di Rosanna Conte
per la 1^ parte leggi qui
Il vociare intessuto di risate, ordini e rumore di posate è sopraffatto dal primo grande brindisi: il bottiglione di venticinque litri è innalzato sulla tavola imbandita e una manichetta consente, previa aspirazione fatta da Giustino, di versare il prezioso vino del Fieno nei grandi boccali che passano di mano in mano svuotandosi nei bicchieri.
La distribuzione dei posti rispetta l’atavica regola degli uomini da una parte e delle donne dall’altra. In questo caso i primi vicino alla cantina e le seconde vicino al cucinino; nella parte centrale siedono le mamme con bambini, i più giovani, che amano invece mescolarsi, e gli ospiti non ponzesi che non capirebbero la separazione delle coppie.
Dal cucinino esce il carrello con le prime portate, preannunciato dal sonoro squillo di un campanello.
Inizia così il pantagruelico pasto rituale in cui bisogna assaggiare tutte le pietanze preparate dalle donne, quelle tradizionali e quelle innovative, accompagnandole col nettare di Giustino. Qualche volta è necessario spiegarlo ai forestieri che sono di passaggio. Quest’anno c’è una coppia di sposi in viaggio di nozze. Per costruirsi un futuro migliore hanno deciso di trasferirsi in Venezuela e partiranno tra pochi giorni.
Mi prende la malinconia…ma dura poco!
Tra un boccone e l’altro e tra un bicchiere e l’altro, ci sono commenti..
E’ un vociare continuo che viene da frammenti di dialoghi tra vicini di tavola e che sfocia, a momenti, nella corale accoglienza di una portata particolarmente gradita o dell’atteso e frequente brindisi.
Ogni tanto c’è una sosta che consente alle donne addette alla cucina, Anna, Adele, Maria, Nanninella…, di riposare e qualcuna si concede, eccezionalmente, una sigaretta.
Ormai gli animi, addolciti dal vino di Giustino che scorre abbondante nei bicchieri e dal richiamo della natura che al Fieno nei pomeriggi di agosto assurge a forza vitale, perdono i freni inibitori e si abbandonano al canto, al racconto faceto e all’episodio colorito accaduto a Ponza.
C’è la Bufera che canta “Va pensiero” nel silenzio miracoloso degli astanti che si lasciano cullare dai toni verdiani. Giustino, che è stato diversi anni in America, canta “Baby”. Ninotto, invece, con la voce rischiarata dal vino, attacca “a’ Canaria” ed è sostenuto dal coro di tutti, o almeno tutti quelli che ritengono di avere una bella voce e vogliono partecipare alla particolare manifestazione dello spirito che è il canto.
Il maestro Totonno, che non ha ricevuto il dono della bella voce, ma quello dell’affabulazione, racconta aneddoti locali divertenti e sottolinea la personale preoccupazione per la situazione vedovile del suo quartiere, S. Antonio. Superstiti sono quasi solo le donne e sono tante: Carmelina, Civitella, Bianchina… C’è poco da fare: il genere maschile non è molto resistente, invece quello femminile compie fino in fondo il proprio dovere di cura della famiglia arrivando fino a “sistemare” il proprio marito nell’ultimo viaggio! Lola e Teodora ne sottolineano la veridicità e gli chiedono se ha timori per sé, e Totonno ridendo risponde che non potrebbe fare lui solo eccezione alla regola.
Ed ecco allora Giovì, lo schivo Giovì, dare il via a una canzone maliziosa che vede tutti coinvolti nel ritornello “…..amor, se mi vuoi bene, più giù tu devi andar!! E ancora più giù, più giù, più giù…” . Dopo lo scrosciante applauso finale è richiesta con insistenza la benedizione “urbi et orbi”, e mentre Giosuè si defila per non assistere ad una blasfemia e la moglie Maria lo guarda con affettuosa disapprovazione, Giovì, aiutato da chi gli è vicino, si infila un imbuto sulla testa, si copre le spalle con un asciugamano e, biascicando parole incomprensibili frammiste di latino maccheronico, inizia a dare la sua particolare benedizione ai presenti in nome del vino del Fieno.
