di Vincenzo Ambrosino
Per l’articolo precedente, leggi qui
Analizziamo il nostro sistema imprenditoriale.
A Ponza il motto imprenditoriale è: “le società per funzionare devono essere composte da un numero di soci dispari e inferiore a tre”.
La maggior parte sono attività individuali a gestione familiari. Il tradizionale modello familiare, economico-organizzativo contadino del 1700, è stato riadattato per “coltivare” la nuova opportunità economica: il turismo.
Il nostro turismo, ricchezza per tutti, segue la domanda che viene dall’esterno. Nel tempo sono nate tutte quelle attività richieste da un certo turismo balneare: far da mangiare (ristoranti, pizzerie, bar); da dormire (alberghi, affittacamere e agenzie immobiliari); far visitare la costa dell’isola (noleggiatori con conducente e locatori); servire i diportisti (pontili); servire i bagnanti alle spiagge (affitto ombrelloni e sdraio, pedalò, canoe); e infine per servire l’ultima moda giovanile che chiede alcool e musica (i famosi aperitivi sulle spiagge e negli alberghi).
I nostri imprenditori, “faticano” la loro giornata, fisicamente, come in parte facevano i loro nonni. Il titolare dell’attività è il primo a scendere sul posto di lavoro e conduce figli e dipendenti con autorità e energia. La giornata di lavoro è lunghissima; poche ore al giorno sono dedicate al riposo, ma questo sacrificio, è giustificato perché i giorni utili di lavoro sono una quarantina, pochissimi per assicurarsi l’incasso per un anno, tolte le spese di gestione.
La pubblicità è l’anima del commercio e a Ponza prima era semplicemente basata sul “passaparola”. Oggi bisogna adeguarsi ai tempi quindi un po’ tutti hanno scoperto internet per dare visibilità alla propria attività. Molti si servono e si iscrivono alla Pro-Loco e quotidianamente pressano gli impiegati affinché questi indirizzino a loro i clienti.
Il luogo dell’attività viene presidiato e arredato in modo personale e estemporaneo. I bigliettini da visita sono distribuiti quotidianamente e per meglio accaparrarsi quei pochi turisti, nel lungo periodo di bassa stagione, si creano delle reti di attività che collaborano nel “passarsi” i clienti.
Nei periodi di bassa stagione – tolti i ponti del 2 giugno e quello di S. Pietro e Paolo, tempo permettente, i venti giorni di agosto e qualche fine settimana, il resto è “bassa stagione” – i flussi turistici sono per la maggior parte giornalieri per cui collegati agli arrivi delle navi: c’è un vero e proprio “presidio militare” agli sbarchi delle navi.
I tassisti sono un punto di riferimento fondamentale per la distribuzione dei clienti. Gli albergatori che non si fidano dei servizi dei tassisti vanno direttamente con i loro ‘pulmini’ a prelevare i loro clienti ma questo lo fanno anche le agenzie e se a tutto questo aggiungiamo gli sbarchi delle auto dalle navi, il traffico collegato al trasferimento merci e il traffico veicolare dei residenti, ci si rende conto dell’enorme caos che si crea nella zona portuale allo sbarco delle navi.
Quei pochi vacanzieri che hanno scelto l’isola come loro meta turistica, vengono di fatto assaliti da persone, veicoli, riempiti di biglietti da visita e informazioni discordanti.
Hanno ragione da vendere gli imprenditori de Le Forna: se questi sono i flussi giornalieri e questi vengono di fatto già veicolati, indirizzati – possiamo dire che c’è una diluizione graduale delle presenza turistiche nelle varie attività che vanno decrescendo progressivamente dal Porto verso Le Forna – non c’è possibilità di lavoro per le attività più periferiche.
In questo contesto quale può essere la sopravvivenza economica commerciale individuale?
Se l’ambiente economico posizionale è questo, comporta una strategia commerciale molto semplice: “O ti muovi , non stai fermo di giorno e di notte, marciando fisicamente con mezzi e relazioni o sei tagliato fuori!”
È chiaro che questo stress psico-fisico abbrutisce i rapporti umani: il concorrente diventa un nemico da far scomparire con ogni mezzo a partire dalla querela.
Il pieno di presenze a Ponza è di venti giorni, dal 7 agosto al 27 agosto. È solo in quel breve periodo che l’imprenditore riesce a trovare pace nei confronti del mondo esterno; infatti, in quel breve periodo, i clienti sono in surplus e l’imprenditore locale, non deve perdere più energie ad accaparrarsi clienti, e può, finalmente, concentrarsi solo sull’efficienza della sua attività per incassare il massimo profitto.
Le regole e le leggi.
A Ponza, come in tutta Italia, gli imprenditori vivono una realtà da precari, soprattutto chi ha a che fare con gli enti pubblici, ma si sa che tutti hanno bisogno di permessi, concessioni, autorizzazioni, pareri.
Ponza poi è particolarmente esposta alla precarietà nella legalizzazione delle imprese, perché gli Enti pubblici che hanno potestà sulla vita socio-economica-ambientale-paesistica-archeologica-demaniale, sono una marea.
In questo mercato posizionale, possiamo distinguere i grandi imprenditori dai piccoli imprenditori?
