di Giuseppe Mazzella di Rurillo
La dimensione del viaggio
Sandro Cianpicacigli è un lettore di Bologna della “Repubblica” ed ha inviato al giornale una lettera titolata: “Per scoprire la bellezza non serve andare lontano” apparsa nell’edizione di venerdì 3 agosto dove sostiene che “la ricerca dei luoghi esotici è un’esigenza indotta, piuttosto che reale desiderio di nuove conoscenze”.
“Dentro i confini nazionali, a volte proprio sotto casa o subito dietro l’angolo, ci sono luoghi affascinanti e sconosciuti che valgono di più di qualsiasi spiaggia tropicale” scrive il Sandro bolognese e sostiene che “la dimensione vera del viaggio non sia la meta ma la ricerca della storia che i luoghi conservano e che troppo spesso, passandoci accanto, non riusciamo più ad avere gli occhi per osservarla. A me è capitato con il Tevere ma poco importa quale fiume o quale tratturo scegli di visitare. Importa sapere che i luoghi sono come le persone; sanno restituirti l’attenzione che dedichi loro e l’amore con cui li frequenti e li attraversi”.
L’ho condivisa in pieno e m’è venuta alla mente mentre l’aliscafo staccava gli ormeggi dal porto di Casamicciola per condurre me e Gianni Vuoso a Ponza, tanto vicina (circa 40 miglia) e tanto lontana (non ci sono più collegamenti regolari da oltre 35 anni) che l’abbiamo visitata a 60 anni.
La storia di Mario e la “nuova economia”
Con Gianni Vuoso siamo ritornati a Ponza tre anni dopo il nostro reportage su “Ponza, l’altra Ischia” apparso nel numero di ottobre 2009 de “La Rassegna d’ Ischia” e dal quale abbiamo tratto il video “Il viaggio di Mattia” (che si può trovare e scaricare su www.ischianews.com) perché siamo rimasti affascinati dalla scoperta della colonizzazione ischitana delle isole ponziane avviata nel 1734 con l’editto di Re Carlo III di Borbone con il quale veniva concessa gratuitamente la terra a 52 famiglie di Ischia per complessive 120 persone che – poverissimi contadini – lasciavano la loro “Isola-Madre” con il miraggio di possedere un pezzo di terra da coltivare in un’isola deserta distante 44 miglia da Ischia.
Ponza è la più lontana delle isole napoletane. Dal 1931 è in Provincia di Latina (prima Littoria), per imposizione del fascismo e dal 1976 – dopo 119 anni – non c’è più il collegamento marittimo che veniva effettuato dalla SPAN (Società Partenopea Anonima di Navigazione) tra Ponza e Napoli che toccava anche Ventotene, Ischia e Procida. Gli ischitani chiamavano il piroscafo “’u vapore ’e Ponza” e attraverso tale rotta commerciavano con le ponziane in un interscambio umano, non solo economico. L’emigrazione da Ischia a Ponza è continuata per circa due secoli.
Mentre aspettiamo Giuseppe Mazzella, il mio cugino-ponzese, che è giornalista come noi e conoscitore perfetto della storia e della geografia delle ponziane, discendente diretto di Mattia, il primo colono ischitano partito nel 1734 da Campagnano, il quale questa volta ci porterà a conoscere Ponza dal mare, sulla passeggiata del porto – il corso dedicato a Carlo Pisacane – ci fermiamo nel negozio di frutta di Mario Coppa (Mariettino) che ha 83 anni, vedovo, padre di sei figli, emigrato da Ischia nel 1947.
“Vendevo frutta e verdura prodotta ad Ischia e “c’u’ vapore ’e Ponza” venivo a vendere qui, così decisi di trasferirmi da Forio, dove sono nato, a Ponza sposandomi con una ragazza di Barano, Maria Buono, che oggi non c’è più. A Ponza sono nati i miei figli, 2 maschi di cui uno oggi è architetto, e 4 femmine” – dice Mario Coppa che sottolinea che “oggi i collegamenti con Ischia e Napoli non ci sono più. La frutta arriva da Fondi nel Lazio e la produzione locale è poca cosa. La stagione turistica dura circa due mesi, luglio ed agosto, ed è legata soprattutto al turismo nautico”.
