di Silverio Lamonica
Propongo una recensione del libro di Lino, senza alcuna pretesa di gareggiare con l’amico carissimo, nonché collega Franco De Luca.
Per una precedente recensione sul libro, leggi qui
Lino racconta “Ponza, attraverso gli occhi di una ragazza triestina, che vedeva per la prima volta un’isola ancora vergine …”
Perché questa scelta?
Bisogna tener presente che Lino ha assistito alla metamorfosi di quest’isola quando era giovanissimo.
Eravamo agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso e il Prof. Baridon aveva appena acquisito l’imponente edificio della Torre dei Borbone che da Centro Studi di Cultura Mediterranea si trasforma prima in Scuola Alberghiera e poco dopo in albergo.
Lino ha l’opportunità di frequentare il corso di scuola alberghiera appena istituito, siamo nel 1962 – ’63, per cui viene a contatto con i primi “turisti” della nostra isola.
Molto probabilmente da loro riceve la conferma del fascino irresistibile di questo lembo di terra incastonato quasi nel bel mezzo del Mar Tirreno e dalle loro parole, giorno dopo giorno, riscopre che il porto a forma di anfiteatro è uno spettacolo da vedere; lo stupore che desta nel visitatore lo sciabordio del mare, nel silenzio più assoluto tra i Faraglioni della Madonna; il tuffo al cuore che si prova arrivando sulla spiaggia di Chiaia di Luna dopo aver percorso sinuosi sentieri tra gli orti lussureggianti della Padula e il tunnel con le sue tracce di una civiltà che sfida i millenni; la meraviglia, mista a incredulità, di fronte allo scenario dei Faraglioni di Lucia Rosa, specie al tramonto e via via fino a Le Forna dove, a Cala Inferno, a cospetto di quella veduta incantevole non si può non esclamare: “Se il Paradiso esiste, Ponza ne fa parte”.
E una tale esclamazione Lino la mette in bocca al principe, Filippo, protagonista del racconto assieme a Margherita, proprio a significare che di fronte a simili scenari il nostro animo si eleva, si nobilita.
In questo contesto, a dir poco fiabesco, si muovono con discrezione alcuni personaggi isolani simili a vigili custodi, i pionieri del turismo ponziano: da Gennarino a Ortensia con la loro proverbiale, affabile ospitalità, a Genoveffa, storica dispensatrice di tabacchi e di cartoline illustrate, alcune riprodotte nell’opera rendendone ancora più stimolante la lettura, alla Russiella che sforna un pane gustosissimo e deliziose brioche, a Luigi Parisi, abile carpentiere, il cui cantiere era frequentato da vecchi lupi di mare, come Capitan Catello Pagano, a donna Adelina che in sé riassumeva l’abilità nel ricamo e nei lavori a maglia di tutte le donne ponzesi di una volta, al Parroco Dies che ingrandì e impreziosì la Chiesa di Ponza con bellissimi affreschi, nonché promotore dei valori religiosi, morali e culturali di questa collettività, la cui fede incrollabile e la venerazione del Santo Protettore, Papa Silverio, sono note in tutto il mondo.
È una Ponza che Lino ama descrivere con lo sguardo innocente di un bambino, magari immerso nelle limpide acque di una spiaggetta isolana, sotto lo sguardo attento di una figura materna.
È la Ponza decantata da un poeta che dalla tomba guarda il mare e dal vetro ormai appannato udiamo ancora i suoi versi:
“L’Universo in Te
In quel pittoresco colle della Guardia
ci sono i colli di tutto il mondo.
In quella sovrastante torre borbonica
ci sono le torri di tutto il mondo.
In quel sicuro porto lillipuziano
ci sono i porti di tutto il mondo.
In quel mare azzurro e verde di ogni gamma
ci sono i mari di tutto il mondo ….
In Te c’è l’universo intero
o Ponza, perla del Tirreno.”
[Tommaso Lamonica, 1918 -1987]
Lino Pagano
11 Luglio 2013 at 15:49
Quante cose belle, detto da te Silverio non può far che piacere. Sono onorato di quanto dici, hai fatto un’analisi che è quella che più mi si addice; chi ha vissuto Ponza negli anni sessanta ha il marchio di fabbrica garantito a vita.
Un grazie agli amici quelli con l’A maiuscola, e a quelli con la ‘uallera diciamo al prossimo romanzo.
Grazie Grazie di tutto cuore. Lino