di Vincenzo Pagano
Non esistono crisi eterne e in teoria più la crisi è prolungata e distruttiva, più si creano le condizioni per una eventuale duratura ripresa. Finora la possibile crescita italiana agganciata alla ripresa mondiale degli ultimi anni non è avvenuta; né ci sono prospettive che possa concretarsi. Con l’incertezza del presente mi riferisco soprattutto ai livelli molto alti di disoccupazione che nel prossimo anno diventeranno ancora più alti e con questi altissimi livelli di disoccupazione soprattutto per i giovani non c’è nessuna certezza sul futuro. Ma il punto principale è capire ed eventualmente pronosticare quale sarà l’evoluzione economica dell’Italia nei prossimi anni. Si uscirà finalmente da questa lunghissima crisi? Anche se nessuna crisi è eterna e quindi prima o poi ci potrebbe essere una ripresa, l’ostacolo principale per una svolta in positivio per l’Italia è l’euro. Con l’euro l’Italia si è buttata in un vicolo cieco. Con l’euro l’Italia ha perso la sua politica monetaria e può solamente cercare di ristrutturare la sua economia. Ma, anche la ristrutturazione dell’economia italiana deve tener conto dell’euro. Con l’approvazione del fiscal compact ci devono essere tagli alla spesa dell’ordine di circa 50 miliardi l’anno per i prossimi 20 anni! Con questi tagli e con un livello di tassazione gia proibitivo, l’Italia non può far molto con la politica fiscale.
Gli ostacoli per una vera integrazione europea sono stati espressi nei miei scritti precedenti. Aggiungo solamente che per arrivare ad una vera integrazione ci debbono essere ingenti trasferimenti dagli stati ricchi a quelli piu’ bisognosi, Italia inclusa. Gli europeisti convinti si sbagliano di grosso nel sostenere che solo una reale integrazione europea e quindi una politica federale possa essere la soluzione dei problemi attuali dell’Europa. Non e’ cosi’ perche’, come gia accennato nei miei scritti precedenti, va di mezzo la fine dello Stato-nazione e soprattutto l’inevitabile trasferimento di ingenti risorse dagli stati ricchi agli stati bisognosi.
La cifra di questi trasferimenti e’ di circa il 10% all’anno del PIL tedesco solamente per mantenere l’attuale distanza economica! La Germania e’ disposta a dare annualmente qualcosa come il 10% del suo PIL? In realta’ la cancelliera Merkel si rifiuta di adottare un’unione di trasferimento pur cercando di avere sotto controllo il bilancio degli altri stati. L’esempio classico di uno stato federale con trasferimenti di risorse e’ gli Stati Uniti. Il cittadino residente dello Stato di New York versa al governo federale un dollaro e riceve dal governo federale 79 centesimi. Il cittadino residente dello Stato del Mississippi versa un dollaro al governo federale e riceve ben 2 dollari e 6 centesimi. C’e’ da precisare che questi trasferimenti di risorse fra i vari stati americani sono aggiuntivi al buono stato dell’integrazione americana.
Se non si va verso gli improbabili trasferimenti si va verso la dissoluzione dell’Eurozona o il brutale impoverimento dell’Europa del Sud gia’ in atto da diversi anni ma molto lontano dall’attuazione compiuta. Me ne occupero’ nel mio prossimo saggio.