Ischia per i ponzesi di oggi è lontana e moltissimi con ci sono mai stati.
È dall’economia che nasce tutto. Ponza ormai non ha più alcun collegamento economico con Ischia e le altre isole-sorelle. Si dovrebbe creare un nuovo Distretto con le isole con la “ nuova Economia turistica”. È questo il nostro progetto.
Nel mare e fra gli scogli e sotto il Faro
Giuseppe Mazzella arriva con suo cugino Daniele Vitiello e la sua figlioletta di 11 anni, Azzurra che sarà la nostra “Sirenetta” nel giro a mare che faremo con il potente gommone di Daniele che è albergatore in località Le Forna; l’area occupata dagli altri coloni che provenivano da Torre del Greco con l’editto di Re Ferdinando del 1772.
A Ponza, su una popolazione di circa 3200 abitanti, circa 900 hanno come cognome Mazzella e circa 1000 Vitiello. Ci si individuava, così come ad Ischia, con il soprannome. Qui per l’individuazione debbo ricorrere al soprannome della mia famiglia: sono “Rurillo”, discendo da Francesco partito da Campagnano ai primi del XIX secolo ed emigrato a Casamicciola, sempre ad Ischia a 10 chilometri circa da Campagnano. La mia famiglia sta a Casamicciola da oltre due secoli. La mia famiglia e quella di Giuseppe sono state divise per 275 anni da un braccio di mare appena di 40 miglia.
Partiamo col potente gommone di Daniele dalla rada di Santa Maria e siamo diretti a Punta della Guardia e poi a Palmarola, ma prima vediamo le ‘Grotte di Pilato’, un murenaio costruito dai Romani circa 2mila anni fa ed abbiamo ancora una volta conferma della grandiosa colonizzazione romana. Per costruire opere simili a mare, dentro la roccia, e poi le gallerie ed i tunnel nell’isola si stima che almeno 10mila schiavi lavorassero a Ponza.
Arriviamo a Punta della Guardia in pochi minuti dopo aver visto i Faraglioni del Calzone Muto, le Formiche e la spiaggetta del Bagno Vecchio.
Il ‘Faro di Punta della Guardia’ svetta dai sui 112 metri del suo faraglione dominato dalla montagna più alta di Ponza – il ‘Monte Guardia’ alto 280 metri – ed il suo raggio di luce, che in gergo tecnico si chiamata “portata”, raggiunge le 24 miglia. A 13 miglia da qui c’è la fossa più profonda del Mediterraneo di 3730 metri.
Il Faro della Guardia è stato costruito nel 1886 durante la grande stagione dei Fari promossa dal giovane Stato Unitario che doveva controllare 8000 chilometri di costa. Nel 1861 nella Penisola c’ erano solo 50 fari. Nel 1916 erano già 512.
Il Faro di Ponza costituì un’opera gigantesca con la sua costruzione in muratura e per la stradina mulattiera a picco sul mare che dovette essere costruita. Fino al 1975 è stato mantenuto da tre fanalisti che si alternavano nei turni di guardia. Ora è automatizzato e funziona con il sistema a valvole solari e ancora oggi la “lanterna” è attiva ed indispensabile alla navigazione. Ma da decenni è in abbandono tanto che è stato inserito nell’elenco dei beni demaniali da vendere. Cambiano i governi ed i tempi ma le politiche economiche sono sempre le stesse quando lo Stato deve battere cassa. Nel 1912 lo Stato vendette ad un privato il Castello Aragonese di Ischia, cioè il simbolo stesso dell’isola! Il Castello è ancora privato ed è “spezzettato” fra tre proprietari.
