di Rita Bosso
Lacco Ameno, 25 agosto 2012
Sono con vari amici a Lacco Ameno, a villa Arbusto, per la presentazione de “L’Isola delle Sirene”, il romanzo ambientato a Ponza negli anni 1942-43, con protagonista il duca Luigi Silvestro Camerini, confinato.
Il figlio del Duca, Fulceri, ha annunciato una sorpresa ed infatti, dopo il saluto del Sindaco che ci ospita – villa Arbusto è sede del Museo Comunale – tira fuori un libriccino rivestito di una sottile sovracopertina; racconta che il padre trascorreva molto tempo nella sua biblioteca e che talvolta, seppure a malincuore, eliminava qualche libro. Che sorpresa! Che il Duca fosse un bibliofilo è risaputo, possedeva a Vicenza la maggiore biblioteca privata del Veneto, a Ischia aveva acquistato in blocco un’intera collezione di testi sulla storia locale; appena arrivato a Ponza aveva richiesto casse e casse di libri ed aveva allestito il suo studio nella stanza più bella della casa di Adalgiso Coppa, sulla Dragonara.
Fulceri Camerini racconta che il padre consegnò i libri ad un suo collaboratore affinché li gettasse e che costui, invece, li conservò; qualche giorno fa una nipote del collaboratore, spolverando, ha preso in mano il libriccino che, evidentemente, era rimasto indisturbato al suo posto per oltre venti anni (il Duca è morto nel 1991); anche questa notizia non mi sorprende: si sa che spolverare le librerie è operazione noiosa, tra una ripulita e l’altra può trascorrere qualche mese, qualche decennio…
Fulceri Camerini solleva la sovracopertina, tira fuori un foglio sottile di carta vergatina, dattiloscritto, risalente al soggiorno ponzese del Duca, e comincia a leggere: si tratta della trascrizione di un dispaccio radiofonico in cui si preannuncia uno sbarco aereo degli Alleati; si informa che i soldati saranno paracadutati, si raccomanda agli ascoltatori di restare in casa durante lo svolgimento dell’operazione.
I confinati non potevano tenere apparecchi radiofonici; il Duca, dunque, doveva aver ascoltato clandestinamente, trascritto e nascosto il foglietto all’interno della sovracopertina.
Durante la lettura del dispaccio ripenso ad una chiacchierata con il maestro Giannino, al quale nell’estate 2011 avevo chiesto se ricordasse il Duca, che aveva abitato di fronte a casa sua; no, non lo ricordava, ma mi raccontò che all’epoca, sebbene avesse solo quattordici anni, era il fortunato proprietario di una delle rare radio a galena presenti sull’isola, e che i militari addetti alla sorveglianza di Mussolini lo incaricarono di trascrivere i notiziari, sicché Giannino si ritrovò ad essere l’unica fonte informativa dell’uomo che, sino a qualche giorno prima, era stato tanto potente.
Dunque, non era dalla radio di Giannino che il Duca aveva appreso la notizia; però Peppe De Gaetano ricorda che il Duca, il pomeriggio, si recava alla bottega di sua nonna, Matalena ‘a Culèra, a Giancos, acquistava il pane appena sfornato con molta flemma: Matalena teneva una radio nel retrobottega e, casualmente, alzava un po’ il volume … E’ nella panetteria di Giancos, dunque, che il Duca aveva ascoltato la vivace descrizione di un possibile sbarco aereo.
Una signora che assiste alla presentazione, con leggero sarcasmo, commenta “ Apprendo ora che i confinati avevano parecchi scambi con la popolazione residente. Non mi risultava; eppure, sono insegnante di storia …” In realtà, le testimonianze che ho raccolto hanno radicato in me la convinzione che nessuna solidarietà c’era – né potesse esserci- tra confinato e residente, ciascuno impegnato nella propria, specifica lotta per la sopravvivenza; vale per tutte la testimonianza della signora Lucia Greca, ultranovantenne lucida e simpaticissima: “ Chi, Camerini? Certo che lo ricordo, abitava qui di fronte. Un uomo bellissimo, però … chi di noi avrebbe guardato un confinato? E loro, perché avrebbero dovuto guardare noi? Erano generalmente persone colte, noi non sapevamo pronunciare una frase senza confonderci tra il lei e il voi. Appartenevamo a due mondi distinti”. Accanto a lei, la sua amica Giuseppina mi racconta del suo fidanzamento con Pertini: la vicenda sembra avvalorare, anziché smentire, la tesi di Lucia.
Tuttavia, innumerevoli sono stati i piccoli gesti di disinteressata cortesia, come quello di Matalèna, e grande deve essere stato il sollievo che hanno apportato. Con buona pace degli insegnanti di storia.