di Bruno Florio
Nello strano gruppo di amici, inizialmente uniti da una grande passione per il cinema e raccolti intorno a “Visioni” e al suo blog , continuiamo a fare incontri eccezionali, determinati dal caso ma subito dopo continuati e rafforzati per necessità; per un’intesa di fondo ed un comune sentire.
È appunto il caso di Tano Pirrone, amico e sodale, e del suo blog sinistra senile, con cui condividiamo di tanto in tanto qualche articolo.
E’ anche il caso di Bruno Florio…
la Redazione
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Da Bruno Florio, viaggiatore, attore ed autore dei suoi testi, napoletano girovago, compagno e, soprattutto, grande e sincero amico, riceviamo questi personalissimi pensieri e, d’obbligo, li pubblichiamo.
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L’epifania papale che per me è stata un lampo di luce santa per la chiesa universale è stata l’elezione di Papa Giovanni XXIII. Un vero miracolo dopo gli anni cupi di Pio XII.
Pio XII aveva quell’incedere altezzoso in perenne lievitazione, non guardava mai nulla, solo se stesso. Un concetto imperialista della chiesa con lui unico dominus. Vedeva il sole sdoppiarsi e parlava direttamente con Dio senza tramite. Ed infine, forse, chiuse gli occhi davanti al nazismo.
Dopo Papa Giovanni il silenzio dello Spirito Santo con pochi, pochissimi sprazzi di luce: Paolo VI con il discorso alle Brigate Rosse e il dolore vero per il sacrificio di Moro. E poi il silenzio di Dio.
Giovanni Paolo I: non pervenuto e non per colpa sua.
Giovanni Paolo II: attore, esageratamente attore. Pontificato lungo, lunghissimo, sopra le righe. La sua capacità mediatica ha fatto incassare alla chiesa somme inimmaginabili. Ricordo con sommo dolore il suo diniego a visitare la tomba del vescovo Oscar Romero Arnulfo, in occasione di una sua visita nel S. Salvador per evitare l’irritazione della giunta militare, che all’epoca dominava il paese, e che aveva ucciso il vescovo mentre celebrava la messa nella cattedrale. E che dire dei suoi aiuti economici alla chiesa polacca e a Lech Walesa per combattere la dittatura comunista in Polonia (giusto); soldi elargiti da Marchinkus (all’epoca presidente dello IOR, credo) ma che, poi, in contrapposizione, obbligò i sacerdoti a non fare politica, ossia a non scegliere gli “ULTIMI”. Chissà poi perché chi va con gli “Ultimi” fa politica. Nota positiva: quando, in fin di vita, si ribellò al guerrafondaio Bush figlio.
Ed infine si arriva a Benedetto XVI. Quanti anni passati in Italia? 40, 50 forse. Ed il suo italiano ancora affetta l’aria con violenza e cade al suolo con clangore metallico. Diafano, pallido, impaurito, triste, con le sue ridicole scarpine rosse. Le avranno avute tutti, ma su di Lui erano fatali. Ha le meste sembianze di un clown felliniano che esce di scena mentre una lacrima sgorga lentamente dal ciglio. Ma i clown hanno la faccia simpatica (in generale). Lui no! La sua bocca è una lama sottile ed il suo sorriso è un accenno di ira contenuta.
Il grande inquisitore era muto davanti alla folla che lo clamava. Non la guardava. Ne aveva terrore. Senza rendersi conto che ogni persona che alzava gli occhi su di lui era una imitazione del Cristo. Ha scritto libri ed ha parlato di Dio. Ma dell’essere umano che è Corpo e Sangue come Nostro Signore lui non ne sa assolutamente niente.
Non dimenticherò mai che quando il futuro Benedetto XVI era a capo dell’ufficio della “Santa Inquisizione” molto scalpore fece la scomunica che lui diede a Leonardo Boff, sacerdote brasiliano, e la messa all’indice del suo libro sulla Teologia della Liberazione. In questo libro Boff vedeva la chiesa come una piramide rovesciata ove gli ultimi saranno i primi ed i primi a servizio degli ultimi. NO! Non si poteva leggere: sapeva di eresia, di rivoluzione, di Marx.
