Mentre a Ponza si facevano gli ultimi preparativi per la Mostra dell’Erbario e dell’Appriezzo, per ‘risonanza’ e senza alcuna preordinazione, a Roma Gabriella Nardacci scriveva queste note sui suoi ricordi di quel mondo che fu, fatto (anche) di piccoli punti e grande pazienza.
La Redazione
La domenica volge al termine. È una sera tranquilla. Raggi ormai deboli di sole disegnano diagonali di ombre sul palazzo di fronte mentre qualcuno, trafelato, torna a casa e i bambini, con i capelli gocciolanti di sudore, si salutano affannati per aver giocato a pallone e si affrettano a tornare per la cena.
È una di quelle domeniche di giugno che timidamente introduce l’estate che molti aspettano da tempo.
Siamo a Roma. In questa frenetica città, a volte, ci si riconosce tutti. Stamattina un gruppo di ragazzi e ragazze son partiti per andarsene al mare. Li vedo rientrare scottati e stanchi.
Una ragazza indossa un copricostume di lino bianco e inforco gli occhiali per vederlo meglio. Ha un certo nonsochè di familiare quell’indumento… Somiglia molto a una mia camicia da notte di lino di quando ero giovane. Anche quel copricostume ha il ricamo intorno alla scollatura e l’orlo è alto con una sfilettatura precisa che richiama il punto gigliuccio di vecchie lenzuola e di asciugamani ricamati quando ero ragazza.
I bellissimi pezzi postati da Rita Bosso e da Luisa Guarino su Ponza racconta mi hanno fatto ritornare in mente tutte le tradizioni di Maenza e molte analogie sono venute alla luce nelle tradizioni di Ponza. In fondo la provincia è la stessa.
Mi son tornate in mente le processioni del Corpus Domini quando alle finestre e lungo le strade si mettevano azalee e vasi di foglie ornamentali sotto tovaglie e lenzuola ricamate e facenti parte dei corredi.
Mi son tornati in mente quei pomeriggi trascorsi dentro ai portoni e sedute sulle scale a cantare e a raccontarci ogni cosa, mentre si lavorava all’uncinetto e si ricamavano lenzuola e tovaglie e camicie da notte.
Mi son tornate in mente le ore trascorse nel convento delle suore e nella stanza dove Suor Carmela, bella come un angelo, ci insegnava a ricamare il punto ombra, il punto a giorno, il punto gigliuccio, il punto rodi, il punto assisi, il punto croce, la spizzatura e alle più piccole, il punto erba.
Mi è tornato in mente il canovaccio santacroce con tutti i punti e la loro spiegazione, per tutte quelle ragazze che non potevano andare da suor Carmela e che dovevano fare esercizio da sole per imparare.
Quei tesori sono ancora dentro l’armadio e per non rovinarli ho spesso usato lenzuola a fiori di cotone.
Ci vuole pazienza e correttezza per stirare bene quei ricami e il lavoro assorbe molto tempo.
Ma stasera, dopo aver visto quella ragazza con il copricostume di lino, ho ripensato agli articoli letti su Ponza racconta, ho aperto l’armadio e ho accarezzato quei ricami. C’è una leggera linea giallina nelle piegature, segno del tempo che passa.
È ora di dar loro una rinfrescatina.
Un grazie di cuore a Rita e a Luisa per avermi regalato un momento intenso di ricordi comuni.
Noi donne abbiamo sempre dato tanto all’amore… anche con i ricami.
Il colpo d’occhio sulla Chiesa preparata per la Mostra
La Mostra di Ponza. Tovaglia di lino ricamata a intaglio da Elvira Di Monaco; 1950 circa