di Mimma Califano
Il dibattito a cui accennano Silverio Lamonica e Franco de Luca (leggi qui), meriterebbe un’ampia trattazione storica e di attualità. Perché si continua a parlare di Ponza porto e delle Forna? La risposta più ovvia è che sono i due maggiori centri abitati dell’isola e in mezzo c’è un’ampia (?) estensione – poco più di un km – diciamo di campagna, quindi sembrano due nuclei distinti.
Anche perché il primo insediamento, quello di Ponza porto, proveniva principalmente da Ischia, e il secondo insediamento, una quarantina d’anni dopo, da Torre del Greco. Quindi i due nuclei originari sono venuti da località diverse, e isolani ed individualisti come siamo, per molto tempo ci è piaciuto sottolineare queste provenienze.
Ancora… perché per molti anni, fino a dopo la seconda guerra mondiale, non c’era una strada facile da percorrere con i mezzi di allora e quindi solo in particolari occasioni ci si incontrava. Da qui i pellegrinaggi che servivano proprio a infondere coesione nella comunità (leggi qui).
Queste, in sintesi, le ragioni storiche, ma perchè ad tutt’oggi si continua ancora a fare questa distinzione?
Non credo che il problema sia la distinzione in sé; il punto é che alla elencazione di località: ’U puòrt’… ’ngopp i Scuòtt’ (gli Scotti)… Santa Maria… ’i Cuònt’ (i Conti)… ’ngopp ’u camp… ’a Chiesa… Calacaparra… etc., il ponzese tende ad associare delle caratteristiche prevalenti, o categorie di giudizio, e qui la questione diventa delicata.
Si potrebbe dire ‘familiare’. Già, perché fino a un po’ di tempo fa, le varie località si caratterizzavano per la presenza di nuclei familiari contigui, quindi con abitudini prevalenti e grosse affinità tra di loro.
Ie ’a scapece ’a faccio sul’ cu’ i rutùnn’… No ie ce mecc parecchi qualità ’i pisce… Ie ce mecc’ sule ’a ‘cit’… Nui ce mettimm’ pure u’ vvin cuòtt… Ah! …nui n’a faccimme proprie… e così via…
Ora, in tempi di ‘globalizzazione’ questo elemento è venuto meno; anche Ponza incomincia ad avere figli di diversi colori.
Prima di continuare nel tentativo di ragionamento, è meglio chiarire un punto.
La primavera scorsa in un incontro pre-elettorale da ‘Angelino’ a Calacaparra, Franco disse che dobbiamo smettere di parlare di ponzesi del porto e fornesi: Ponza è una; siamo tutti ponzesi.
D’accordo con tale affermazione; aggiungo che sottolineare ogni volta questa distinzione non giova alla causa. Ponza è una, e pure piccola!
Di che parliamo allora!? Perché le Forna continua a considerarsi periferia dell’impero?
Silverio dice bene le scuole sono state costruite alle Forna, il campetto sportivo sta alle Forna, il Poliambulatorio in mezzo.
Però fino a quando il porto sarà unico, tutti i traghetti arrivano qua, il grosso delle barche stanno qua (con i pro e i contro che questo comporta), anche se per il turismo in genere forse non è più tanto vero. Chi va in vacanza cerca anche tranquillità, prezzi ‘interessanti’ (e questo è più vero alle Forna) e devono essere considerati elementi di pregio e non di minor valore .
Forse il punto è questo: le distinzioni nascono perchè ognuno di noi tende a sottolineare ciò che non ha piuttosto che ciò che ha .
Due cose però oggettivamente a Le Forna mancano e si dovranno affrontare: un approdo – fatto per migliorare e sviluppare e non invadere e deturpare, o cedere ad altri il controllo del territorio – e un’altra cosa di cui non si sente tanto parlare: Le Forna ha bisogno di un Centro.
Adesso, da sempre, il centro è la Chiesa, ma lì manca lo spazio fisico dove passeggiare, bar ampi dove sedersi, una piazzetta, tanti negozi. Un luogo organizzato con criteri di funzionalità ma anche estetici; insomma un posto tipo la passeggiata di corso Pisacane.
Nella speranza e nell’attesa che questi aspetti molto impegnativi vengano adeguatamente affrontati e risolti – questo sì compito dell’Amministrazione Comunale, come già detto da Franco, oltre a tante altre cose – dovremmo tutti esercitarci ad essere più uniti, più propositivi, più collaborativi.
Le Forna e Ponza idealmente unite (in fotocomposizione) nel frontespizio di Ponza racconta
Avere meno uallera, non continuare a dire “chi t’u ffa fa” o “che ce guadagne?” , e da parte di chi ha già tanto, avere più rispetto degli altri e di ciò che è di tutti.
Dobbiamo esercitarci a pensare che il bene e il futuro dell’isola camminano sulle gambe di tutti e quando avremo imparato noi ad esercitarci un po’ di più su queste cose, potremo anche incominciare a spiegarlo a chi viene qui in vacanza…
E su questo punto si potrebbe avviare un altro dibattito: …in che modo è possibile indurre gli ospiti ad essere più rispettosi del luogo della loro vacanza?
