di Rita Bosso
L’altra domenica abbiamo andati a Tintari io, mio papà, la mia mamma, mia sorella schetta, mia sorella maritata senza figli e mio cognato e ci siamo mangiati al ristorante. Poi abbiamo andato ala Madona a pregare che ci dava un bambino a mia sorella maritata. Ma, sarà, o abbiamo pregato male o che la Madona non ci ha capito, il bambino la avuto mia sorella schetta. Mia mamma dice che la Madonna non si è cunfunnuta, si è cunfunnuto mio cognato”.
Il fidanzato in visita
Il fidanzato sulla soglia di casa
Il nostro collaboratore Pasquale Scarpati così ha rievocato il fidanzamento dei suoi genitori:
“I miei si erano conosciuti, per caso, l’anno precedente. Mio padre aveva 29 anni e mia madre venti e a quel tempo tale differenza di età era considerata adatta per il matrimonio.
Mio padre non aveva mai visto mia madre anche se qualche volta si fermava in quella casa perché gli occupanti erano suoi clienti. Non appena la vide scattò il colpo di fulmine.
In quel tempo non era possibile dichiararsi direttamente alla fanciulla sia perché non era d’uso, sia perché era piuttosto difficile se non impossibile venirne a contatto; anche in chiesa vigeva netta la separazione: entrando, a destra sedevano le donne ed a sinistra gli uomini. A scuola poi…
Bastava, però, uno sguardo… Il giovane inoltre, non appartenendo alla famiglia, aveva bisogno di qualcuno che facesse da intermediario; mio padre lo trovò nella sorella di nonna, zia Giuditta, quella che aveva la “cantina” a Santa Maria, con la quale aveva più dimestichezza. Lei acconsentì e se ne fece portavoce presso la sorella ed il cognato.
Il giovane poté, così, salire, in altra veste, le scale della “corteglia” e non ebbe molta difficoltà a presentarsi ai futuri suoceri perché già lo conoscevano.
Questi ben volentieri lo accolsero ma posero delle limitazioni. La prima e sicuramente la più grave era quella che il giovane non poteva accedere alla casa della futura sposa come e quando voleva: vi erano dei giorni stabiliti infrasettimanali anche perché le altre due sorelle allora presenti, Sabettina e Marietta, erano già fidanzate, per cui, a detta del futuro suocero, si sarebbe creata, stando tutti insieme, troppa confusione.
A mio padre fu concesso, pertanto, di accedere due giorni la settimana prima del tramonto del sole e di andar via non appena fatto buio.
Ma il giovane, astutamente, riuscì ad ottenere il permesso di accedere anche la domenica paventando al futuro suocero l’uscita con gli amici per andare a giocare a carte. Un’altra limitazione riguardava le uscite: i fidanzati non potevano mai uscire da soli e senza permesso; un’altra ancora era che non potevano neppure sedersi vicini ma a debita distanza e con la presenza ‘i mamm’ ed anche ‘i tat’ (padre).
A tal proposito mamma mi raccontava anche un episodio di non so chi, il quale, stando seduto di fronte alla fidanzata, dall’altro lato del tavolo, sotto il vigile sguardo della futura suocera, pur di toccare la “manella” della promessa, finse di voler accendere la sigaretta alla fiamma del lume e invece vi soffiò sopra, facendo sprofondare la stanza nel buio più completo con grande apprensione della suocera e conseguente gran trambusto. Così andava il mondo!
Il 10 di marzo del 1935, in un giorno in cui spirava una “ levantata” che spingeva il corteo nuziale lungo la salita dei Conti rendendola meno faticosa sicuramente per gli invitati, ma indubbiamente inefficace per gli sposi che con l’animo già “volavano”, mio padre e mia madre si unirono in matrimonio. La S. Messa fu officiata nella chiesa della SS. Trinità da don Gennaro Sandolo”.
La fidanzata
La sorella della fidanzata
[L’appriezz’. (6). Continua]