di Franco De Luca
In questi tempi di scoramento, poiché l’isola palesa l’abbandono dei ponzesi residenti e, nel contempo, le condizioni per la residenzialità peggiorano di giorno in giorno, sembra che rifugiarsi nella poesia del paesaggio, della natura autunnale sia più opportuno. E più facile; addirittura banale.
Ma, la poesia non può essere disgiunta dal fattore umano, sia quello che palesano i simili, sia quello che provi tu, nell’intimo, per cui decido di contrastare il miraggio di alienarmi nelle cose, ed evidenzio, di rimando, la “ristrettezza” della vita isolana.
Quest’anno a me più evidente che nel passato.
“ Ristrettezza” di rapporti sociali, di occasioni socializzanti, di opportunità per espressioni umane varie. Diverse e distanti da quelle della pura e semplice sopravvivenza.
Non voglio apparire bizzarro ma restringere l’esistenza alla esclusiva sopravvivenza mi appare un modo per destinarsi all’agonia.
Con un fattore negativo collaterale: il periodo invernale si configura nell’immaginario come un periodo di ibernazione, di non-vita. E se ciò puntualmente si verifica, l’isola e gli isolani proiettano sul periodo estivo un carico di aspettative sproporzionato e perciò irrealizzabile.
Queste riflessioni mancano di un risvolto pratico, ne sono consapevole, perché sono indirizzate alla mente, all’intelletto, alla volontà.
A noi tutti sta renderle vive nei comportamenti. Ponza oggi presenta una carica di invivibilità forte. Operiamo, ciascuno per la parte propria, e le istituzioni in prima battuta, per attenuarne gli aspetti sociali negativi.