Affinché il Faro della Guardia non sia venduto ai privati ed anzi sia recuperato e valorizzato come il ‘monumento’ che è, il sito “Ponza racconta”, che vuole conservare la storia di Ponza ed indicare prospettive di sviluppo e della cui Redazione fa parte Giuseppe, ha promosso una campagna di sensibilizzazione partecipando alla campagna del FAI (Fondo per l’ Ambiente Italiano) per il 2012 con il sostegno del gruppo bancario Sanpaolo Intesa sui “Luoghi del cuore” cioè i siti più cari agli italiani che debbono essere conservati e valorizzati.
“Abbiamo già raccolto oltre seimila adesioni e siamo al primo posto degli oltre 5mila posti segnalati per la campagna che si concluderà il prossimo 31 ottobre” – ci dice Giuseppe, che ci sottolinea “il successo straordinario della campagna a difesa del Faro della Guardia con l’adesione soprattutto dei turisti che hanno firmato l’adesione nei nostri banchetti di raccolta e nel corso della magnifica serata del 10 agosto alla quale ha partecipato anche il nuovo sindaco di Ponza, il giornalista Piero Vigorelli, che ha portato l’adesione dell’Amministrazione Comunale”.
Ci si augura che con la campagna del FAI il Faro della Guardia sia salvato e diventi il primo “museo all’aperto” di Ponza, per avviare un turismo culturale di cui anche qui si avverte la necessità, sia per allungare la stagione turistica sia per combattere lo spopolamento. D’inverno poco più di mille persone vivono a Ponza.
C’è da valorizzare anche una bella villa con un ampio giardino – “Le Tortore”, circa a metà strada tra Ponza porto e Le Forna, acquistata anni fa dalla Regione Lazio e data in comodato d’uso al Comune di Ponza – che è chiusa e senza fruizione. Potrebbe diventare un centro culturale come ‘Villa Arbusto’ a Lacco Ameno.
Dopo Punta della Guardia proseguiamo il giro ammirando Punta del Fieno con i terrazzamenti per la coltivazione della vite, identici a quelli che si possono trovare ad Ischia. Questa zona si chiama “Scarrupata ‘i fore”, mentre ’A Scarrupata propriamente detta è la rada prima del distacco del Faraglione della Guardia: nomi simili ricorrono anche ad Ischia. E ancora Chiaia di Luna, la più suggestiva rada di Ponza, un luogo unico al mondo con la sua falesia alta più di 100 metri. La spiaggia è vietata ai bagnanti per il pericolo di crolli, ma la baia è piena di natanti.
“È impossibile mettere in sicurezza Chiaia di Luna perché è impossibile cambiare la natura della roccia” ci dice Daniele Vitiello, il ‘comandante’ del nostro gommone, che è stato anche amministratore comunale di Ponza.
Dopo Chiaia di Luna facciamo rotta su Palmarola che dista appena 4 miglia e che ha una superficie di poco più di un chilometro quadrato. È disabitata ma ci sono alcune costruzioni ed i terreni dell’isoletta sono tutti di proprietà privata.
“In quella piccola casetta lì in fondo – ci indica Giuseppe – vive da solo, per alcuni mesi dell’anno Ernesto Prudente, il decano degli storici e scrittori di Ponza”.
Facciamo il giro di Palmarola e Daniele ci fa entrare perfino nella ‘grotta della Maga Circe’, di una suggestione eccezionale forse ancora più bella della Grotta Azzurra di Capri. Vediamo la spiaggetta con il ristorante “del Francese”, con quelle grotte scavate nella roccia acquistate dalla stilista Fendi che ne ha fatto il suo rifugio per sé ed i suoi amici. Facciamo il bagno nella baia della ‘Cattedrale’, nell’acqua più limpida del Mediterraneo e dopo ci asciughiamo al sole e non sentiamo minimamente la salsedine. Dico a Giuseppe e Daniele che Gianni ed io abbiamo aspettato 63 anni per fare un bagno simile, per vedere tanta bellezza selvaggia tanto vicina alla nostra isola.
Ha ragione perfettamente il Sandro bolognese: i luoghi sono come le persone; sanno restituirti l’attenzione che gli dedichi e l’amore con cui li attraversi.
Giuseppe Mazzella di Rurillo
Ischia, 13 agosto 2012