di Salvatore Di Monaco
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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla; in questo ci aiuta la memoria che è tesoro e custode di tutte le cose.
La memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé per ricordare, attraverso il cuore, il nostro tempo passato.
Riporto queste perle di saggezza – che perdonerete in virtù di una “certa età” dello scrivente – per chiarire quanto sono importanti la memoria e i relativi ricordi che ci aiutano a vivere e danno informazioni e insegnamenti lungo la strada, qualche volta difficile, che porta all’età avanzata.
Ed ora torniamo al titolo, “La novena”: sono sempre ricordi della mia prima fanciullezza passata nella casa dei nonni a Ponza “sopra i Conti”.
Durante il mese di luglio, in vari rioni di Ponza si organizzava ‘la novena’ in previsione della festa della Madonna della Civita, allora molto venerata nell’isola.
Lo dimostrano i nomi Civita, Civitella, Maria Civita, molto diffusi; inoltre erano frequenti i pellegrinaggi ad Itri, cittadina nell’entroterra di Formia, dove esiste il Santuario e si venera la miracolosa icona della Madonna della Civita.
L’onere di organizzare le riunioni per la novena era assunto dalla famiglia della comare di nonna Lucia, Civitella, che abitava a due passi della casa dei nonni, sia per far onore al nome e sia per la particolare devozione alla Madonna.
‘A cumma’ Cevetella allestiva per l’occasione un altarino addobbato con lumini e fiori, nel terrazzino antistante la sua casa, dove sistemava un quadro della Civita. Invitava quindi le donne del vicinato per la funzione che avveniva nel pomeriggio inoltrato; molte intervenivano con al seguito figli e nipoti, sedie e seggiolini.
Il rito cominciava con la recita del Rosario, in latino – per essere esatti in latino ‘con influssi ponzesi’ – ma tutto era perdonato per l’impegno ed il fervore con il quale era recitato.
Noi ragazzini in un primo momento seguivano la funzione, ma poi l’irrequietezza dell’età prendeva il sopravvento ed allora cominciavamo a farci dispettucci tra noi, logicamente disturbando la recita del rosario e quindi delle litanie alla Vergine.
Ma tutto veniva ricondotto alla normalità ed al decoro che la funzione richiedeva con un paio di pizzicotti furtivi, nei quali mamma Maria eccelleva.
Noi così, buoni buoni… partecipavamo al canto finale in onore di Maria della Civita che cominciava, se non erro, con questa lode: “Evviva Maria… Maria evviva… Evviva Maria …e chi la creò”.
E terminava con: “Maria della Civita che belle grazie fa”.
Il rientro a casa, semiaddormentati, lo facevamo al collo di mamme, zie e nonne, mentre il meraviglioso cielo estivo della nostra Ponza si punteggiava delle prime stelle…
silverio lamonica1
23 Ottobre 2013 at 18:49
“Il latino con influssi ponzesi” ….
Un giorno – mi riferì mia sorella Angela – al termine della recita di un rosario, in chiesa, Mons. Dies impartì una vera e propria “lezione di latino”.
“Carissime fedeli, quando recitate le preghiere, dovete essere più precise. Cominciamo dal ‘requiem aeternam …’
voi ad un certo punto dite: ‘luciette e isse’… che fanno Luciette e isso?’ (chiese con un fare malizioso) … si dice (scandendo bene le sillabe) ‘LUCEAT EIS’ che significa ‘risplenda loro’ tenetelo bene a mente!”
Comunque l’introduzione dell’italiano nelle varie funzioni religiose, è stato un toccasana.
susy scarpati
23 Ottobre 2013 at 21:06
Ciao Salvatore… Qquesto è il testo della canzone alla Madonna della Civita.
Iamme a Custantinopoli
‘ncuntramme ‘na bella signora
tutta bianca di carità.
A Gaeta fui sbarcate
‘na cascia ‘i cristalle
cu’ duie muonece sante
che ghievene accumpagna’.
Esposta la mettevene
lu popole curreva
curreva senza fede
e Maria se ne andò.
Se ne iette sula sulella
‘ncoppe a ‘na cerculelle
‘ncoppe a ‘na cerculelle
se ne iette a abita’.
Passaie ‘nu giovene mute
che pasceve le vaccarelle
Maria della Civita
gli diede la favella.
‘Na voce se senteve
pe’ tutta la città
“MARIA DELLA CIVITA,
CHE BELLE GRAZIE FA!”