Mimma Califano
Lino Catello Pagano
19 Agosto 2012 at 23:39
Io penso che tra le Forna e Ponza porto c’è sempre stata questa rivalità di appartenenza… Ricordi di quando eravamo ragazzi, che si andava alle Forna a corteggiare le ragazze …e c’è n’erano di belle ragazze! Quanti dei miei amici si sono sposati con ragazze fornesi e quanti ragazzi hanno sposato ragazze ponzesi!
Ma il problema sussiste e vi siete chiesti qual è… Azzardo la mia risposta: sono più coriacee le donne fornesi, mentre gli uomini sono più malleabili, si aggregano con quelli di Ponza e viceversa; guardiamo le barche da pesca… un volta era inimmaginabile che un ponzese facesse parte dell’equipaggio di un peschereccio fornese o viceversa… Il sangue che scorre nelle vene di quelli di Ponza (da Ischia) e quelli di le Forna (Torre del Greco): rivalità campanilistiche ataviche
Ricordo quando’ero bambino e si andava alle Forna per la festa di San Silverio, quando si incontrava un gruppo di persone del posto la prima cosa che dicevano era: – So’ venute pure i punzise! – non in modo cordiale, ma dispregiativo
E poi quando era il venti giugno, per la festa patronale, le ragazze scendevano a frotte dalle Forna a Ponza vestite di tutto punto, e le donne di Ponza dicevano: ’E vist’ a chella… S’è vestuta comm’a ’n’alber’ i Natale – O ancora: – E che s’è mise ’nguoll… l’arcobaleno? Era così, e forse lo è ancora… perché le scuole sono quelle che formano i ragazzi,essendo divise la formazione e sistematicamente ad un solo binario,mentre si dovrebbe dalle elementari si dovrebbero mettere insieme le due comunità evitando il razzismo sociale da ambo i lati.
Poi un’altra cosa che si nota se sono famiglie miste nel senso che se uno di Ponza sposa una di le Forna c’è l’invidia delle cognate: Ué, ’è viste chella cachera… se ghiut’a fa ’a crociera! …e i sold’ addò ’a pigliate..?
La battaglia verbale che è sempre esistita da quando i coloni arrivarono sull’isola, non si propone nei confronti di Santa Maria o tra le altre zone del Porto ma solo e unicamente con le Forna; è atavica e continuerà ad esistere pur cambiando mentalità, ma le usanze restano… Si sentirà ancora parlare di questa lotta sotterranea, ma ricordatevi che sono sempre le donne ad essere le prime ’nciucère.
Franco De Luca
20 Agosto 2012 at 12:20
Le Forna di Ponza
Mi collego allo scritto di Mimma Califano. Poiché credo nel dibattito scelgo soltanto alcuni argomenti, soffermandomi in particolare su uno che giudico qualificante per ribadire il convincimento che la distinzione (Le Forna v/s Ponza) è deleteria. Ed è questo: la situazione economica attuale dell’isola di Ponza trova un suo possibile miglioramento e, addirittura, sconvolgimento migliorativo, se si incrementa lo sviluppo di Le Forna.
Le Forna è l’investimento che la comunità di Ponza deve fare, e che produrrà sviluppo. Non soltanto alla frazione ma all’intera isola.
Gli investimenti (o interventi) dovranno interessare la zona mare. Con la creazione di un porticciolo e relativa darsena e collegate infrastrutture (alaggio, rimessaggio, custodia, riparazione, ristorazione, tempo libero).
Interesserà la zona terra, che dovrà godere di una strada d’accesso, di parcheggio, di stazione di sosta.
In questo porticciolo potranno attraccare soltanto mezzi veloci (è un’ipotesi), e da qui i collegamenti pullman per tutto il paese..
Questo alleggerirebbe la pressione dei trasporti sul porto borbonico e, di conseguenza, il flusso dei passeggeri, e favorirebbe la costituzione di un altro polo cittadino (con tutto ciò che comporta).
Ma una responsabilità la vedo anche nelle forze sane di Le Forna (forze economiche, culturali, sociali). E’ una responsabilità che esige un’azione attiva, propositiva e fattiva. Dico questo perché far leva sullo spirito collaborativo non porta a risultati concreti.
Questa responsabilità cementerebbe tali forze sane in una volontà comune (distinta e/o contrapposta a quella comunale ), e la farebbe diventare un soggetto politico. Perché Le Forna è frazionata, nel corpo politico, da capipopolo, da caporaletti che, si è visto nell’ultima tornata elettorale, sono serviti a ben poco. Mi riferisco a certi falchi che volano basso come papere, a taluni adoratori di Madonne romane, a vecchi giochi di consensi familiari.
La responsabilità consiste nel pretendere che quanto si propone a Ponza- porto, in termini di iniziative culturali, sia presentato anche a Le Forna. E ci si impegni perché la cittadinanza partecipi, assista, cresca.
Si può essere “periferia” dell’isola anche se si ha l’unica struttura sportiva (il campo di calcio) e la tensostruttura; anche se si ha il più grande parcheggio, se si ha il polo dell’istruzione pubblica.
Con una considerazione aggiuntiva: non si è periferia se non la si sente tale, se non la si considera tale (il che porta il baricentro non sull’assetto strutturale ma nella mentalità).
Francesco De Luca