Chissà cosa pensano i forestieri presenti quest’anno!? Sorridono con un misto di stupore e di divertimento, ma sanno che l’irriverenza e il dolce abbandono a Dioniso, da sempre presenti nella cultura contadina, non possono mancare proprio qui, al Fieno. Così sono ben contenti di lasciarsi coinvolgere.
Anch’io, la voce rischiarata dalle abbondanti bevute, mi cimento nei gorgheggi e negli acuti della canzone napoletana, la canzone per eccellenza qui al Fieno, e Dino non è da meno, anzi, lui che ne è un cultore, è sempre pronto ad attaccare anche melodie poco conosciute.
Intanto, sempre preceduti dallo scampanellio che accompagna i movimenti del carrello, arrivano i dolci ed ognuno tende la mano al vassoio, anche chi non ce la farebbe proprio; ma sul dolce lo spumante di Giustino si assapora di più.
E tante sono le bottiglie aperte con il classico botto del tappo automatico..
-Comm è doce!!- E’ l’esclamazione più diffusa tra le donne che appunto per questo lo gradiscono più del vino e, se devono eccedere, preferiscono farlo con lo spumante.
Comincia a scompaginarsi la tenuta della tavolata. I più piccoli che sono stati tenuti a freno fino ad ora, non vedono l’ora di scorrazzare per le zone circostanti. Sono ragazzetti svegli, abituati ai sentieri impervi dell’isola, ma ricevono raccomandazioni dagli adulti di non andare oltre gli spazi toccati dalla stradina. Io mi alzo per tenere d’occhio Vittorio, più cittadino che isolano, che va con i coetanei alla scoperta della campagna.
Fra i giovani c’è pressante il richiamo fra quelli che vogliono fare un altro tuffo a mare: hanno mangiato poco apposta. Alcuni scelgono di fare una dormitina, ma hanno difficoltà a trovare il posto idoneo. Il Fieno è arroventato dal sole del pomeriggio estivo e puoi trovare riparo solo in qualche cantina.
-Iamm’ int’ a chell’ i Luigino-
-Ma sta tropp’ ‘ncopp’!-
Si fa la cernita della diverse cantine sparpagliate per il Fieno; molti dei loro proprietari stanno qui, da Giustino, e sono ben contenti di ricevere qualcuno in casa propria, perciò sono disponibili ad accompagnare chi è alla ricerca di un giaciglio al fresco. E’ sempre un’occasione per mostrare l’uva quasi pronta per la prossima vedemmia e per far provare il proprio vino.
Così i toni intorno al tavolo sull’aia di Giustino, diventano meno rumorosi: il caldo, l’elaboratissima digestione, la stanchezza stanno facendo effetto.
E’ il momento in cui si inizia a rigovernare.
Dal cucinino giungono i rumori dei piatti e delle teglie ripulite; c’è la chiamata delle donne rimaste fuori per la ricomposizione esatta delle mappate con i recipienti ormai vuoti. Pian piano l’aia si sta svuotando: i primi ad avviarsi sono quelli che camminano più lentamente. Chi resta ancora, alzando la testa vede la fila indiana lungo la ripida salita… mi sento stringere il cuore.
Il sole è ormai sopra Palmarola… bisogna muoversi. La strada è erta, lunga e faticosa: è meglio arrivare in cima prima del tramonto…
Anche al ritorno c’è chi sceglie di tornare per mare, come Lola e Totonno, ma c’è chi pensa che il lungo cammino possa aiutare la digestione e il consumo di qualche caloria e opta per la risalita della Guardia.
E’ finita anche quest’anno!
Tra qualche giorno si torna in città e tutto questo diventerà solo un ricordo. O no?
No, è già sostanza della mia vita … come l’isola, il mare, le persone che amo…come l’attesa di rivivere questa giornata al Fieno, nella cantina di Giustino, il prossimo anno!
Fine