di Rosanna Conte
Se non fosse stato per le pillole di Michele Rispoli (leggi qui), non avrei forse ricordato cumpa’ Francisco, così era chiamato Francesco De Luca in casa de miei nonni materni, Rosa ‘i Santella e Giuseppe ‘i Mamena.
Mio nonno era anch’egli pescatore come cumpa’ Francisco e i due si portavano rispetto. Personalmente di questo compare ho un ricordo che risale ai miei sedici anni.
Erano gli anni sessanta, i ruggenti anni della Torre come Centro Studi internazionale e insieme alle ragazze nordiche ricordate da Franco De Luca (leggi qui), arrivavano, in maniera molto sporadica, anche dei ragazzi. Quell’anno arrivò Sisay, un bellissimo nero.
Nella predominanza sociale del punto di vista maschile, che allora determinava la valutazione delle relazioni interpersonali del paese, la presenza del nero destò una forte attenzione, antitetica a quella per le belle nordiche, che nasceva dalla preoccupazione di difendere il femminile isolano, e cumpa’ Francisco non fu da meno.
Ricordo che era seduto ai tavolini esterni del caffè Tripoli quando passai con Sisay e il suo sguardo mi seguì a lungo. Lì per lì non mi preoccupai, ma quando tornai a casa, la casa dei nonni, mia madre con tono di forte rimprovero, ma anche di protezione, mi disse di non farmi vedere dal nonno che era infuriato perché cumpà Francisco gli aveva detto di avermi vista passeggiare c’u nire e glielo aveva detto soltanto in nome del rispetto che gli portava.
Per tutta quella estate, fin quando a Ponza ci fu Sisay, mi dovetti guardare dal compare per evitare che potesse portare la spia a Giuseppe ‘i Mamena e, fra me e me, mi ripetevo che certa gente avrebbe dovuto farsi gli affari propri senza la scusa del rispetto.
Dopo aver letto la ‘storiella’ di Michele, il timore che il compare aveva per mia nonna, di cui io non ero a conoscenza, potrebbe spiegare la solerzia nel portare la spia.
Ovviamente mi viene da sorridere, perché chi ha conosciuto Rosa ‘i Santella sa che era timorata di Dio e non avrebbe mai fatto il malocchio; ma evidentemente cumpa’ Francisco viveva pienamente la cultura tradizionale popolare, come gran parte degli isolani.
Il ricorso alla magia era utile o necessario quando si voleva influire sul corso degli eventi e se ad un certo punto si innescava il negativo nella vita quotidiana, come non riuscire più a pescare per un bravo pescatore che tale era stato per tutta la vita, era facile scivolare nella credenza del malocchio e iniziava la ricerca di chi lo aveva gettato.
L’attribuzione della colpa avveniva secondo il caso, ma erano privilegiati i vicini o le persone di frequentazione abituale.
Rosa ‘i Santella era sulla strada di cumpa’ Francisco che volente o nolente doveva passarle davanti e salutarla più volte al giorno: quale migliore capro espiatorio per le sue ansie pescatorie?