di Sandro Russo
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Sono molte, innumerevoli in letteratura e nel cinema, le opere di argomento marinaro – per una presentazione del primo aspetto, da parte di Gabriella Nardacci: leggi qui – con contaminazioni illustri tra il genere letterario e il cinema. Citiamo qui, solo a titolo di esempio, da ‘Il vecchio e il mare’ di Hemingway, il film di John Sturges del 1958 con il grande Spencer Tracy; e la saga dello scrittore Patrick O’Brien con le avventure del capitano Jack Aubrey e del medico-naturalista Maturin a bordo della nave Surprise (da cui il film ‘Master & Commander’, di Peter Weir del 2003).
Scarse invece – fino ad epoca relativamente recente – le incursioni sotto il mare, dai tempi del ‘Capitano Nemo’ della nostra infanzia (Jules Verne: ‘Ventimila leghe sotto i mari’; 1870).
Da un diorama francese del 1900, una ambientazione fantastica ispirata dal romanzo di J. Verne “Ventimila leghe sotto i mari”. A fianco: manifesto spagnolo del film (1954), prodotto da Walt Disney
Le storie ambientate sotto il mare sono tra la fantascienza (science-fiction, sf) e il suo filone ‘fantasy’; quel mondo infatti è alieno all’uomo come possono esserlo le sabbie di Marte.
Emblematico al riguardo – per ricordare uno scrittore scomparso di recente – ‘Sfera’ di Michael Crichton (1987), in cui una trama apparentemente fantascientifica presto evolve in un thriller psicologico e in un viaggio nel subconscio umano.
E per associazione, come non citare l’oceano di ‘Solaris’ – romanzo di Stanislaw Lem (1962) e film di Andrej Tarkovskij (1971) in cui l’intero pianeta è una sola massa pensante che si modella a stampo sui pensieri degli uomini della stazione spaziale che orbita sopra di esso.
Ancora, si parla di mare e di immersioni in un libro recente di un recordman dell’immersione profonda, il cubano Francesco ‘Pipìn’ Ferreras, abbastanza conosciuto tra gli appassionati subacquei.
“Una storia di amore e ossessione” sul suo sodalizio sentimentale e professionale con la giovane moglie (e discepola), l’apneista francese Audrey Mestre, recuperata priva di vita dopo il tentativo di stabilire un nuovo record di apnea in assetto variabile, su una profondità di – 170 metri (!).
Prostrato dal dolore e dal senso di colpa Pipìn smette di immergersi, non dorme più, prende sonniferi, dimagrisce nove chili. Affonda lentamente. Poi risale…
“(…) riprende da dove aveva lasciato lei: 170 metri. Vuole riscendere, ritrovarla. Proverà a Cabo San Lucas nello stesso giorno del suo anniversario di matrimonio (…) Chiede un favore: ‘se qualcosa va storto, se perdo conoscenza, legatemi una cintura zavorrata alla vita e lasciatemi andare’. Sulle spalle della muta in verde chiaro ha scritto: «En tu memoria, Audrey». Ce la fa. Scende, dov’è arrivata lei, d’un tratto prova la tentazione di non tornare. Facile, basta restare lì. Con la mano sulla valvola, apre gli occhi e la vede. I loro visi quasi si toccano. Poi lui sfreccia su.”
[Emanuela Audisio – Amore e morte nel grande blu, da ‘La Domenica di Repubblica’ dell’8.5.2000]
‘Nel blu profondo’ il libro di un subacqueo agonistico subacqueo Pipìn Ferreras (2005): non tanto letteratura, ma molta vita e dolore vissuti davvero. A fianco: un paesaggio sottomarino nel grande blu (con gorgonie)
Da questa storia James Cameron – il regista di altri “film d’acqua” da ‘The Abyss’ (1989) a ‘Titanic’ (1997) – ha pensato di trarre un film: ‘The Dive’. The true story of two divers in love’, che si diceva in preparazione, prima dell’impegno del regista in Avatar (2009).
Nel pensiero, queste immagini si collegano quasi spontaneamente ad altre. Alla ricerca di un amore perduto – Nella realtà? …Nel sogno? – che il cinema ci ha mostrato con le sue prime sequenze sotto l’acqua, ad opera del regista ‘di culto’ Jean Vigo (1905-1934); in ‘Taris, roi de l’eau’ (del 1931) ma soprattutto ne ‘L’Atalante’, dal nome della chiatta che naviga sulla Senna e che ospita una coppia di giovani sposi…
Un film ‘seminale’ con centinaia di citazioni, non ultima “Les amants du pont Neuf”, di Leos Carax (1991) con Juliette Binoche…
L’Atalante, film mitico del 1934 – lo stesso anno della prematura morte di Jean Vigo – portato alla conoscenza del grande pubblico dalla sigla di ‘Fuori Orario’ di Enrico Ghezzi
[Quanto è profondo il mare. (2). Libri e film ‘nel blu’ – Continua qui]