, per rafforzare la sicurezza, a metà galleria, per entrare nel palazzo del faro hanno praticato un foro in una delle finestre murate.
L’hanno fatto aiutandosi probabilmente con delle spranghe di ferro.
Viene da chiedersi cos’altro porteranno via in futuro. Poche cose sono rimaste come dicevo prima, ma c’è un’intimità, un’anima ancora da difendere per rispetto al luogo ed a chi per 127 anni vi ha dedicato parte della propria vita, come ha ricordato Giancarlo Giupponi nel suo bel video presentato qualche tempo fa su questo sito (vedi qui)
C’è da sperare che non mettano mano alla strumentazione del faro: vetri, ottoni, quadri elettrici ricchi di pezzi di precisione, una volta smontati, potrebbero avere un mercato e, quindi, attirare l’attenzione dei malintenzionati. O potrebbero essere danneggiati per il semplice gusto di sfregiare e come reazione frustrante ai magri bottini.
Mi sono chiesto più volte perché questo accade, perché non si sia mai riusciti a porvi rimedio in maniera risolutiva.
L’installazione di telecamere, opportunamente camuffate, poste sotto il controllo dei fanalisti in servizio al faro della Madonna, poteva essere sicuramente (e potrebbe esserlo ancora) un utile deterrente. Perché non è stato mai fatto? Per miopia di chi ha la responsabilità di gestione di quel luogo? Per incompetenza decisionale? Per inettitudine? In parte forse per tutte queste cose ma, pare, essenzialmente per mancanza di fondi, male incurabile di un paese che avendo dilapidato tanto danaro in passato oggi si trova a dilapidare il proprio patrimonio storico-culturale per difetto di risorse finanziarie, di idee e di iniziative.
In occasione dell’episodio dello scorso anno furono dei volontari a mettere a disposizione mezzi e braccia per effettuare le riparazioni. Sicuramente accadrà anche questa volta per il bene che si vuole a questo luogo.
Questa situazione dovrebbe imbarazzare il Ministero della Marina, quello della Difesa, il Demanio e tutte le altre Istituzioni che, a vario titolo, hanno la responsabilità della gestione del faro.
In occasione della fase conclusiva della campagna 2012 de “I luoghi del cuore” abbiamo presentato al FAI un articolato progetto di tutela (leggi qui). Ci aspettiamo una risposta responsabile anche alla luce di questo ennesimo episodio di violenza.
Non vorremmo trovarci, tra qualche anno, difronte ad un altro rudere come quello del Semaforo di Monte Guardia.
Vogliamo, piuttosto, che il faro diventi così
come ce lo fanno immaginare l’amore, l’estro e la bravura di Giancarlo Giupponi.
polina ambrosino
6 Novembre 2013 at 15:06
Basta andare sul Monte Guardia e vedere come è ridotto il palazzo del Semaforo per capire come sarebbe il Faro dell Guardia se non fosse stato zona miltare e se non fosse stato protetto da quel cancello che ,comunque, non è bastato. Da chi ha avuto la fortuna di vedere come era il semaforo un tempo, ho saputo che si trattava di una costruzione splendida: il suo valore era inestimabile e se si pensa solo alle fatiche che ci saranno state per erigerlo in un posto cosi scomodo, il suo degrado fa ancora più male. Solo l’inciviltà e una immensa ignoranza, uniti a avidità e cattiveria, possono giustificare lo scempio che ne è stato fatto. Il faro, invece, si è parzialmente salvato. Parzialmente, poichè arredi preziosi, stoviglie pregiate, mobili di pregio sono finiti nelle case di qualcuno che sicuramente è ponzese, e sicuramente conosceva bene come fare. Alla faccia della cultura e dell’amore per il faro… Di nuovo l’infame, o gli infami, colpiscono ancora. Giusta l’idea di mettere telecamere nascoste, ma evidentemente non importa abbastanza a nessuno se non è stato fatto. Cosa si può fare? Sperare che chi sappia avvisi, anche anonimamente, le autorità… Se c’è chi ha la viltà di fare certe cose, ci sia abbia anche chi con coraggio faccia finire questi individui, non persone, individui senza dignità, alla pubblica gogna: magari il prossimo raid lo facciano a casa loro.