Ma sicuramente! Gli imprenditori tentano di mettersi in regola e anche su questo versante riesce nell’intento di risolvere le proprie questioni burocratiche, solo chi è più “attrezzato”, chi ha più capitali, chi può pagare avvocati e commercialisti all’altezza della situazione, chi è perseverante nel presidiare uffici pubblici (se serve per giornate intere); se non bada a spese, se non è pigro, se è volenteroso a prendere navi, taxi, aerei; determinato a seguire di persona la lunga trafila delle sue pratiche autorizzabili.
Solo avendo queste caratteristiche (genetiche?) si diventa grandi imprenditori, grandi detentori di beni, grandi uomini; ma questo non solo a Ponza.
I piccoli imprenditori non hanno questa determinazione, spendono ugualmente soldi per cercare di mettersi in regola, ma molto spesso questi soldi sono spesi inutilmente, perché questi individui non hanno “la stoffa genetica” adatta a competere, per cui molto spesso non arriva il “pezzo di carta” e quindi “il povero cristo” rimane incollato alla sua precarietà.
In questo mercato posizionale i grandi imprenditori si sono avvantaggiati, si sono arricchiti e hanno fatto buoni profitti reinvestendo parte delle loro ricchezze nella crescita e miglioramento dei loro beni e servizi; i piccoli imprenditori si sono mantenuti a galla, risparmiando sugli investimenti e cercando di fare bottino nei venti giorni di piena.
Tutti, sia piccoli che grandi imprenditori, però partivano da una certezza: “L’isola di Ponza è una gallina dalle uova d’oro per cui bene o male ci darà sempre da vivere”.
Ma questa certezza viene smentita dagli eventi.
La gallina comincia a dare segni di stanchezza; le uova d’oro diventano sempre più rare e non sono più pure, sono inquinate, sporche, non hanno più l’unicità di una volta.
Internet è una grande opportunità informativa. La Rete porta addirittura (lo abbiamo visto) a vincere le elezioni da parte di emeriti sconosciuti, ma porta anche a far conoscere le cose negative in tempo reale. Quindi, al di là delle BIT di Milano che il nostro valido delegato al turismo ha organizzato per richiamare turisti internazionali, la nostra capacità ricettiva, la nostra offerta di ospitalità, la nostra attitudine organizzativa non sono più adeguate a far fronte alla concorrenza nazionale e internazionale e questo verrà valutato dai turisti nella loro scelta via internet.
A questo si aggiunge che la nostra unica offerta turistica – quella nautico-balneare, basata sulla fruizione totale della costa (grotte, spiagge, cale, faraglioni) incomparabilmente bella, l’unica immagine che dava certezza e arroganza al nostro futuro turistico – è praticamente compromessa a causa del Piano di Assetto Idrogeologico (PAI).
A questo ancora si aggiunge la crisi economica che ridurrà i flussi turistici generali e renderà ancora più parsimoniosi quei pochi vacanzieri, nella scelta della loro meta, valutando prezzi, qualità dei servizi, differenzazione dell’offerta ecc.; comparando in internet la nostra proposta con quelle mondiali.
Pochi turisti, sbarcheranno sull’isola e questi verranno “rastrellati” da pochi imprenditori, quelli più attrezzati che magari faranno tra loro una rete e lasceranno a “bocca asciutta” gli altri.
Ma questi turisti, non saranno contenti perché in quest’isola non troveranno posti tranquilli per godere il mare e il sole; non troveranno quella ospitalità che è sintomo di professionalità, ma anche di coinvolgimento emotivo da parte dei residenti; non troveranno una comunità felice; non troveranno un paese arredato, non troveranno servizi all’altezza: troveranno solo prezzi alti e improponibili.
Se i turisti non saranno contenti, il passaparola sarà negativo. I giornalisti faranno il resto distruggendo del tutto la nostra immagine turistica.
Cosa fare.
“Oggi le grandi religioni e quelle minori, il pensiero sociale laico, l’economia e la politica avveduta, convergono sulla convinzione che o riusciamo ad apportare sostanziali riforme alla logica della accumulazione, alle modalità della crescita e cerchiamo di ragionare e concretizzare stili di sviluppo che effettivamente vadano a beneficio della maggioranza, oppure, se la strada è unicamente questa che conosciamo, la certezza è che, prima o poi, si va a sbattere e violentemente”.
L’unica speranza è la cooperazione!
La “pratica cooperativa” deve prima affiancarsi e progressivamente sostituire la “pratica della competizione”.
[L’antidoto alla crisi è la cooperazione (2) – Continua]
silverio lamonica1
22 Marzo 2013 at 13:03
Carissimo Vincenzo,
Il 04.12.2011 (oltre un anno fa), proprio su questo sito pubblicai un articolo: “La stretta finale”, in cui affermavo: “…dovrebbero lavorare in cooperazione il barcaiolo, l’affittacamere (o albergatore), il ristoratore, la guida turistica… per offrire, specie nella ‘bassa stagione’, dei pacchetti turistici, tutto compreso, a prezzi competitivi”. Solo attraverso la cooperazione e l’efficienza dei servizi, oltre a rendere pienamente fruibili spiagge e coste, si esce da questo pantano. Ho provato un gran sollievo nel constatare che a pensarla nel medesimo modo siamo almeno in due.