Sotto il suo pontificato è successo di tutto: l’ira dei Mussulmani quando parla della natura violenta della guerra santa e dell’Islam; la revoca della scomunica ai quattro vescovi ordinati da Lefebvre, uno dei quali aveva negato l’olocausto; il caso Boffo, frutto di gelosie nel palazzo; il caos nella banca di Dio (IOR, forse centro di riciclaggio) scenario della lotta fra Bertone, il Papa e la Banca d’Italia, culminata con l’uscita di scena del presidente Gotti Tedeschi; lo spionaggio all’interno del Vaticano con l’implicazione del cameriere personale del papa; il caso Vatileaks.
Poi le sue dimissioni. Gesto eroico? Non credo. Hanno pesantemente influito: fragilità, vecchiaia, timore, ricatti. Spiegazione ad uso plebeo: non potendosi liberare dalle grinfie e dai pesanti condizionamenti di Bertone e della sua cerchia ha preferito trasformarsi in mortale proiettile in quanto il suo “abdicare” vuol dire la scomparsa di tutta (o quasi) la curia attuale. Una soluzione drammatica come drammatica è stata la figura di questo papa. Fin qui il passato. Poi sono arrivati i giorni del conclave ed i nomi dei papabili. Si comincia a pregare lo Spirito Santo affinché illumini . Alcuni dei papabili italiani hanno nomi che mettono i brividi.
Scola: arcivescovo di Milano. Provenienza: Comunione e liberazione. Amico (o ex amico) del Celeste ed ovviamente di Berlusconi. Lobbista. Bertone: numero uno della curia con poteri immensi. Inviso. Con vaga rassomiglianza con Ghedini (ma più pericoloso). Autore occulto di tutte o quasi le nefandezze occorse durante il regno di Benedetto XVI. Amico di Tremonti. Odioso. E poi Bagnasco e poi… poi… Gli stranieri non li conosco. Una notizia: il cardinale messicano (papabile) è molto legato alla curia attuale. Il tutto miscelato dal cardinale Sodano. Colui che, ricoprendo il ruolo di nunzio apostolico nel Cile di Pinochet, fece incontrare Wojtila, nel suo viaggio in America Latina con il dittatore che apparvero insieme nel famoso balcone della Moneda. Fu uno shock. Ed io ero là.
Questa era la situazione al tempo del conclave e le prospettive non erano delle migliori.
Poi il miracolo. Il manifestarsi del “Veni creator Spiritus” che lascia a bocca aperta. La immaginifica capacità della chiesa di sorprendere, di capovolgere, di trasformarsi
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E allora… ascolto quel “buonasera” e la mia mente vola nel profondo Sud del mondo, nel Cile, in quell’unica chiesa di quel paesino di frontiera abitato da miniere di carbone e da minatori ove la povertà non aveva più aggettivi per essere definita, in cui la fuliggine aveva messo su radici ed anche il cielo per fratellanza aveva lo stesso colore nero sporco.
In quella chiesina fatta con lamiere di latta il sacerdote stringendo le mani ad ogni persona che entrava gli diceva: “Buenas noches hermano” e c’era Gesù in quelle parole.
Ed io in quel buonasera detto da quel balcone, in quella piazza, ho avuto gli stessi brividi che provai in quel cielo nero, in quella chiesina di fango e di latta in quel paesino che si chiamava Curanilahue ove la miseria era talmente tanta che non aveva spazio per muoversi.
E poi ha parlato di tenerezza e misericordia come il sacerdote di Curanilahue, ove il cielo aveva abdicato a favore della fuliggine, e che faceva le sue omelie seduto per terra, in mezzo alla gente, fra vecchi senza denti, giovani di 30 anni che ne mostravano 60 e donne, le donne che negli occhi avevano il dolore di Maria e nell’anima un coraggio soprannaturale.
Ed è così che il “buonasera” di papa Francesco si è introdotto dentro di me e mi ha regalato quella dolcezza che solo il sorriso dei bimbi, dei vecchi e dei poveri ti sa donare.
In papa Francesco è la mia orazione.
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