di Mimma Califano
Cosa c’entra Ponza con i masi dell’Alto Adige?
C’entra… c’entra! Leggete questo intervento di Mimma Califano che parte dal mercato di Ponza, e arriva lontano… Ma lontano!
La Redazione
Caro Franco,
A prescindere dalla questione mercato (per l’articolo e i numerosi commenti: leggi qui), da ciò che dici sembra che io – e qualcun altro – siamo dei nostalgici legati ad un mondo che non esiste più, se non nei nostri ricordi.
Guarda che per quel mi riguarda non è affatto cosi.
Il mio punto di vista – ma potrei dire il nostro, visto che tante altre persone hanno espresso opinioni simili – su quel che dovrebbe essere Ponza, è un passo oltre; meglio ancora, parte da un’ottica diversa.
Ritengo perdente e nocivo per il futuro dell’isola correre dietro a modelli turistici che puoi trovare ovunque: le imitazioni non pagano!
Bisogna essere originali, particolari, unici.
E cosa c’è di più prezioso, in un mondo globalizzato e massificato, di un’identità culturale che si è creata attraverso secoli di vita quotidiana e di storia?
Quindi diventa indispensabile salvaguardare la comunità con la sua identità e mantenere l’ambiente al meglio.
Per rendere un più chiaro il concetto, riporto brevemente l’esempio del ‘masi chiusi’, ripreso da un servizio della trasmissione Report di qualche mese fa.
I masi chiusi dell’Alto Adige, file .pdf: I masi chiusi. Da Report del 1 ott. 2012
Dice Milena Gabanelli: “C’è un posto dove le sovvenzioni non sono una rendita ma un investimento, la disoccupazione è al 3%, la più bassa del mondo, e c’è un ottimo l’equilibrio fra uomo e ambiente. Pare incredibile ma siamo in Italia, in Alto Adige, fra i masi dell’Alto Adige; quelli che il commissario europeo Mansholt voleva chiudere per portare le mucche a valle per produrre il latte a minor costo.
I montanari hanno resistito 20 anni e oggi i fatti hanno dato ragione a loro”.
Ancora il presidente della Giunta Provinciale di Bolzano, Luis Durnwalder:
“Abbiamo 29 milioni di pernottamenti, vuol dire che abbiamo 6 milioni di turisti che passano le ferie qui da noi. E anche il PIL pro-capite, con 34.700 € pro-capite è il più alto di tutta Italia. Il turista vuol vedere, diciamo… la vita, la tradizione, la storia, i monumenti e anche il modo di vivere, perciò dico che i contadini per noi sono essenziali, non solo per la produzione di prodotti agricoli, ma anche per tutta l’economia”.
Non sto a spiegare come funziona un ‘maso chiuso’ – è un’organizzazione di vita contadina che risale al 1600, – sottolineo solo l’analogia tra una difficile realtà di montagna e quella di una piccola isola, con tutte le ovvie differenze.
Lì hanno fatto delle tradizioni e della salvaguardia del loro territorio – qualcuno ha mai sentito parlare di alluvioni o dissesto idrogeologico in quella zona? – la loro ricchezza!
Franco quella è la strada..! E questa è economia, non l’età o nostalgia.
Gennaro Di Fazio
20 Luglio 2013 at 00:13
Prendo spunto dal questo articolo di Mimma Califano, “Cosa c’entra Ponza con i masi dell’Alto Adige?“; da me molto apprezzato come tanti dei suoi precedentemente pubblicati su questo sito, per proseguire il confronto di idee sugli aspetti socio – economici di Ponza.
Io penso che gli esempi positivi, da qualunque parte arrivino, sono sempre utili, sia per i confronti che per prendere spunti al fine di tentare di migliorare le condizioni dei singoli e quelle di una popolazione. Tuttavia, per quanto possa essere conveniente considerarli tutti, credo sia più opportuno evidenziare soprattutto quelli che si presentano in uno stesso o simile contesto storico, geografico, economico, politico e quant’altro. Veniamo adesso al punto in questione, e cioè la condizione socio economica di Ponza. Da un po’ di tempo a questa parte, la popolazione ponzese sta vivendo una condizione di grande difficoltà sociale, istituzionale ed economica. Le cause che l’ hanno determinata sono chiaramente varie e affondano, come in ogni situazione, nel corso della storia recente e passata. Ma aldilà delle cause che non starò adesso a trattare, è necessario affrontare le varie criticità e capire che direzione prendere per tentare di invertire una rotta dove il maltempo sembra non finire mai. A questo punto potrebbe essere molto interessante sapere qual è la condizione che stanno vivendo le altre isole minori e capire quali sono le scelte che hanno determinato un miglioramento e quali invece una stasi o addirittura un peggioramento. Sapere per esempio come se la passa la nostra sorella Ventotene o anche Ischia e Procida (per queste ultime abbiamo anche degli interlocutori del sito che ci possono descrivere la loro realtà), ci potrebbe tornare sicuramente molto utile al fine di eventuali scelte da effettuare a breve e/o a medio termine. Essere semplicemente sopraffatti dagli eventi non giova a nessuno, soprattutto se questi creano peggioramento delle condizioni di vita a vario livello come sembra stia succedendo a Ponza.
Nel terminare questa mia piccola riflessione, mi sia concesso rispondere ad Emilio Aprea, a proposito della sua considerazione sul mio articolo riguardo il mercato, in cui io, oltre a commentare le scelte del Comune, facevo delle osservazioni anche su altri aspetti della vita comunitaria. Caro Emilio, nessuna idea crea confusione, basta saperla selezionare; anzi è proprio dalle idee che nascono i miglioramenti. Addirittura in America è in uso il il brainstorming, una tecnica di creatività di gruppo, nata nel 1957, finalizzata a far emergere idee volte alla risoluzione di un problema. Spesso erroneamente tradotto come tempesta di idee, in realtà significa “usare il cervello (brain) per prendere d’assalto (storm) un problema”. Sinteticamente consiste, dato un problema, nel proporre ciascuno liberamente soluzioni di ogni tipo (anche strampalate o con poco senso apparente) senza che nessuna di esse venga minimamente censurata o irrisa. La critica ed eventuale selezione interverrà solo in un secondo tempo, a seduta terminata. Il risultato principale di una sessione di brainstorming, che apparentemente sembra un metodo sciocco e quasi infantile, è invece in genere molto produttivo: può consistere in una nuova e completa soluzione del problema, in una lista di idee per un approccio ad una soluzione successiva, o in una lista di idee che si trasformeranno nella stesura di un programma di lavoro per trovare in seguito una soluzione.
Per quanto riguarda invece la sterile demagogia, mi permetto di precisare che essa è un termine di origine greca (composto di demos, “popolo”,e agein, “trascinare”) che indica un comportamento politico che attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo mira ad accaparrarsi il suo favore. Allo stato attuale io non appartengo a nessun partito politico né sto effettuando alcuna campagna elettorale; le mie riflessioni appartengono solo alla mia sensibilità – sbagliata o giusta che sia – nella sola speranza di poter contribuire alla risoluzione di qualche problema che attanaglia l’isola e i suoi abitanti.
Gennaro Di Fazio